Ospite a VolterraTeatro Rick Cluchey è, ancora una volta, Krapp

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Rick Cluchey in L’ultimo nastro di Krapp (thesqdw.org)

Seduto alla sua polverosa scrivania illuminata da un’unica squallida lampadina, immobile come un insetto, dopo un tempo indeterminato Krapp solleva il capo. Il suo volto è quello di un troll, autenticamente antico: ogni ruga, ogni piega della pelle, un solco scavato dal peso insostenibile di un’esperienza, dal Tempo. Ed è tutto vero, non è un effetto teatrale. È uno dei casi in cui l’attore porta in scena due personaggi: quello dichiarato nell’opera e se stesso.

Ospite d’onore di VolterraTeatro, che l’ha voluto per festeggiare insieme ai vent’anni della Compagnia della Fortezza i cinquanta del San Quentin Drama WorkShop, Rick Cluchey ci offre un’interpretazione matura dell’opera di Beckett, autore da cui rimase folgorato molti anni fa e che cambiò radicalmente la sua vita. La prima volta che l’attore impersonò l’anziano Krapp fu nel ’63, all’età di 29 anni: una prova coraggiosa per un uomo giovane. D’altronde anche lo stesso Beckett era giovane quando concepì L’ultimo nastro di Krapp. Ma l’autore irlandese era un visionario col dono di rendere mito la vita quotidiana, e Cluchey è un ex ergastolano: uno per cui le attese, il senso di fallimento, l’apparente assurdità dell’opera beckettiana non hanno bisogno di spiegazioni.

Condannato per rapina a mano armata e sequestro di persona, Cluchey trovò nel teatro una via di riscatto, la sua strada per la libertà. Ottenne infatti la grazia per alti meriti artistici dopo 12 anni di reclusione.

È interessante pensare che il teatro, da gabbia che racchiude lo spazio e il tempo entro i limiti della scena, diventi trampolino di lancio per la mente, apra orizzonti, porti dentro i ricordi, avanti e indietro nel tempo e nello spazio, con la sola grandiosa forza dell’immaginazione. Il teatro è forse lo strumento che più di tutti offre una chiave di fuga dalle costrizioni fisiche, forzate o autoindotte; e non è un caso che gli spettacoli allestiti da compagnie di detenuti abbiano una forza caratteristica chiaramente percepibile.

La trama dello spettacolo è complessa nella sua estrema essenzialità. Il vecchio Krapp, giunto all’ennesimo e probabilmente ultimo compleanno, riascolta i diari registrati nei passati compleanni e si accinge a registrarne uno nuovo.
Nella storia – come nel precedente Aspettando Godot – ancora una volta è protagonista l’attesa o, meglio, il tempo dell’attesa: un momento di sospensione in cui, come ha analizzato Annamaria Cascetta nel suo studio sulla drammaturgia di Beckett, si desidera che “il fondamento di senso si manifesti […], che si riveli e incontri gli uomini nella storia”, dove si azzardano ultimi, impotenti tentativi di ribellione a una vita di fallimento. Ma, infine, è la nostalgia a rimane l’unica emozione possibile.

L’allestimento è quello classico, su regia dello stesso Beckett, di cui Cluchey era diventato amico. Accurato lo studio del corpo della vecchiaia, con i suoi vezzi, i gesti misurati, quasi una riscoperta delle proprie membra, che la ruggine del tempo rende dure e rigide. Così, in quelle mani di Krapp che sbucciano una banana Beckett dà la prima rivelazione della natura d’artista del personaggio: i gesti iperteatrali sono fatti per essere guardati, ritratto dell’artista da vecchio; un uomo che non riesce più nel ruolo che ha ricoperto tutta una vita. Krapp lancia la buccia di banana in aria per riacchiapparla al volo, ma la manca, infine ci scivola; l’elemento clownesco ha qui la doppia funzione d’offrire un’ulteriore definizione del personaggio e creare quell’interessante commistione di generi che ha reso tipico il lavoro beckettiano, in una mirabile economia drammaturgica.
La voce del Krapp giovane evoca scenari e atmosfere con inaudita potenza: è una presenza tangibile che schiaccia emotivamente – ma non cancella – la presenza ingombrante del Krapp vecchio, i cui silenzi e sguardi fissi rendono superflui parole e movimenti.
Cluchey si conferma artista di eccezionale vigore e calibro. Il pubblico, commosso, non avrebbe voluto vederlo andar via.

KRAPP’S LAST TAPE
di Samuel Beckett
con Rick Cluchey
regia di Samuel Beckett
durata: 50’
applausi del pubblico: 3′ 25”

Visto a Volterra (PI), Teatro Persio Flacco, il 23 luglio 2008
Festival VolterraTeatro

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