La Pasqua nera e ironica di Strindberg e Monica Conti

Greta Zamparini e Federico Manfredi (photo: Tommaso Le Pera)
Greta Zamparini e Federico Manfredi (photo: Tommaso Le Pera)

Arriva al Teatro India di Roma una sontuosa produzione di “Pasqua”, uno dei testi meno rappresentati di August Strindberg. Un testo nero, onirico, spesso da far paura. Eppure slanciato, nel modo in cui percorre la riflessione sulla condizione umana, su quella gabbia di negatività e miopia che il nostro stesso animo ci serra attorno.
“Pasqua” si articola come un mistero medievale. Tre atti, uno per giorno, alla vigilia della festa della Resurrezione, per i cristiani una sorta di “pace dello spirito” dopo la passione. Qui a patire è la famiglia Heyst, con il padre in carcere “per orgoglio”, la madre (Michela Martini) simbolo della vecchia borghesia in decadenza, il figlio nevrotico (Federico Manfredi) in ardenza per i debiti (monetari e di reputazione) da pagare al terribile creditore Linkvist (Nicola Stravalaci), una sorta di mostro biblico che minaccia di pignorare i mobili e di gettare definitivamente nel fango le glorie “fin de siècle” di una famiglia di nobili.

Si tratta forse dell’unico testo di Strindberg a riservare un finale sorprendentemente rosa, che non faremmo un buon servizio a svelare, ma che si annuncia da subito grazie a una buona dose di ironia infusa dal testo stesso ma ben supportata dalla regia puntuale di Monica Conti. L’impianto di messinscena si muove su cardini estremamente classici, dal disegno luci freddo e movimentato ai piani di scena scomposti e dinamici. Molto spazio è lasciato alla partitura sonora di Alessandro Saviozzi, che fa eco ai cambiamenti di scena e mette a fuoco la presenza del mondo esterno, con uno stile che ricorda le didascalie di Gogol’, così attente alla descrizione del contesto. La stessa trama, nelle linee di apologo moralista, richiama le parabole dello scrittore russo, che nella regia Conti ricorda per qualche trovata di richiamo all’etica del dolore e del supplizio. Tutti elementi che, fusi insieme, vanno a formare una rete ben annodata, su cui attori ben preparati si muovono senza troppo timore.

Quello che manca a questa coraggiosa “rilettura”, come la chiama il Teatro di Roma, è forse il valore aggiunto dato da un’accelerazione. La compostezza dei ritmi fa il paio con il trucco sui volti degli attori: eccessivo e tuttavia compatto. I movimenti sono precisi, così come la trovata scenica di rappresentare mobili sovra e sottodimensionati serve a marcare una curva nella percezione della realtà. Eppure tutto questo sarebbe già nel testo che, grazie alla rigorosa struttura di “mistero” e ai dialoghi così apertamente ironici, viaggia su binari sicuri. Il merito di Conti e della sua compagnia sta nell’aver espresso a dovere gli intenti del buon Strindberg, sapiente conoscitore dell’anatomia dell’animo umano, senza soffocarne le intuizioni con trovate registiche sopra le righe, una tendenza comune al giorno d’oggi. Tuttavia a volte osare è importante, perché una messinscena non corra il rischio di ridursi a sforzo filologico. Allora, dalle luci sagomate che inquadrano ombre e luci al mobilio bislacco che sembra apporre ostacoli più che fare spazio ai movimenti, esiste in scena un’ottima inventiva, cui la regia risponde con grande coerenza in intenzioni e toni, senza però spiccare il salto decisivo.

Le scene più interessanti restano gli affreschi d’innocenza dipinti da Silvia Ajelli nel ruolo della piccola sorella Eleonora, internata in un mondo di favole e deliri, e da Alessandro Lussiana, assolutamente in parte nel ruolo del goffo e tenero Beniamino. Il mondo, secondo Strindberg, è nelle mani di questi due personaggi, se solo ci si rende conto che a volte – e solo a volte! – quella negatività non è che una lente apposta da noi miopi. Come gli occhiali che Linkvist, uscendo, non indossa più.

PASQUA
di August Strindberg
drammaturgia e regia: Monica Conti
produzione: l’aRt e teatro out off
interpreti: Michela Martini, Federico Manfredi, Silvia Ajelli, Greta Zamparini, Alessandro Lussiana, Nicola Stravalaci
scene: Claudia Calvaresi
costumi: Roberta Vacchetta
luci: Marcello Jazzetti
suono: Alessandro Saviozzi
direzione allestimento: Gennaro Cerlino
durata: 1h 10’
applausi del pubblico: 2’ 22’’

Visto a Roma, Teatro India, il 7 aprile 2010

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