Paladini di Francia. L’Orlando tra le nuvole di Koreja

Paladini di Francia
Paladini di Francia
Paladini di Francia (photo: teatrokoreja.it)

Le donne, i cavalier, l’arme e gli amori. Anzi no. Anzi sì.
Anzi sì perché la vicenda raccontata è la stessa del poema cavalleresco dell’Ariosto, quella che da cinquecento anni appassiona orde di narratori, poeti, saltimbanchi e teatranti, tutti votati alla nobile missione di cantare le gesta eroiche dei paladini di Carlo Magno.
Anzi no perché lo spettacolo in realtà mutua al poema dell’Ariosto solo parte della vicenda, che viene poi ri-narrata, ri-vissuta e ri-trasmessa da… marionette.

Le suggestioni sono molte in questo spettacolo dei Cantieri Teatrali Koreja, inserito nella 12^ stagione di teatro giovani “Live In” curata dal Teatro Pirata e promossa dalla Fondazione Pergolesi Spontini. Uno spettacolo ricco di citazioni, dai colori insieme epici e caserecci, tragicomici e meta teatrali. E la prima suggestione è quella dal film di Pier Paolo Pasolini “Che cosa sono le nuvole?”, a cui lo spettacolo è dedicato, dove proprio in un teatrino delle marionette viene raccontata da Totò, Ninetto Davoli, Franco e Ciccio – tutti a mo’ di Pupi siciliani – un’altra triste storia, quella di Otello e della sua Desdemona.
“Con quelle stesse marionette – spiega l’autore del testo Francesco Niccolini – vorrei raccontare di Rinaldo, Astolfo, Angelica, Bradamante, Fiordiligi, Orlando e, da ultimo, del massacro di Roncisvalle, quella discarica assurda e insanguinata dove tutti quei corpi morirono e furono abbandonati, occhi al cielo, a domandarsi che cosa sono le nuvole”.

Marionette vive, interpretate da attori, tutti ingarbugliati in una specie di costume-armatura autoportante di splendido artigianato teatrale, con le braccia appese a fili, che nutrono al contempo mille diverse suggestioni: attori-marionetta in primis certo, ma anche la materia stessa del teatro che costruisce sogni con latta e legno, spago e cartapesta. Basta un coperchio per fare uno scudo, uno scolapasta per l’elmetto, coltelli e cucchiai per la più forte delle armature, una sagoma di legno per l’ippogrifo ed un megafono per far esistere Carlo Magno. Questi entrano ed escono dalle armature intercalandosi tra i vari ruoli e assumendo di ciascun personaggio il dialetto specifico, netto e distinto come una macchia di colore.

La lingua è quella alta e bassa insieme. Alta nella sonorità arcaica che viene evocata dai versi e dalle rime, e bassa perché l’autore non attinge a nulla di aulico, ma preferisce riportare anche nel linguaggio una parola materiale ed artigianale, con rime mutuate da proverbi e dalle tipicità dialettali, da modi di dire ed espressioni popolari.
Spada avete io, spada avete voi… non occorre arrivare lontano perché fa rima con moglie e buoi dei paesi tuoi. E ce n’è per tutti tra “addovaje” napoletani, “an vedi” romani, verbi anteposti al soggetto come nel sardo, versetti ed ohibò, espressioni inglesi e cinesi: poco importa e tutto fa brodo perché, come dice Orlando, quando “si combatte si fanno anche rime a caso”.

Anche la scena è semplice, materica e funzionale, eppure svetta il suo potere immaginifico: bastano due strutture di legno per impilare tutte le armature tra le quali gli attori si infilano e sfilano, e un telo obliquo bianco e grigio che diventa un cielo di tutti i colori.
Lì, in quel cielo, sfilano le nuvole, testimoni della vicenda e compagne d’avventura che, come viene detto in apertura di spettacolo mutuando una canzone di De Andrè, “…vanno, vengono, ogni tanto si fermano, 
e quando si fermano 
sono nere come il corvo,
 sembra che ti guardano con malocchio. Certe volte sono bianche 
e corrono 
e prendono la forma dell’airone
 o della pecora 
o di qualche altra bestia
. Ma questo lo vedono meglio i bambini
, che giocano a corrergli dietro per tanti metri…”.

Uno spettacolo pregevole e delicato che non viene fruito di pancia e non comporta una partecipazione sudata. Al contrario, nell’assistere si è come vinti da un senso di meraviglia delicata e distante, un po’ come se si stesse scrutando dentro un carillon in miniatura e non si finisse di esclamare “Oh!” di fronte alla perfezione poetica dei suoi marchingegni.

PALADINI DI FRANCIA. SPADA AVETE VOI, SPADA AVETE IO!
di Francesco Niccolini
regia: Enzo Toma
con: Silvia Ricciardelli, Angela de Gaetano, Antonella Iallorenzi, Carlo Durante, Fabio Tinella
assistente alla regia: Valentina Impiglia
ideazione scene: Iole Cilento
realizzazione scene: Porziana Catalano, Iole Cilento
musiche originali: Pasquale Lo Perfido
voce di Carlo Magno: Fabrizio Saccomanno
disegno luci: Angelo Piccinni
durata: 50’
applausi del pubblico: 1’ 43’

Visto a Jesi (AN), Teatro San Floriano (Teatro Studio Moriconi), il 12 marzo 2010

1 Comments

  1. says: Elisa

    Visto stasera al manzoni di pistoia. Molto carino. Semplice ma comunque efficace. Sembra di rivivere tempi lontani.. Mi è piaciuto! complimenti al lavoro degli attori!!

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