Ottantanove di Frosini/Timpano. E dopo la Rivoluzione che rimane?

Ottantanove (photo: Ilaria Scarpa)
Ottantanove (photo: Ilaria Scarpa)

…per un attimo hai avuto chiaro chi è il nemico, o almeno ti è sembrato di vederlo, o intuirlo, ma adesso non lo vedi più, ti confondi, ha troppe facce.

E’ con queste parole che si chiude “Ottantanove”, il nuovissimo spettacolo di Elvira Frosini e Daniele Timpano che abbiamo visto al Teatro India per Romaeuropa. In scena anche l’ottimo Marco Cavalcoli, attore che abbiamo sempre molto apprezzato negli spettacoli di Fanny & Alexander.
Inconfondibile anche in questo spettacolo la linea drammaturgica e lo stile composito della coppia di artisti romani, questa volta, forse più delle altre, con un contraltare amarissimo riferito ai nostri giorni, corroborato come sempre da una grande ironia.

“Ottantanove” è scritto in lettere come un numero qualsiasi, perché se nella nostra mente il riferimento d’obbligo è al 1789 della Rivoluzione Francese, che è comunque al centro dell’approfondimento del lavoro di Frosini/Timpano, lo spettacolo si muove poi su più fronti, andando in profondità al concetto stesso di rivoluzione, con questa parola spesso così abusata, e che ci accompagna fin dall’adolescenza, quando vorremmo cambiare il mondo degli adulti che non ci piace, per poi comodamente utilizzarne gli stilemi con grande soddisfazione, fino ad arrivare – più tardi nell’età – a rimpiangere di non aver osato di più.

In questo senso il personale e il politico si intersecano spesso nella performance, riverberandone i significati anche nell’enunciazione di un teatro che potrebbe porre domande, essendo anche lui più rivoluzionario e coinvolgente.
Ed è così che nello spettacolo vengono portati a galla i reperti di due secoli di rivoluzioni e involuzioni, l’infanzia dei nostri sistemi democratici mescolati alle nostre infanzie.

Abbiamo detto di avere riconosciuto nello spettacolo una linea drammaturgica precisa perché, come nei lavori precedenti (pensiamo solo ad “Acqua di Colonia”), “Ottantanove” si nutre di diversissimi materiali che vengono da un lungo e preciso studio immersivo, fatto di contributi storici, storiografici, letterari, iconografici, radiofonici, musicali, teatrali, che ci aprono ogni volta scomparti mentali inusitati o che avevamo sepolto nella memoria.

In un magma scenico in cui i tre artisti si danno efficacemente il cambio, la rivoluzione di riferimento, quella francese per intenderci, viene sviscerata attraverso le parole di Vittorio Alfieri, Ugo Foscolo e il meno noto Antonio Simeone Sografi, ma ci sono anche i più classici Denis Diderot e Jean-Jacques Rousseau, Victor Hugo, fino ad arrivare a Peter Weiss con il suo “Marat Sade” passando da Heiner Müller. E c’è anche la famosa serie televisiva intitolata “I Giacobini” di Federico Zardi, ancora impressa nella memoria dei più agé insieme alla “Storia d’Italia a fumetti” di Enzo Biagi.
E’ da quella rivoluzione che si parte per condurre lo spettatore in altre piccole rivoluzioni che sembravano aprire momenti di speranza, finiti poi in modo rovinoso: il Quarantotto, la Comune, la rivoluzione russa, quella cinese, il Sessantotto…
C’è poi un altro ’89, molto più recente e forse ancor più doloroso, perché ci ha coinvolto tutti direttamente: la caduta del muro di Berlino. In scena compaiono anche pezzi di quel muro, per ricordarci le macerie sotto le quali (o sopra le quali) sono cadute le speranze di una nuova democrazia, insieme alle macerie delle Torri Gemelle di New York, o di una casa di Aleppo in Siria, e ancora del sito di Palmira, del muro tra gli Stati Uniti con il Messico, e del confine dell’Ungheria, della Turchia…

Come spesso succede negli spettacoli di Frosini/Timpano, “Ottantanove” si muove sul crinale fragilissimo che sempre esiste tra bene e male, enumerando beffardamente le bellezze e le conquiste di quelle battaglie per poi subito dopo mostrarcene le debolezze e gli inesistenti risultati.
“Tutto si può cambiare – ci avvertono insieme i tre performer – purché non si turbi l’ordine pubblico stabilito dalla legge”… Ma quale legge? Quella del più forte ovviamente!
Siamo sulla soglia di una disillusione totale, eppure c’è quella pianta che gira per il palco, simile a quella che i Rivoluzionari francesi volevano che si piantasse in ogni angolo di Parigi. Frosini, Timpano e Cavalcoli ad un certo punto le si stringono intorno, dopo aver evocato un riformismo che potrebbe cambiare il mondo, non freneticamente ma a piccoli passi. Cerchiamo anche noi di coltivarla quella pianta, innaffiandola il giusto, senza farci illusioni, ma tenendo in vita la speranza di cambiare ciò che del mondo non ci piace.

Ottantanove
drammaturgia e regia: Elvira Frosini e Daniele Timpano
con la collaborazione artistica di: David Lescot
con: Marco Cavalcoli, Elvira Frosini, Daniele Timpano
disegno luci: Omar Scala
Assistenza alla regia e collaborazione artistica: Francesca Blancato
Scene e costumi: Marta Montevecchi
Musiche originali e progetto sonoro: di Lorenzo Danesin
Organizzazione: Laura Belloni
Elettricista: Marco Guarrera
Fonico: Lorenzo Danesin
Coordinamento tecnico dell’allestimento: Marco Serafino Cecchi
Assistente all’allestimento: Giulia Giardi
Cura della produzione: Francesca Bettalli e Camilla Borraccino
Ufficio stampa: Cristina Roncucci
Foto: Ilaria Scarpa
Video documentazione: Lorenzo Letizia e Emiliano Martina
Immagine del manifesto di: Valentina Pastorino
produzione Teatro Metastasio di Prato
in collaborazione con Kataklisma teatro e Teatro di Roma – Teatro Nazionale
residenze artistiche Istituto Italiano di Cultura Parigi, Città delle 100 Scale Festival
un ringraziamento a Compagnie du Kaïros – France
vincitore della Menzione Speciale Franco Quadri nell’ambito del Premio Riccione 2019
in corealizzazione con Teatro di Roma

Visto a Roma, Teatro India, il 17 novembre 2021
Prima nazionale

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