Padri e figli di Russo Alesi e Malcovati. Quale eredità dei padri e quale futuro per i figli?

Padri e figli (photo: Serena Pea)
Padri e figli (photo: Serena Pea)

Lo scrittore Ivan Turgenev descrive il conflitto generazionale nella Russia di metà Ottocento, conservatrice e patriarcale, opposta alla generazione dei figli, più democratici e idealisti

Imprimere un nuovo senso ai classici per collegarli quanto più possibile alla nostra contemporaneità, ma senza intaccarne significati e suggestioni: è questa la sfida principale quando si mette mano ai grandi testi del passato. E ciò accade, ancor più frequentemente, con i capolavori della letteratura russa, così densi di implicazioni filosofiche universali, che si innestano proficuamente – attraverso accadimenti avventurosi – in molteplici situazioni di natura sentimentale e nelle relazioni tra i personaggi. Ragioni, queste, che ne rendono appetibile lo svolgimento sia per chi vuole metterli in scena, sia per un pubblico intelligentemente curioso di vecchi e nuovi stimoli.

Era dunque probabile che, prima o poi, “Padri e figli”, il celebre romanzo dello scrittore russo Ivan Sergeevič Turgenev, pubblicato per la prima volta nel 1862 sulla rivista “Il messaggero russo” e inizialmente molto criticato, avesse poi la fortuna di una trasposizione teatrale.
All’impresa si è votato il regista e attore Fausto Russo Alesi, in stretto rapporto con un altro Fausto, lo studioso italiano più insigne di letteratura e teatro russi, Malcovati, che ne ha curato l’adattamento e la traduzione e che, per le quattro ore e mezzo di spettacolo, è presente in scena nei panni di Turgenev, insieme a 13 attori e alla pianista Esmeralda Sella. Un progetto importante, “un lungo viaggio” partito addirittura nel 2016 nell’ambito del Corso di Alta formazione per attori del Centro Teatrale Santacristina, e che si è poi sviluppato in maniera più libera, nelle tempistiche, rispetto ai percorsi usuali, come racconta lo stesso regista.

La storia, divisa nettamente in due parti e composta di diversi quadri a seconda del luogo in cui si svolgono gli avvenimenti, inizia il 20 maggio 1859. La Russia ha appena terminato una sanguinosa guerra in Crimea, ed è pervasa da sommosse contadine che porteranno, di lì a poco, nel 1861, all’abolizione della servitù della gleba.
Nella modesta proprietà terriera di Nikolaj Petrovič Kirsanov arrivano il figlio Arkadij, di ritorno da San Pietroburgo, dove si è appena laureato, e il suo amico Evgénij Bazàrov, che passa il tempo facendo esperimenti con rane e piante. Lì troveranno anche il nostalgico e aristocratico Pavel Petrovič, zio di Arkady e Fenečka, una giovane serva messa incinta dal vedovo Nikolaj, uomo di animo bonario che tenta, con esiti fallimentari, di gestire la sua masseria applicando sistemi liberali. Bazàrov è il personaggio centrale della trama, e incarna perfettamente la figura del nichilista, un uomo senza certezze né illusioni, portatore di idee materialiste e antitradizionaliste. Ben presto le sue idee andranno però in contrasto con quelle dello zio di Arkadij. Per questo i due giovani preferiscono partire per andare a trovare, dopo un breve giro nella grande città, i genitori di Bazàrov, Arina e Vasilij, lui medico in pensione, una coppia semplice di forti principi religiosi che ama profondamente il figlio, che tratta invece i genitori con sufficienza.

Come sempre le trame russe sono ricche di personaggi. Ecco quindi che della partita fanno parte anche il tronfio Koljazin, importante diplomatico parente dei Kirsanov, Kukšina, stravagante donna emancipata, e Sitnikov, inconcludente giovane seguace delle idee di Bazàrov.
L’anaffettività di Bazàrov verrà messa a dura prova dall’incontro con l’affascinante e volitiva Anna Sergeevna Odincova, mentre di converso nasce anche un importante sentimento tra Arkadi e Katja, la sorella più piccola di Anna, dall’animo dolce e sensibile. Bazàrov, abbandonando i suoi principi, sentendosi sempre più attratto da Anna Odincova le dichiara il proprio amore. La donna, conoscendo bene l’indole del giovane, si trova assai sconcertata, forse perché anch’ella inconsciamente si sente simile a lui, e così lo rifiuta.
Arkadij poco dopo torna dai suoi con l’amico, che lì vuole continuare gli studi. Dopo un fuggevole incontro tra Bazàrov e Fenečka, lo zio Pavel, sempre più irritato dalle idee e dal comportamento del giovane, lo sfida a duello, rimanendo ferito.
Tornato dai suoi, Bazàrov, dopo aver curato un ammalato, si ammala a sua volta di tifo e muore, raggiunto al capezzale da Anna Odincova.
Il capitolo finale svela il destino dei vari personaggi, che qui ometteremo. Romanzo e spettacolo si chiudono con i genitori di Bazàrov che rendono omaggio alla tomba del figlio.

