Marie Molliens porta avanti la tradizione circense di famiglia rinnovandola con il suo genio artistico
“Oraison” è la messa in atto di una preghiera, e nasce dunque dalla constatazione di uno stato di fragilità, quella che in ogni modo tentiamo di nascondere al mondo e a noi stessi.
Tra le arti performative, forse il circo è quella che più di ogni altra si confronta con l’idea di fragilità, attraverso giochi rischiosi, acrobazie ed equilibrismi che eccitano i bambini e negli adulti risvegliano paure antiche e profonde.
Bene ha fatto dunque Marie Molliens a riprendere le redini della grande famiglia circense in cui è cresciuta, i Rasposo, per indagare la condizione di precarietà che ci riguarda, nostro malgrado.
Lo fa a conclusione di un percorso iniziato dieci anni fa con “Morsure”, sviluppatosi con “La dévorée”, e terminato nel 2019 – all’alba della crisi sanitaria che ha colpito il mondo – con “Oraison”, in replica a Busca il 5, 6 e 7 ottobre, a chiusura del Festival Mirabilia 2023.
Così come la pandemia ci aveva colti di sorpresa, mentre eravamo immersi nelle nostre vite frenetiche, ebbri in un mondo di cui non distinguevamo le piaghe, così lo spettacolo di Marie Molliens accoglie il pubblico nel suo chapiteau, in un clima euforico e frastornante: musica commerciale e animatori invasati scaldano il pubblico, invitandolo a seguirli in coreografie e cori da villaggio turistico. È la festa, ci si diverte.
Di colpo, però, le luci si spengono, un corto circuito, il tendone sembra prendere fuoco, risa smorzate, silenzio, un tulle nero cala dall’alto e separa definitivamente il pubblico dagli interpreti.
Comincia ora il vero spettacolo e riconosciamo il genio artistico di Marie Molliens, in cui l’arte circense, il teatro da strada, il teatro tout-court, la performance, la musica, i suoni, le luci diventano strumenti al servizio di una drammaturgia potente, che ne sfrutta l’incontro per veicolare un messaggio che è sempre politico, nell’accezione più nobile del termine.
Lo spettacolo, da questo momento, si sviluppa in penombra attraverso una successione di quadri animati che, illuminati da fasci di luce diagonali, ricordano per intensità e carica drammatica le tele di Caravaggio. Ogni quadro riproduce un equilibrio instabile, fisico e a tratti anche mentale.
La leggerezza è svanita, tutto è fatica, rischio, pericolo, preludio di morte. Oltre il tulle, corpi smarriti e disorientati cercano, tra mille impedimenti e ostacoli, di ritrovare l’equilibrio perduto, di riaccendere almeno un faro, di liberarsi dalle corde in cui sono rimasti imbrigliati.
Una donna (la stessa Molliens) fatica ad avanzare su un filo sospeso, sotto di lei è il precipizio. Nel suo sguardo il terrore per ciò che non si era previsto, la disperazione di chi ha visto di punto in bianco vanificarsi ogni certezza. Si china in preghiera verso quel precipizio, in bilico sul filo. Non è quella la preghiera che può salvarci.
Un uomo (Robin Auneau), su cui si abbatte una cascata di coltelli minacciosi, finisce con l’inseguirli quei coltelli, con l’implorarli di colpirlo. Un’altra donna (Zaza Kuik “Missy Messy”), che quei coltelli li manovra con estrema destrezza, sembra invece non poterne più. E la vediamo esplodere in un urlo viscerale insieme al suono impazzito di un organo di barberia.
Tre levrieri russi irrompono in scena cibandosi tra corpi-cadaveri: l’immagine è straziante. Il suono del violino (Françoise Pierret) contribuisce a rendere l’atmosfera melanconica e struggente, un’eco di umanità perduta, una carezza consolatoria, in mezzo ai rumori taglienti e ai suoni distorti e volutamente fastidiosi che accompagnano lo sfacelo. Una pioggia di ciocchi di legno bruciato si rovescia, infine, sulla scena.
Il virtuosismo di ciascun membro della compagnia è davvero sorprendente; l’abilità tecnica dimostrata nelle discipline circensi è pari a quella dimostrata nel canto, nella musica e nell’interpretazione dei ruoli. Tuttavia, non è tanto da quella maestria che si è afferrati, quasi ci si dimentica di quanto siano brave e bravi gli artisti, travolti piuttosto dal percorso e dal messaggio finale, da quanto questo ci riguardi e ci turbi. Un finale che è poetico e illusorio.
Le artiste e gli artisti ritornano ad essere clown, si dipingono il volto di bianco, di rosso la bocca, le guance e la punta del naso, indossano i loro abiti migliori, ricoperti d’oro e di paillettes. Si dirigono verso l’uscita; ad attenderli sul prato esterno due bambini, anche loro in abiti circensi: l’infanzia, innocente.
Lo chapiteau si disfa, cadono i tendaggi. Un ultimo saluto con la mano al pubblico, rimasto inerme e seduto sulle panche, e i circensi si avviano lungo la strada. In quel saluto si ha l’impressione di cogliere una preghiera, quella che forse potrebbe salvarci, una preghiera al mondo, una preghiera per il futuro.
Dopo le repliche di “Oraison”, la compagnia è rimasta in Italia, e fino al 24 ottobre lavorerà a Busca al nuovo spettacolo, che debutterà a Mirabilia nel 2025.
ORAISON
Compagnia Rasposo
Drammaturgia, regia e luci: Marie Molliens
Sguardo coreografico: Denis Plassard
Interpreti : Robin Auneau, Zaza Kuik “Missy Messy”, Marie Molliens, Françoise Pierret
Assistente alla regia: Fanny Molliens
Creazione costumi: Solenne Capmas
Creazione musiche: Françoise Pierret
Creazione suoni: Didier Préaudat, Gérald Molé
durata: 1h
applausi del pubblico: 4′
Visto a Busca (CN), Chapiteau Mirabilia, il 5 ottobre 2023