Open, la storia di Agassi in scena con Invisibile Kollettivo

Open (photo: Salvatore Pastore)
Open (photo: Salvatore Pastore)

Invisibile Kollettivo torna a calcare il palco dell’Elfo Puccini per proporre, dopo il successo de “L’avversario”, una nuova lettura scenica: è la volta di “Open”, l’autobiografia di Andre Agassi pubblicata nel 2011 da Einaudi, che ha avuto molta fortuna tra i lettori.

Il leggendario campione di tennis ripercorre la sua vita, partendo a ritroso dalla sua ultima vittoria. Racconta della sua infanzia rubata da un padre severo, determinato a fare del figlio un vero campione, tanto da tentare di somministrargli anfetamine, come aveva fatto precedentemente col fratello.
L’acclamato testo rivela una persona oltre lo scintillio mediatico del personaggio: un uomo, Agassi, che odia “il tennis di una passione oscura e segreta”. Questo sport l’ha sempre posto di fronte a tanto rigore e non poche rinunce, ma ora, nel momento in cui il corpo che tanto ha sottoposto a tensioni e stress, ha abbandonato la prestanza della gioventù, sente la difficoltà del distacco e rilegge la sua vita per trovare gli strumenti necessari ad elaborare l’abbandono.

Il testo è tradotto scenicamente con cura filologica ed è vivificato dal supporto video, sfruttato per mostrare momenti delle partite dell’atleta. A riprova del focus letterario sulla portata della narrazione, la scenografia è scarnissima, privata perfino delle quinte. L’unico elemento scenico è un telo di plastica che cade dall’alto e viene continuamente reinventato: schermo, quinta, corpo di quel mostro che Agassi chiama drago, un dispositivo messo a punto dal padre perché l’allenamento del figlio fosse più efficace.

È difficile dare un nome, una categoria, a “Open, la mia storia”. E’ lettura scenica – non mancano i momenti di lettura diretta dalla fonte testuale – ma è anche uno spettacolo, perché gli episodi sono animati via via dai diversi attori. Non sempre c’è un’incarnazione del personaggio o la sua costruzione psicologica: spesso basta un pezzo di cartone con stampato sopra il volto di Agassi perché gli attori lo impersonino a rotazione. La scelta, appropriata, di una recitazione distante da una piena mimesi, tuttavia stride quando si accompagna ad una impostazione vocale un po’ troppo d’antan. L’operazione di sottrazione recitativa risulta un po’ annullata. L’elemento del cartone è interessante anche se fin troppo insistito. Partendo da una materialità poverissima – sembrano i cartoni stropicciati che puoi portarti via dal supermercato – Invisibile Kollettivo mette a punto un espediente tecnico e drammaturgico che in alcuni punti si rivela in grado di emozionare, come quando il cartonato del giovane Agassi parla con quello della copertina del suo stesso libro.
Questo recupero in chiave economica, potremmo dire, della più lontana maschera greca diventa una cifra stilistica del lavoro, pervadendo lo spettacolo. Come quando Elena Russo Arman elenca, come in una radiocronaca, tutte le vittorie di Agassi, e gli altri “invisibili” corrono a mo’ di rubabandiera a comporre immagini frammentate in più pezzi di cartone. L’espediente scenico rimanda alla poetica del frammento, a come il testo sia servito probabilmente all’autore per riorganizzare i propri ricordi e ricomporsi in una nuova realtà senza più il tennis.

La regia del collettivo inserisce qualche altra trovata interessante, come la partita giocata dietro un telo in movimento, che crea suggestive ombre liquide. Ma, di contro, lascia anche un po’ basiti nei momenti in cui il lavoro cerca di virare maggiormente verso il teatrale, scivolando in soluzioni di matrice un tantino amatoriale. Vedere Elena Russo Arman impersonare una borsa da palestra da dentro la medesima borsa, con palline da tennis in testa, ruba qualche sorriso, ma lascia anche un po’ perplessi. Gli escamotage per alleggerire l’atmosfera cupa di alcuni passaggi vengono caricati troppo e spostano l’attenzione complessiva: animali parlanti di cartone, in uno stile quasi da Melevisione, sono un salto pindarico rispetto all’intenzione di restituire la frattura di un uomo, oltre la sua vita straordinaria.

“Open, la mia storia” rappresenta indubbiamente una maniera nuova di leggere e raccontare un libro. Tuttavia, nonostante le intenzioni nobili degli autori-attori, il tentativo di teatralizzarne la lettura non è pienamente riuscito. Complice una storia che forse molto teatrale non è, o uno spazio troppo impostato nella logica platea-palco, quest’operazione ibrida risulta ambigua anche nel risultato.
La navigata esperienza e l’abilità degli attori di Invisibile Kollettivo riuscirà sicuramente a rilavorarlo, sgrezzando un lavoro che ha comunque delle potenzialità.

OPEN, LA MIA STORIA
di Andre Agassi
traduzione di Giuliana Lupi
luci di Matteo Crespi
montaggio video Moira Della Fiore
una lettura scenica di Invisibile Kollettivo: Nicola Bortolotti, Lorenzo Fontana, Alessandro Mor, Franca Penone, Elena Russo Arman, Debora Zuin
produzione Teatro dell’Elfo
ringraziamenti: Pierpaolo Naldi e Giorgio Teli per il materiale prestato

durata: 1h 30′
applausi del pubblico: 1’ 50”

Visto a Milano, Teatro Elfo Puccini, il 16 novembre 2019

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