Per cause di forza maggiore. La tutela dello Spettacolo dai sindacati al nuovo Decreto

Nei primi giorni di chiusura dei teatri per arginare il Covid-19 (era ancora fine febbraio), molti artisti hanno vissuto l’evento come una profonda ingiustizia. In molti lamentavano che altri luoghi pubblici non avessero subito gli stessi effetti dell’ordinanza.
Nelle settimane successive i decreti e le ordinanze sono diventati man mano più restrittivi e sempre più settori della nostra economia hanno dovuto chiudere o trovare altre modalità di lavoro. Le perdite, i disagi, le incertezze ora ci sono più o meno per tutti, e l’ondata di lamentele nei social degli artisti è nettamente diminuita, forse per la consapevolezza della necessità d’adottare severe misure per superare l’emergenza.
Eppure il senso di ingiustizia permane.

In questi giorni i critici teatrali Massimo Marino, Andrea Porcheddu e Attilio Scarpellini hanno lanciato un appello per prendere posizione su quello che sta avvenendo: “I teatri fanno il conto dei danni. […] Chiediamo urgenti misure economiche di sostegno ai settori, agli enti e agli individui che operano nella cultura teatrale: un rafforzamento del Fondo Unico dello Spettacolo, […] e un intervento economico extra-FUS, immediato e straordinario […] in tutto il territorio nazionale”. Raccolte 1028 firme, fra sindaci, assessori alla cultura, critici, giornalisti, attori, registi, inviate al Ministro Dario Franceschini.

Anche i sindacati si stanno muovendo, in dialogo con il MIBACT, espletando una serie di richieste per la tutela dei lavoratori, vista l’enorme confusione venutasi a creare circa l’applicazione delle norme previste dal CCNL.
Facciamo un passo indietro.

Il 28 febbraio, il presidente dell’AGIS invia una lettera rivolta alle associazioni e alle fondazioni dello spettacolo dal vivo, invitando le imprese ad applicare l’articolo 19 del CCNL sulla tutela dei lavoratori nel caso di chiusura dei teatri “per cause di forza maggiore”, con un compenso non inferiore al minimo contrattuale per massimo dodici giorni, terminati i quali è possibile rescindere i contratti. Secondo i sindacati questa interpretazione dell’art. 19 non è corretta e provocherà lo scioglimento di numerose compagnie.
SLC-CGIL, FISTeL-CISL e UILCOM-UIL inviano prontamente una lettera di protesta per tutelare i diritti dei lavoratori, in particolare quelli più deboli, che si vedono scaricare addosso questa crisi. Rilevano che l’articolo 19, che sancisce gli adempimenti da intraprendere in caso di chiusura per “forza maggiore”, riporta due disposizioni diverse. La prima è quella “sposata” dall’AGIS, la seconda invece quella rivendicata dai sindacati: “Qualora gli spettacoli siano sospesi con provvedimento della pubblica autorità, l’impresa dovrà corrispondere allo scritturato il compenso minimo previsto dal presente contratto per un periodo massimo di cinque giorni. Decorso tale termine riprenderà in ogni caso la corresponsione del normale compenso”. Una corretta interpretazione dell’articolo 19 prevederebbe dunque che non avvenga nessuna risoluzione del contratto e che i lavoratori siano pagati 72,78 euro per i primi cinque giorni (con le dovute maggiorazioni per autonomi e per intermittenti), poi secondo la paga concordata.

In una lunga intervista telefonica, Carlotta Viscovo (attrice e coordinatrice nazionale della Sezione Attori di Slc – Cgil) racconta che i sindacati stanno denunciando il caos che si è venuto a creare, “una situazione che va assolutamente monitorata”. La maggior parte dei teatri si attengono alle indicazioni “erronee” dell’AGIS, limitandosi al minimo contrattuale, ma la Viscovo precisa che la formulazione “non inferiore a” non significa questo; e denuncia che sono pochi i teatri a pagare anche le maggiorazioni ad autonomi e intermittenti.

Le imprese che possono permetterselo stanno adottando misure “intelligenti”, ad esempio mettendo i lavoratori a casa a disposizione, oppure utilizzano ferie o permessi. Ma gli intermittenti, le partite iva? Vengono semplicemente lasciati a “riposare”: “I contratti di scrittura sono quelli che saltano più facilmente” sottolinea la Viscovo con rammarico.

Ben consapevoli dell’estrema criticità del momento, i sindacati chiedono al MIBACT d’aprire quanto prima lo stato di crisi ed una maggiore tutela del comparto; ai teatri invece richiedono di fare uno sforzo per rispettare le norme contrattuali. Le ricadute più pesanti ci saranno sui lavoratori discontinui e sulle giovani compagnie, in particolare quelle di teatro ragazzi. “Chiaramente, così come in altri settori, i lavoratori più tutelati sono i subordinati (nel nostro caso i direttori dei teatri, gli amministrativi…) mentre quelli più esposti sono gli autonomi (attori, registi, drammaturghi, danzatori…) in particolar modo ora” rileva Viscovo.

