I “Nottuari” di Fabio Condemi e l’orrore del reale

Nottuari (ph: Claudia Pajewski)
Nottuari (ph: Claudia Pajewski)

Dall’opera di Thomas Ligotti, una raccolta di racconti notturni indaga le incrinature delle fragilità umane, tra allucinazioni e incubi

Una legge scientifica, denominata “Legge della conservazione della massa”, trae origine dal celebre assioma del chimico e filosofo Antoine-Laurent de Lavoisier: «Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma».
Questo significa che, negli eventi della natura, in ogni manifestazione naturale o anche artificiale (quindi pure nell’arte?), vi è una uguale quantità di materia prima e dopo. Quello che si verifica, in sintesi, sono dei cambiamenti, delle modifiche, talvolta apprezzabili, altre trascurabili.

Creazione o distruzione, conservazione o trasformazione: di cosa ha effettivamente bisogno il teatro e di cosa abbiamo bisogno noi che, nonostante tutto, continuiamo ad abitare gli spazi e le possibilità che il teatro offre?

“Nottuari”, del regista e autore Fabio Condemi, è uno spettacolo con una struttura che non aderisce alle regole classiche della narrazione, composta da molteplici quadri e intrecci: come il labirinto di Cnosso, ma con la sostanziale differenza che in questo impianto teatrale il Minotauro e Teseo, il mostro e l’eroe, si fondono e si confondono nel medesimo buio.

Il nuovo lavoro di Condemi è ispirato a “Nottuario”, opera dello scrittore di Detroit Thomas Ligotti, esponente della letteratura horror o della cosiddetta letteratura weird (che vanta fra i suoi capostipiti nomi del calibro di Poe e Lovecraft). Si tratta di una raccolta di racconti edita in Italia da ilSaggiatore, con la traduzione di Luca Fusari.
Ligotti, con pochi elementi a disposizione, riesce a modellare delle forti situazioni ed atmosfere, un circuito caratterizzato da una scrittura scarnificata, ridotta all’essenziale e offerta nella sua spoglia desolazione.

Asettico e bianco è lo spazio scenico voluto da Condemi, con diversi blocchi/comparti (di cui soltanto uno è movibile), completamente illuminato da neon, nella circolarità della medesima immagine, statica e silenziosa, che funziona un po’ da prologo e da epilogo.
Quando le luci si spengono inizia lo spettacolo con un esperimento sul funzionamento della coscienza. Gli spettatori vengono invitati a fissare un’immagine che sembra spegnersi, scomparire, ma in realtà si tratta di un’illusione ottica.

Subito dopo inizia la storia di Lucian Dregler, interpretato da Francesco Pennacchia, uno studioso/filosofo tormentato dalla figura mitologica di Medusa.
Il secondo episodio, che segue in sequenza, è quello di una ragazza (Carolina Ellero) che fissa i suoi incubi registrandone i ricordi.
Accanto a loro c’è infine una bambina (Ludovica Marsilii), una sorta di Io Bambino, e un quarto personaggio (Julien Lambert) a rappresentare un moderno Caronte, traghettatore e insieme una voce narrante.

Durante la sua lectio magistralis Dregler lancia sul tavolo come dadi una serie di interrogativi: «Esiste un legame tra l’orrore e la bellezza? La bellezza è figlia dell’orrore? È vero che l’una non è riconducibile all’altra? È vero che l’ostentazione della bellezza è il modo in cui l’uomo contiene l’orrore?». Confronta una serie di immagini di opere d’arte con lo sguardo di Medusa, per poi affermare che essa si annida e vive nella città, nell’orrore, nella paura e nel delirio delle metropoli. L’incubo sarebbe, dunque, essere costretti a vivere il reale, in un mondo conosciuto a perfezione.

La regia di Condemi, sostenuta dalla drammaturgia dell’immagine di Fabio Cherstich e dalle composizioni musicali di Paolo Spaccamonti, trasferisce e traduce per il teatro un bel po’ di horror e di narrativa weird con soggettive operazioni drammaturgiche e altrettante interpretazioni filosofiche.
Weird e New weird sono declinazioni della speculative fiction. Nella pratica di questi esperimenti letterario-drammaturgici c’è l’orrore combinato con il fantasy attraverso una forma di seduzione e di smarrimento verso il maleficio mentale.

L’inquietudine dell’attesa, associata con l’angoscia del terrore, hanno qualcosa in comune con la frenesia della tensione sessuale che striscia latente nei “Nottuari” di Condemi. Il terrore dell’intimità ci separa, tenendoci a debita distanza dalle emozioni, per preservare, conservandola in uno stato di assuefazione, una parte ferita e profonda di noi stessi.
Ci allerta e ci mette in guardia dal coinvolgimento emotivo per non vivere (o rivivere) un ipotetico, futuro dolore.

Camille Paglia, in “Sexual Personae”, scrive che «L’ebbrezza del terrore è passiva, masochistica […]. È il sottomettersi nell’immaginazione a una forza superiore soverchiante».
Anche la percezione e il rapporto con il proprio corpo porta con sé l’orrore, la paura dell’approccio e dell’incontro, emotivo e/o fisico, con l’altro. L’idea e l’illusione del controllo risultano essere appaganti per chi ha paura dell’intimità, che così evita di farsi travolgere dalle emozioni. L’orrore, la paura del sesso così come delle relazioni affettive anestetizza, inibisce nell’irrazionale convinzione che un blocco psicologico possa essere una forma di protezione verso noi stessi.

Se nell’opera di Condemi, da un punto di vista tecnico, emerge il grande lavoro svolto, rimane pressoché impossibile trovare tracce di coinvolgimento emotivo; è difficile immedesimarsi o identificarsi in quei sofferenti personaggi, nelle loro storie/non storie, risulta faticoso entrare e uscire dal sonno alla veglia e viceversa.
C’è del masochismo e della misantropia in quello stream of consciousness ispirato all’opera di Thomas Ligotti; non vi è empatia con il pubblico, o meglio, con il genere umano. C’è così il rischio di non avere nulla in comune, di non entrare nella spirale di quell’incubo se non si determina non solo una spontanea identificazione, ma anche una successiva purificazione, una trasformazione, se è solo materiale da letteratura scientifica.

Nulla si crea, nulla si distrugge. E se il Tutto non si trasforma, se non si pone come perno centrale l’obiettivo di esporsi, di intercettare, di intrecciare una relazione intima con l’altro da sé, con gli altri, c’è il rischio che ciò che si vede a teatro risulti periferico e troppo soggettivo. 

Nottuari
ispirato alle opere di Thomas Ligotti
regia e drammaturgia Fabio Condemi
scene, drammaturgia dell’immagine Fabio Cherstich
musiche originali Paolo Spaccamonti
sound designer Andrea Gianessi
con Carolina Ellero, Julien Lambert, Francesco Pennacchia
e con la piccola Ludovica Marsilii
assistente alla regia Angelica Azzellini
foto di Claudia Pajewski
produzione Teatro di Roma – Teatro Nazionale, LAC Lugano, Teatro Piemonte Europa, Teatro Metastasio di Prato, Emilia Romagna Teatro ERT – Teatro Nazionale

Durata: 1h 30′
Applausi del pubblico: 3′

Visto a Roma, Teatro India, il 5 marzo 2023 

 

 

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