Opera Panica: Cherstich e il mondo straniante di Jodorowsky

Opera panica di Alejandro Jodorowsky (photo: Noemi Ardesi)
Opera panica

«La malattia è un conflitto tra la personalità e l’anima. Molte volte, il raffreddore “cola” quando il corpo non piange. Il dolore di gola “tampona” quando non è possibile comunicare le afflizioni. Lo stomaco “arde” quando le rabbie non riescono ad uscire. […] La malattia non è cattiva, ti avvisa che stai sbagliando cammino».

È il primo piano di un uomo in cilindro dietro uno schermo vitreo, una sorta di enorme lente deformante, ad avviare “Opera panica – Cabaret tragico”.
Lo spettacolo vincitore di NEXT 2016/2017, tratto dal celebre testo di Alejandro Jodorowsky qui con la regia di Fabio Cherstich, è stato riproposto dal Teatro Franco Parenti dopo il debutto sold out di un anno fa.

Toni grotteschi e caricaturali alla Brecht, intrecci tra comicità e lirismo alla Jarry, deformazioni verbali alla Rabelais: “Opera panica” è materia palpitante e sfuggente, che traduce in istantanee e bassorilievi la mutevole commedia umana.
La citazione iniziale da Jodorowsky, scrittore, drammaturgo e regista cileno, non è nello spettacolo, ma ne rende a nostro avviso la poetica malinconica e spiazzante: esplicita la consapevolezza che, tra ipocondrie individuali e nevrosi sociali, l’uomo resta padrone del proprio destino, artefice della propria felicità.

Un personaggio, la sua immagine alterata, il cilindro distorto da cui escono, come conigli, scenette bislacche e magie a gogò: è forse questo il senso della prima scena.
Uno spazio bianco, quinte laterali come fenditure aeree. Nella scenografia e nei costumi bianco e nero convivono come opposti senza sfumature. La vita è compresenza di contrari. Eventi favorevoli e sfavorevoli, alla lunga, si compensano e compenetrano: il grigio lo creiamo noi, attraverso la nostra capacità di mediare tra estremi.
«L’esperienza – affermava Oscar Wilde – è il nome che diamo ai nostri errori»: abbiamo il compito di trasformare le vicissitudini in occasioni di crescita, anziché in fallimenti oggetto di rimpianti.

Una drammaturgia multicaotica. Il collante è dato proprio dal disordine logico che accompagna le peripezie dei protagonisti, per uno spettacolo che è una carrellata schizoide di vittime e carnefici, di burattini e burattinai. Nel caravanserraglio di genialità e idiozia anche i filosofi sembrano deragliare, e i sillogismi sono formule vuote.
“Opera panica” è un lavoro eccentrico, mutevole e smodato come la vita. È un cabaret angoscioso e strampalato di mini-pièce che sono una la negazione dell’altra. È la logica dell’illogico. Se “la natura non fa salti” (Leibniz), questa di Jodorowsky è l’antinatura, la fiera delle incongruità.

Lo spettacolo non asseconda le velleità degli spettatori che cercano una trama coesa e lineare, ma offre una miriade di possibilità interpretative agli attori. In questo piccolo mondo onirico, tra balletti visionari e assurdità, Loris Fabiani e Fabrizio Lombardo, insieme ai pluripremiati Valentina Picello e Christian La Rosa, sono interpreti invasati, euforici, della variegata pantomima umana. Picello e La Rosa peraltro hanno rodato la loro intesa scenica nei giorni precedenti il debutto, sempre al Franco Parenti, in un lavoro intimo e invasivo come “Tu sei Agatha”, tratto da Marguerite Duras, con la regia di Lorenzo Ponte.
Cherstich mette in fila un carosello surreale; automi privi di sentimenti e passioni, individui cinici, vittime scalcinate di pulsioni indisciplinate. È un universo sdrucciolevole segnato dagli eccessi.
Come intermezzo tra una scena e l’altra, si sedimenta una colonna sonora vivace, immaginifica, sapida, realizzata dai Duperdu (Fabio Wolf e Marta Maria Marangoni). Le loro canzoni, i trilli e gorgheggi della Marangoni accompagnati dal pianoforte bonsai di Wolf, creano un concept album che concentra in pillole la filosofia jodorowskiana. Gli stilemi artistici dei Duperdu fondono la miglior tradizione del cabaret musicale milanese e la canzone popolare, da Nanni Svampa a Dario Fo a Paolo Rossi. Arricchendo anche la partitura cromatica, la loro interpretazione supporta lo spettacolo con quel senso di epicità «oltre la ragione e la fantasia, oltre lo spirito e la materia» (Jodorowsky).

OPERA PANICA – CABARET TRAGICO
di Alejandro Jodorowsky
traduzione di Antonio Bertoli
con Valentina Picello, Loris Fabiani, Fabrizio Lombardo, Christian La Rosa
e con i DUPERDU (Marta Maria Marangoni e Fabio Wolf, autori e interpreti delle canzoni originali)
regia e spazio scenico Fabio Cherstich
costumi Gianluca Sbicca
produzione Teatro Franco Parenti
Spettacolo vincitore NEXT – Laboratorio delle idee per la produzione e la distribuzione dello spettacolo dal vivo lombardo – Edizione 2016/2017

durata: 1h 20’
applausi del pubblico: 2’ 30”

Visto a Milano, Teatro Franco Parenti, il 1° novembre 1018

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