A Venezia, con la riapertura del Gran Teatro La Fenice niente è più come prima, e il ripensamento radicale di uno spazio tanto tradizionale ed istituzionalizzato come la casa dell’opera della città lagunare sembra aver portato soltanto novità positive, nonostante i molti e necessari limiti della situazione post-lockdown.
Ripensato il teatro, ripensata la programmazione, rivista la rotta verso la quale ogni cosa da oggi in poi vuole essere condotta.
Per assicurare, infatti, un’originalità assoluta alla propria ripartenza, La Fenice ha scelto di utilizzare la platea come spazio unico d’azione per tutte le tipologie di evento che andrà ad ospitare nei prossimi – si spera non troppo lunghi – mesi.
In aggiunta però al mancato utilizzo del palco, arriva il geniale inserimento di una grande struttura a chiglia di nave che ospita le cosiddette poltronissime, una sessantina di posti che permettono allo spettatore di assistere agli spettacoli vedendo il teatro dal punto di vista di chi solitamente ha il ruolo opposto al suo: quello cioè, per eccellenza, dei grandi protagonisti delle molte opere che – proprio su quel palco – sono andate in scena, ed hanno anche alle volte debuttato per la prima volta nella storia della grande tradizione occidentale.
Seduti proprio in questo nuovo spazio si ha la sensazione di essere parte di una dinamica più plurale, comunitaria ed inclusiva, meno aristocratica e frontale rispetto alle situazioni che sono solite imporsi nella modalità più consueta di fruizione delle rappresentazioni: un tutto in cui guardarsi e potersi vedere al cui centro assoluto non fa altro che accadere, nella forma più alta possibile, l’evento scenico, in piena linea quindi con quella tendenza ad assolutizzare il carattere performativo di tutti i tipi di creazione che proprio negli ultimi anni ha sempre più avuto modo di imporsi in tutti gli ambiti del mondo dell’arte.
Anche alla Fenice, insomma, avviene qualcosa, e pure la programmazione si stacca decisamente dal mero compiacimento del pubblico – o peggio, del turista alla scoperta della Venezia-Disneyland – selezionando per la lirica il primo dramma per musica di Vivaldi, da lui composto attorno al 1713.
Il complicato intreccio di amori è quello che ruota attorno ad Ottone imperatore (collocando quindi il tutto alla fine del X secolo d.C.) ed alla seducente figura di Cleonilla, in scena grazie a Giulia Semenzato, che è probabilmente il migliore degli interpreti in scena, anche grazie all’alta resa espressiva e gestuale, abbinata ad una modalità d’esecuzione sempre impeccabile in tutte le molte variabilità della parte.
Una resa di pregio che si aggiunge a quella dell’applauditissima Lucia Cirillo, nelle vesti di Caio, che spicca soprattutto nelle arie a lui dedicate, momenti commoventi che grazie a lei fanno davvero sentire di essere tornati a fruire della vera grandezza del massimo teatro lirico italiano.
Proprio le arie di tutto il dramma sono l’elemento che dà valore alle interpretazioni dei cantanti, tutti sentitamente di ottimo livello, in una ricostruzione complessiva, curata a livello musicale dal maestro Diego Fasolis, che possiede davvero il peculiare carattere di una vera e propria eccellenza.
Molto interessante ed azzeccato anche il complesso di scelte registiche di Giovanni Di Cicco, che intuisce bene come, in una simile condizione complessiva, non abbia di certo senso portare in scena delle figure in armatura romana: ecco quindi abiti pienamente contemporanei, rivisitati con ritocchi stranianti come delle maniche aperte a metà per Caio, o un pantalone del tutto squilibrato per Decio, capaci di rimandare ad una questione sempre aperta, oggi come non mai, quale quella sulle problematiche di genere, con quel canto affidato un tempo a castrati ed oggi a donne in ruoli maschili.
L’impossibilità di tornare quindi, sin da subito, alle grandi opere porta in realtà aspetti largamente positivi, come quello di ritrovarsi in uno spazio mai visto ed esperito prima, per assistere ad un’opera che, generalizzando superficialmente, potrebbe essere considerata minore, e che invece, proprio di fronte alla messa in scena di cui La Fenice è stata capace negli ultimi giorni, ci si rende conto essere un vero gioiello di cui meglio non si sarebbe potuto godere.
Ottone in villa
Orchestra del Teatro La Fenice
Direttore Diego Fasolis
continuo
Diego Fasolis, Andrea Marchiol clavicembali Alessandro Zanardi violoncello
Francesco Tomasi tiorba
Regia Giovanni Di Cicco
Scene Massimo Checchetto
Costumi Carlos Tieppo
Luci Fabio Barettin
Cleonilla Giulia Semenzato
Ottone Sonia Prina
Caio Silio Lucia Cirillo
Decio Valentino Buzza
Tullia Michela Antenucci
durata: 2h 40′ intervallo incluso
applausi: 5′ 20”
Visto a Venezia, Teatro La Felice, il 14 luglio 2020