Pale Blue Dot di Andrea Brunello, rapsodia sul pianeta Terra

Andrea Brunello (photo: Lucia Baldini)
Andrea Brunello (photo: Lucia Baldini)

“Pale blue dot”: un pallido puntino azzurro. È la Terra come appare a sei miliardi di chilometri di distanza, da una foto scattata nel 1990 dalla sonda spaziale Voyager 1. Partita nel 1977 – quando iniziava la saga di “Guerre Stellari” – alla volta di Giove, Saturno e dei loro misteriosi satelliti, adesso Voyager si trova a oltre venti miliardi di chilometri dal nostro pianeta, viaggiando alla velocità di 17 km il secondo.

La Terra: nel “Paradiso” Dante Alighieri la definiva “l’aiuola che ci fa tanto feroci”.
Allo Spazio interstellare, a una Terra dalla salute sempre più malferma, Andrea Brunello e Arditodesìo dedicano “Pale blue dot”, spettacolo andato in scena al Libero di Milano nell’ambito del progetto Jet Propulsion Theatre.

Brunello, laurea in Fisica e matematica alla Cornell University di New York, dottorato in Fisica teorica e un passato recentissimo di ricercatore, nel suo teatro coniuga arte e scienza, mondi la cui distanza non si misura più in anni luce. Brunello opta, attraverso la scena, per un contatto più diretto e viscerale con il pubblico, più immediato della ricerca svolta nel chiuso di un laboratorio o pubblicata su riviste per addetti ai lavori.

Su un fondale bianco sono proiettate immagini siderali. Rosse scie luminose, colori che oscillano dal blu al verde. Un sottofondo musicale rock elettronico puntiforme. Un insieme di telecamere a riprendere il protagonista, Mike, tuta e casco bianchi, joystick tra le mani. Un rudimentale robot dalla grafica e dai suoni stile Commodore 64, con cui Mike interagisce, squarciando il muro della solitudine.

Una storia di corpi celesti da esplorare, di particelle cosmiche e autostrade magnetiche ci rimbalza nei profondi anni Settanta e Ottanta, al tempo di serial come “Spazio 1999”.
Ma qui affiorano anche distanze terrene da recuperare, famiglie disfunzionali, relazioni umane sfilacciate, crisi di coscienza.

Qualche finestra, qualche link potrebbe forse rimanere chiuso per rendere la drammaturgia più coesa, ma tant’è.
“Pale blue dot” resta spettacolo suggestivo, che parte da un volo onirico e ci catapulta in una vertigine di mondi lontanissimi ed epoche sepolte, per poi riannodarsi al qui e ora, al nostro presente di esseri fragili dentro un pianeta sull’orlo della catastrofe.

Dall’infinitamente grande si recede a ciò che piccolo non è, ma nel confronto galattico diventa infinitesimale. Vista da Voyager, la Terra è infatti un puntino luminoso che scompare dietro un pollice: show d’infinita bellezza che stiamo deturpando, astronave spaziale inestimabile, che stiamo smarrendo sotto il tiro incrociato dei disastri ambientali della cui portata sembriamo non avere percezione.

Cambiamenti climatici, perdita di biodiversità, scioglimenti dei ghiacciai e inondazioni, acidificazione degli oceani; e ancora carestie, guerre, migrazioni di massa, emergenze umanitarie, crisi sociali: tutto va a rotoli sul pianeta blu, stritolato da un disarmante effetto a catena. Eppure prevalgono logiche affaristiche e speculazioni finanziarie volte all’arricchimento di pochi. Lobby spietate continuano a suonarci la marcia funebre. E anch’esse naufragano, come l’orchestra del Titanic.
“Pale blue dot” è un monologo pieno di passione, che fa riflettere denunciando e ponendo interrogativi. Un format pedagogico, una lectio magistralis che condensa informazione e visione.

Andrea Brunello recita seduto, con una buona intensità. Le variazioni sono nelle sonorità e nelle modulazioni dettate dalla voce, negli sguardi vividi, nei gesti piani. La regia di Christian Di Domenico dosa i diversi registri e stringe le digressioni in un tutto accettabilmente armonico.
Le luci di Paolo Dorigatti ed Elena Piscitelli, dilatate dalle musiche stranianti di Enrico Merlin, sono commento poco invasivo a uno spettacolo capace di destare curiosità e motivare all’impegno civile.

PALE BLUE DOT
Pallido Pallino Blu
drammaturgia Andrea Brunello
con il contributo di Christian Di Domenico
con Andrea Brunello
regia Christian Di Domenico
scenografie Roberto Abbiati
musiche composte ed eseguite da Enrico Merlin
disegno luci Elena Piscitilli
produzione Compagnia Arditodesìo | Progetto Jet Propulsion Theatre
con il contributo tecnico e tecnologico di Roberto Tiella / Fondazione Bruno Kessler
e il contributo artistico di Salvatore Crisà
in collaborazione con il Laboratorio di Comunicazione delle Scienze Fisiche
dell’Università degli Studi di Trento e l’ Università di Bordeaux e con il supporto di IdEx Bordeaux e i centri di ricerca IRSTEA e Labex COTE (Università di Bordeaux)
e con il supporto di
La Corte Ospitale – Progetto Residenziale e Teatro Petrella – Longiano (FC)
social media partner @fattiditeatro

durata: 1 h 20’
applausi del pubblico: 2’

Visto a Milano, Teatro Libero, il 19 maggio 2016

stars-3.5

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