Numero primo. Il futuro non troppo lontano di Marco Paolini

Marco Paolini

Siamo da sempre abituati ad un Marco Paolini che ci racconta di fatti ed eventi accaduti nella nostra storia, più o meno recente.
Per questo sorprende l’argomento della storia narrata in “Numero primo, Studio per un nuovo Album”, “prima parte di un esperimento teatrale in tre capitoli”, come si legge sullo schermo che fa da sfondo alla scena che ci accoglie a sipario aperto. Un racconto di fantascienza, o meglio ancora un racconto di un futuro immaginato nel prossimo ventennio, dove la tecnologia – sottolinea lo stesso Paolini in una lunga introduzione in cui interagisce da attore navigato col pubblico – avrà finito di permeare l’intera società avendo la meglio anche sugli ultimi recalcitranti. Soprattutto in nome dei figli. Perché è proprio l’amore per i figli al centro di questa storia.

“Numero primo” è un bambino di sei anni dolce e tenero, figlio di una donna conosciuta online che, prossima alla morte a causa di una malattia incurabile, per contratto lo affida al protagonista, che ne diventa a tutti gli effetti il padre. Da qui la storia.

Dal momento che parliamo di futuro, o se preferiamo di fantascienza, forniremo alcune coordinate spazio-temporali: intanto Gardaland ha “invaso” tutto il lago di Garda; il clima è impazzito e non nevica più; così il polo chimico di Marghera è stato trasformato in una fabbrica di neve, con tanto di torri di ghiaccio, e a Venezia e dintorni si può sciare. Il Mose è finalmente realizzato, e sette volte su dieci funziona.
La società è un miscuglio multietnico di africani, sudamericani, pakistani, bengalesi… e pochi italiani.
Su Amazon si può acquistare di tutto, anche una vera capra di 22 chilogrammi stampata in 3d – c’è anche lei tra i protagonisti della storia – in pronta consegna in quaranta minuti. Mentre a Mestre c’è un negozio di cinesi grande come una cittadina.

Ma soprattutto, di contorno a tutto ciò, ci sono i sentimenti di un padre innamorato di un figlio singolare e tenero, dolce, affettuoso ma soprattutto curioso, di una curiosità che sembra appartenere all’epoca pre-smartphone, per intenderci, di quando le cose si guardavano solo con gli occhi e non attraverso uno schermo.

Paolini si affida ad un palco spoglio, una sedia ed uno schermo sul quale compaiono, ad accompagnare la trama, i bellissimi disegni di Roberto Abbiati, e definizioni del vocabolario di parole come “madre”, “formica”, “topi”…, che svolgono un ruolo nel racconto, che si muove geograficamente tra Mestre e la montagna.

E se è strano che, rispetto a spettacoli che analizzavano e raccontavano fatti accaduti, per la prima volta l’attore si muova (assieme a Gianfranco Bettin) spaziando su fatti frutto d’invenzione, dando briglia sciolta ad una fantasia libera e danzante, l’esperimento si dimostra riuscito.

Interessante è la drammaturgia, il montaggio equilibrato per una storia che si fa seguire; e poco importano alcune scelte che profumano troppo di “politicamente corretto” seguendo una divisione in buoni e cattivi talvolta semplicistica o la caduta in alcuni luoghi comuni. Si arriva alla fine che le due ore di lavoro non si fanno troppo sentire, perché alcune parti del racconto incantano facendoci apprezzare il talento di Paolini e la ben ideata drammaturgia.

L’unico neo ci sembra la parte conclusiva, che certo qui non vogliamo svelare, accelerata e non troppo strutturata rispetto alla precedente, un po’ lontana dallo sviluppo che ci aveva fatto intravedere il copione e che ci saremmo aspettati. C’è una sorta di colpo di scena, o se preferiamo uno scarto drammaturgico, che non ci convince del tutto ed anzi sembra un po’ sciupare tutto il buono costruito.
Ma siamo all’inizio; attendiamo fiduciosi gli sviluppi.

NUMERO PRIMO Studio per un nuovo Album
con Marco Paolini
testi di Gianfranco Bettin e Marco Paolini
produzione Jolefilm

durata: 2h 5′
applausi del pubblico: 1′ 25”

Visto a Rosignano Solvay (LI), Teatro E. Solvay, l’8 dicembre 2016

stars-3.5

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