Padri e figli dunque, due generazioni dai modi e dai linguaggi diversi che, anche sulla scena, sempre si confrontano: i padri, ora legati ad un mondo aristocratico e privilegiato, non si accorgono minimamente di quello che accade intorno a loro, ora immersi in una realtà senza particolare avvenenza, sempre uguale a sé stessa, contenti di vivere un’esistenza senza un possibile domani, mentre i figli vorrebbero distruggere quei mondi per costruirne di nuovi, ma senza sapere come, dove e quali…
Padri e figli in parte uguali in ogni epoca, con le rispettive certezze ed illusioni, con speranze e sconfitte da elaborare.

È Bazàrov, interpretato con struggente e violento realismo da Matteo Cecchi, il ruolo che più suscita domande, il personaggio più respingente e supponente di tutti ma che, di converso, riesce a far emergere tutta la nostra empatia. Non solo perché risulta l’animale sacrificale del dramma, ma perchè, in confronto con gli altri personaggi, che si adatteranno ad una vita in definitiva non desiderata, è l’unico che vuole mutare una realtà opprimente, basata su stereotipi, corruzione e sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo; un personaggio che tuttavia è incapace di dare un volto alle proprie illusioni. Solo lui, significativamente, alla fine di tutto resterà al di fuori dal palco, che via via durante tutto lo spettacolo si è sempre più sconnesso, ma che alla fine si ricomporrà, levigato, con il solo compito di essere calpestato, simile alla vita di tutti gli altri personaggi.
La morte del povero nichilista è pietosamente accompagnata dalle parole, in edizione italiana, di “Eve of destruction” di Barry McGuire: “Dopo così tanto, tanto dolore… perché ti senti forte e ci perdoni… invece di trattarci come due cani… e se hai ragione tu insegnaci ad amare… a credere di più nel mondo e nel domani… insegnaci a soffrire…”.

Tutti ammirevoli i tredici attori, che si adattano ad entrare in personaggi spesso così diversi dalla loro fisicità.
L’adattamento, firmato a quattro mani da Malcovati e Russo Alesi, collega fra loro tutte queste esistenze per poi restituircele, con relative debolezze, contraddizioni e punti di vista. La narrazione, mai pedissequa, è orchestrata da Marina Occhionero, con tanto di libro in mano, sotto gli occhi paterni di Malcovati, e accompagnata dalle musiche originali di Giovanni Vitaletti.
La regia di Russo Alesi, costruita con estrema semplicità di accenti, riesce a donarci luci e ombre di un mondo non poi tanto dissimile dal nostro.
In scena al Teatro Mercadante di Napoli fino al 27 marzo. L’1 e il 2 aprile a Pordenone.

PADRI E FIGLI
di Ivan Turgenev
traduzione e adattamento Fausto Malcovati e Fausto Russo Alesi
regia Fausto Russo Alesi
con Daria Pascal Attolini, Marial Bajma Riva, Giulia Bartolini, Alfredo Calicchio, Luca Carbone, Matteo Cecchi, Eletta Del Castillo, Cosimo Frascella, Stefano Guerrieri, Marta Mungo, Marina Occhionero, Luca Tanganelli, Zoe Zolferino
e con Fausto Malcovati
pianoforte Esmeralda Sella
composizione musiche originali Giovanni Vitaletti
progetto scenografico Marco Rossi
costumi Gianluca Sbicca
luci Max Mugnai
produzione ERT / Teatro Nazionale, Teatro di Napoli-Teatro Nazionale
in collaborazione con Teatro Verdi Pordenone, Centro Teatrale Santacristina
si ringrazia l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio D’Amico” e il bando SIAE- S’Illumina

durata: 4h 30′ (diviso in due atti da 2h 15′)

Visto a Bologna, Arena del Sole, il 19 marzo 2022

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