Novo Critico 2010 chiude con le ultime due serate di “Tre giorni per One Day”, maratona dedicata al mega-progetto di 24 ore dell’Accademia degli Artefatti naufragato nel 2008 per problemi di produzione. Per quanto si sia trattato di un estratto eccezionalmente breve del testo completo, abbiamo avuto modo di toccare con mano la potenza di un’operazione che, nel corso di tre incontri consecutivi, si è rivelata come un punto importante per tracciare una linea della drammaturgia contemporanea.
Da Brecht a Ravenhill, sono molte le fonti di ispirazione di “One Day” e del lavoro degli Artefatti, che continua ad evolvere. C’è una profonda riflessione su rappresentazione e rappresentanza, la volontà violenta di caricarsi in spalla il fardello postmoderno con tutto il suo peso storico e far sì che perda via via i pezzi per strada, alla ricerca di una nuova definizione. O non-definizione.
Fabrizio Arcuri, accompagnato ancora da Andrea Porcheddu e nell’ultima serata da Attilio Scarpellini, ha disegnato il quadro completo di un teatro che si evolve con quieta nevrosi, lavorando duramente sulle spalle di una pratica. Alla teoria viene lasciato un unico compito: fare in modo che la performance non inciampi sulla sua stessa autoreferenzialità. Se per gli Artefatti un paradigma esiste è quello secondo cui lo spettacolo è sempre “il primo e l’ultimo”, una convenzione che si radica senza fossilizzarsi, una metodologia espressiva che si rinnova affinandosi in precisione. Un teatro politico, necessario, totale. Un artefatto critico che scavalca una parete dopo l’altra, fino a raggiungere il bersaglio ultimo: l’attenzione.
Novo Critico 2010. Decimo appuntamento, 27 novembre. Accademia degli Artefatti incontra Andrea Porcheddu
Novo Critico 2010. Decimo appuntamento, 28 novembre. Accademia degli Artefatti incontra Attilio Scarpellini