Viste le pesanti perdite nei settori dell’audiovisivo e dello spettacolo dal vivo, si sono fatte sentire unitariamente anche le Associazioni Datoriali Alleanza Cooperative Cultura, ANICA, APA, APE, ANEC, settore Cinema – CONFARTIGIANATO IMPRESE, CNA Cinema e audiovisivo, AGIS e OO.SS. FISTel CISL, UILCOM UIL, SLC CGIL, attraverso una lettera del 4 marzo, rivolta al Ministro del Lavoro ed al Ministro dei Beni e della Attività culturali e del Turismo.
Audiovisivo e Spettacolo chiedono a gran voce misure ben precise. In primis che tutte le imprese in grado di dimostrare la sospensione dell’attività possano far domanda al FIS e alla Cassa integrazione in deroga. Secondariamente che i termini relativi ai versamenti dei contributi previdenziali ed assistenziali per l’assicurazione obbligatoria vengano sospesi e che si provveda a un’indennità per tutti i lavoratori autonomi.

Ma le richieste non terminano qui; per il settore Spettacolo domandano:
– un contributo forfettario per le attività cancellate o rinviate;
– per il solo 2020, una riduzione del numero di giornate utili alla maturazione dell’annualità contributiva prevista dall’Inps ex Enpals;
– introduzione, in via straordinaria, della cassa integrazione in deroga per un periodo di tre mesi per le imprese sotto ai 5 dipendenti;
– accesso al FIS e alla Naspi per gli intermittenti;
– accesso al FIS per i lavoratori con meno di 90 giornate d’anzianità con unico committente;
– l’annullamento dell’obbligo di versamento di 100 giornate di contributi come requisito per accedere all’indennità di malattia.

Quel senso di ingiustizia emerso in maniera così forte fra gli artisti nelle ultime settimane non deriva unicamente dalla chiusura dei teatri o dalle gravi perdite, che hanno colpito l’80/90% del settore. “Grazie al Coronavirus stanno venendo a galla tutte le falle” sottolinea ancora Carlotta Viscovo. Perché, in un certo qual modo, gli attori sembrano abituati a non vedere riconosciuti i propri diritti. “Funziona così, come in tanti altri settori del nostro Paese, non siamo gli unici. Gli attori se non maturano le 100 giornate di contributi, anche se stanno lavorando in quel preciso momento e si ammalano non hanno diritto alla malattia. Per non parlare degli autonomi… Molti attori hanno la partita iva, serve per dei lavori più saltuari, come ad esempio i reading… Ma poi quando lavorano sotto contratto, alle dipendenze di un teatro, al termine della scrittura non hanno diritto alla disoccupazione”.

Vista la situazione contingente molti artisti, anche di grande calibro, si ritrovano improvvisamente (ma potremmo dire anche finalmente) ad appellarsi ai sindacati. “Negli ultimi anni gli attori hanno fatto fatica a mettersi assieme, purtroppo si è perso il senso della categoria, c’è molto individualismo. Spesso non è facile riuscire ad investire del tempo in lotte o rivendicazioni, del resto quando gli attori non lavorano si occupano di trovare lavoro… E il più delle volte quando non lavorano, in realtà stanno già lavorando. Prima del tempo delle prove c’è un grosso lavoro di ricerca, di studio, di preparazione, anche solo per il fatto che alle prove bisogna arrivare con la memoria pronta del testo che si metterà in scena. Quei giorni nessuno li calcola, sono giorni di lavoro che gli attori fanno a casa, per conto proprio. […] Ora, questa emergenza del Coronavirus, questo momento di stop, sta finalmente facendo sentire agli attori che è un peccato non stare insieme…. Stiamo ricevendo un sacco di chiamate”.

Nel pomeriggio del 4 marzo, alla presenza del Presidente del Consiglio e dei Ministri, si è tenuto il confronto con il Governo, con le parti sociali, con alcune Regioni, con Ancim Upi e con Conferenza Unificata. Il Governo afferma di voler intraprendere misure economiche di sostegno alle imprese e alle famiglie, coniugando gli interventi emergenziali con le politiche per la crescita, attraverso un nuovo decreto che varrà chiuso al più presto. I contenuti del provvedimento riguardano il sostegno al sistema sanitario, alla protezione civile, al lavoro e al reddito, ampliando ammortizzatori sociali e sostegno alle imprese. Le risorse saranno individuate in deficit (0.2%) per un ammontare di circa 3,6 miliardi.

Il nuovo Decreto è uscito ieri, 16 marzo, con le prime misure di ‘salvataggio’ per i lavoratori, incluso il settore dello Spettacolo, con indennità straordinarie ai lavoratori dei diversi comparti. Nasce inoltre il Fondo emergenze spettacolo dal vivo, cinema e audiovisivo, con lo stanziamento di 130 milioni di euro per il 2020 a sostegno di operatori, autori, artisti, interpreti ed esecutori colpiti dalle misure adottate per l’emergenza Covid-19 e per investimenti finalizzati al rilancio di questi settori. Le modalità di ripartizione e assegnazione delle risorse verranno stabilite con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, tenendo conto dell’impatto negativo sui beneficiari derivato dalle misure di contenimento del contagio.

Torneremo sull’argomento nei prossimi giorni con ulteriori approfondimenti.

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