L’Otello di Jurij Ferrini e Progetto URT al debutto a Torino

Otello (ph: @Luigi De Palma)
Otello (ph: @Luigi De Palma)

Da Shakespeare al presente per parlare di discriminazione, cospirazione e intolleranza

Il teatro di Shakespeare radica la sua forza nella parola, sempre: solletica e scuote la nostra immaginazione; scava nell’intimo dei personaggi, svela senza ritegno i loro pensieri più reconditi, all’improvviso poi si traveste di nero umorismo, strappandoci una risata che ci spiazza, quasi fosse inopportuna, eppure catartica; può scatenare guerre e fare innamorare. È infatti ascoltando Otello raccontare le avventure della propria vita che Desdemona se ne invaghisce, così com’è la ripugnante persuasività dei discorsi di Iago a trascinare tutti nella tragedia.
Per portare in scena Shakespeare, non occorrono scenografie maestose né effetti speciali, ma attrici e attori preparati, disposti a mettersi al servizio della parola, a lasciare che sia quella ad abitare e plasmare i loro corpi e le loro voci.

Così è avvenuto per il nuovo “Otello” prodotto dal Teatro Stabile di Torino in coproduzione con il Progetto URT – Unità di Ricerca Teatrale, diretto da Jurij Ferrini, in scena al Teatro Gobetti di Torino fino al 5 febbraio.

La scena è sostanzialmente spoglia: i personaggi si muovono su un paio di praticabili posti in obliquo che garantiscono la profondità necessaria alle azioni, perlopiù a quelle corali; sul fondale è proiettata l’immagine fissa di un orizzonte cupo, su cui un gioco di luci segna il trascorrere del tempo. Va bene così, non si avverte la mancanza d’altro.

Otello, interpretato dallo stesso Ferrini, si dipinge sulla guancia e sulla fronte tre linee nere, tanto basta a identificarlo come “il moro”. Iago, magistralmente interpretato da Rebecca Rossetti, è un uomo in un corpo di donna. Il genere e il colore della pelle paiono dunque essere stati irrilevanti nell’attribuzione delle parti, tuttavia è proprio sulla discriminazione nei confronti dell’altro, del diverso, che la lettura di Ferrini vuole catalizzare l’attenzione, tracciando una linea che collega la tragedia di Shakespeare, sul piano tematico, a “Heart of Darkness” di Conrad e ad “Apocalypse Now” di Coppola.
La guerra, la sopraffazione, l’incapacità di dialogare, la presunzione di essere migliori generano negli uomini assurdi meccanismi mentali che li trascinano verso l’abisso, lontani dal bene e dalla ragionevolezza.

People are strange when you’re a stranger”: la voce di Jim Morrison e le musiche dei Doors accompagnano lo spettacolo e contribuiscono, insieme alle divise militari indossate dai personaggi maschili, a evocare il dramma del Vietnam. Si spiega così anche la scelta di affidare a Graziano, zio di Desdemona, il ruolo iniziale di narratore, sopravvissuto alla carneficina finale, qui nei panni di un reduce di guerra, mutilato di entrambe le gambe e ridotto in carrozzina.

In “Otello” tutti alla fine sono responsabili e vittime di un tradimento, e questo emerge in maniera chiara durante lo spettacolo: Desdemona nasconde al padre la relazione con Otello e da quest’ultimo verrà poi uccisa; Emilia tradisce l’amica per assecondare il marito Iago e, scoprendo di essere stata ingannata, si toglierà la vita, non prima però di averlo smascherato; Roderigo si mette al servizio di Iago, pur non fidandosene, e per questo pagherà con la morte; Cassio tradisce Bianca e verrà anch’egli ingannato da Iago, come gli altri.
L’inganno insomma pervade la tragedia, si maschera ora di calunnia, ora di menzogna, ora di omissione, e accomuna tutti personaggi, coinvolti di tanto in tanto in azioni collettive minutamente coreografate (come la scena del viaggio verso Cipro o della festa dei commilitoni), in cui l’elemento che prevale è infatti la coralità, in un certo modo la corresponsabilità.

Lo spettacolo ha certamente il merito di sganciarsi da un certo tipo di tradizione che tende a ridurre l’Otello a puro dramma della gelosia, al contrario ne ricava coraggiosamente molteplici e interessanti spunti di riflessione (la guerra, il bene, il male, l’amore, il potere della parola, la fragilità dei sentimenti), che possono valere anche per l’attualità. Spunti che danno prova di un lavoro ancora in fieri e che ci sembra essere destinato ad acquisire, nel tempo, una forma più matura e focalizzata sulle questioni che solleva.

OTELLO
di William Shakespeare
traduzione Emilio Cecchi e Giovanna Cecchi
con Jurij Ferrini, Rebecca Rossetti
e (in ordine alfabetico) Paolo Arlenghi, Sonia Guarino, Maria Rita Lo Destro, Agnese Mercati, Federico Palumeri, Stefano Paradisi, Michele Puleio
regia Jurji Ferrini
scene Jacopo Valsania
costumi Agostino Porchietto
luci Jacopo Valsania e Gian Andrea Francescutti
suono Gian Andrea Francescutti – Servizi Teatrali s.r.l.
assistente alla regia Carla Carucci
cura del movimento Rebecca Rossetti
produzione esecutiva Wilma Sciutto
Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale
in coproduzione con Progetto URT

Durata: 2h 20’ senza intervallo
Applausi del pubblico: 3′

Visto a Torino, Teatro Gobetti, il 28 gennaio 2023
Prima nazionale

 

 

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