Paper Cut. Il talento di Yael Rasooly brilla al Funaro

Paper Cut (photo: Austin Arts Center at Trinity College)
Paper Cut (photo: Austin Arts Center at Trinity College)

Nata a Gerusalemme, di stanza a Parigi, Yael Rasooly è una regista, attrice, cantante e burattinaia. Ma ciò è riduttivo, perché questa artista è soprattutto una interprete dal talento straordinario.
Ha cominciato come cantante lirica, ha studiato scenografia a Londra e si è poi diplomata alla Scuola di Teatro Visuale di Gerusalemme. Oltre a portare avanti la sua carriera internazionale di cantante, è attualmente in tour, in tutto il mondo, con cinque diversi spettacoli, tra cui “Paper cut” di cui scriviamo oggi, tutti scritti e realizzati da lei.

Per intuirne il talento è bastato osservare l’interazione col pubblico che a poco a poco riempiva la sala del Funaro il 22 febbraio scorso per assistere a “Paper cut”. E per essere la sua prima volta in Italia – tre date compresa questa pistoiese – il suo italiano non era affatto male.

Veniamo allo spettacolo, che presenta una scenografia minima tutta chiusa nel perimetro di una scrivania d’ufficio e si avvale di poche e semplici – eppure inconsuete – soluzioni sceniche che fanno spesso leva sulla frequente interazione col pubblico, messa in atto con intelligenza e senza eccessive strizzatine d’occhio.

Yael Rasooly veste i panni di una segretaria oberata di lavoro e innamorata del suo capo. Come sopravvivere? La poverina, tra fotografie in bianco e nero e ritagli di vecchie riviste di cinema, cerca la fuga in un mondo onirico, quasi “fatato”, dove nei panni di una “diva degli anni Quaranta” trova finalmente il suo amore ideale. Ma non tutto è rose e fiori. Lo spettacolo riserva delle sorprese che finiranno per portarci, tra una risata e l’altra, in un incubo dal sapore hitchcockiano, in un crescendo sempre più sorprendente. In cui comunque la parte ironica è prevalente.
Alla fine la ragazza scoprirà che i suoi sentimenti sono ricambiati. Tuttavia sceglierà una vita sua, nuova, indipendente al posto di un mero ruolo di amante. Alla faccia dell’happy end.

Intelligenza, talento e accuratezza, uniti a ritmo, canto, recitazione e abilità manuale nel destreggiarsi nell’universo artigianale dei ritagli di carta e del teatro d’oggetti, fanno di “Paper cut” uno spettacolo delizioso – mi si passi il termine da ottuagenaria che prende il tè delle cinque con le amiche del bridge -, pienamente riuscito, di quelli a cui il Funaro, nel corso delle sue stagioni, ci ha abituato; perché frequentando il vivace centro culturale pistoiese non è raro imbattersi in lavori il cui ricordo, a dispetto di molte altre messinscene che svaniscono dalla nostra memoria in breve tempo, è destinato a permanere a lungo (si pensi ad alcuni lavori di Enrique Vargas, oppure “L’art du rire” di Jozef Houben o “The valley of astonishment” di Peter Brook e Marie-Hélène Estienne, solo per fare degli esempi passati al Funaro).

In “Paper cut” – messinscena vincitrice di numerosi premi internazionali che ha al suo attivo più di trecento repliche in oltre venti nazioni – si mescolano linguaggi eterogenei, si spazia dal teatro di figura al canto fino al teatro d’oggetti. E si ride spesso e volentieri, mentre gli applausi a scena aperta si susseguono fitti ed in un soffio si giunge alla fine. Tanto che si vorrebbe che Yael Rasooly non se ne andasse per regalarci ancora un po’ della sua bravura.

PAPER CUT
di e con Yael Rasooly
produzione The Dancing Ram Theatre

durata: 50’
applausi del pubblico: 4’

Visto a Pistoia, il Funaro, il 22 febbraio 2020

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