Periferico 22. Il festival di Collettivo Amigdala a Modena, fra inclusione e coesione

Nidi di ragno di Archivio Zeta (ph: Franco Guardascione)
Nidi di ragno di Archivio Zeta (ph: Franco Guardascione)

Archivio Zeta, Ultimi Fuochi Teatro e Virgilio Sieni tra le compagnie ospiti della XIV edizione

Dopo parecchi anni, Klp è tornato a fare un’incursione a Periferico – Festival di pratiche performative site-specific a cura del Collettivo Amigdala.
Il festival, nato nel 2008 come iniziativa nomade, aveva poi trovato una propria sede, Ovestlab, un’ex bottega artigiana riqualificata, situata nel quadrante ovest di Modena.
Senza perdere la propria vocazione itinerante, il festival, come s’intuisce dal nome, ruota attorno all’identità delle periferie, ma non si tratta semplicemente di portare l’arte in luoghi marginali, o quanto meno non solo.
La progettualità si snoda a partire da una profonda relazione di ascolto dell’identità dei luoghi e delle persone, prendendo vita attraverso azioni concrete: accogliere, valorizzare, condividere, esplorare, sperimentare, trasformare.

Il programma della XIV edizione, dal 20 ottobre al 6 novembre, si è concentrato unicamente nei weekend, dando la possibilità di partecipare a un pubblico ampio e variegato. Performance, concerti, installazioni, camminate urbane, street art, laboratori, presentazioni di libri, progetti nelle scuole…
Comune denominatore della vasta programmazione interdisciplinare, che ha visto il coinvolgimento di una miriade di organizzazioni e spazi diversi della città – tra la Sacca e il Villaggio Artigiano di Modena Ovest -, è la volontà di mettere al centro dell’esperienza artistica il rapporto con il pubblico.

Il titolo dell’edizione di quest’anno Presente! è stato un invito alla cittadinanza a farsi sentire, a scrollarsi di dosso quel torpore dell’individualismo accentuatosi con la pandemia, per scendere in strada e tornare a incontrarsi. Con Periferico l’arte si mette al servizio della collettività, offrendo diverse tipologie d’esperienze di condivisione.

Tra gli spettacoli che attraversano e valorizzano lo spazio urbano, citiamo il lavoro di Archivio Zeta che porta il format “Nidi di Ragno” nel cuore della città di Modena. Si tratta di una performance itinerante, a metà strada tra la visita turistica e la lettura animata, che guida i partecipanti in luoghi significativi per la memoria storica della città. Un percorso che va dalla torre della Ghirlandina fino alla Biblioteca Estense per richiamare alla memoria la spiccata personalità di Formiggini, progenitore dell’editoria moderna, che prima di suicidarsi (buttandosi dalla torre) lasciò in eredità alla propria città natale il ricco archivio di libri che aveva collezionato sul tema della risata.
L’operazione, nella sua semplicità, è certamente attrattiva: la drammaturgia si articola tra una camminata e l’altra, sostando in ascolto dei luoghi, delle letture degli attori, delle note di un flauto e dei racconti di quattro accompagnatori (Alberto Cavaglion, Fausto Ciuffi, Metela Montanari e Matteo Al Kalak).

Di particolare rilevo per la comunità locale troviamo l’installazione “Voice to image” a cura del collettivo di architetti HPO in collaborazione con AFOr, l’Archivio delle Fonti Orali che raccoglie testimonianze sul Villaggio Artigiano di Modena Ovest (quartiere che venne creato dalla municipalità, nella seconda metà del Novecento, per rispondere al bisogno occupazionale nell’immediato dopoguerra).
In questo progetto le interviste degli abitanti diventano il punto di partenza per ricreare digitalmente un modello urbanistico del vecchio quartiere, che nel corso del tempo si è andato trasformando.
Le parole estrapolate dalle interviste fungono da input per il lavoro del software DALL-E che, a partire dall’analisi di milioni di fotografie presenti sul web, crea delle immagini ex novo, estremamente foto-realistiche. In realtà queste immagini artificiali altro non sono che una composizione di pixel basata su calcoli di probabilità; gli architetti le hanno poi modellate per renderle tridimensionali, dando vita a un nuovo quartiere immaginifico ed utopico, con edifici bizzarri nelle forme e nei colori.
In questo lavoro la tecnologia è messa al servizio della comunità per dare visibilità alla memoria collettiva, trasformando i ricordi effimeri di un gruppo di persone, ormai anziane, in tracce concrete del passato, da poter manipolare e trasformare in direzione del futuro.

Quel che emerge entrando in Periferico è la natura diversificata delle proposte, che coinvolgono persone con età ed interessi diversi. Ad esempio, il progetto partecipato “La rivoluzione dei libri” a cura di Ultimi Fuochi Teatro ha visto il coinvolgimento di numerosi studenti di quattro istituti superiori, che hanno aderito in forma spontanea ed autogestita a dei gruppi segreti di lettura. I ragazzi si sono così approcciati alla cultura in maniera autonoma, senza dover necessariamente seguire un modello interpretativo imposto da un adulto, sperimentando forme di libero arbitrio delle proprie idee. I frammenti letterari che hanno trovato di maggiore interesse sono stati regalati alla città disseminandoli in giro per le strade, sotto forma di QR code da ascoltare.

Capita così che la gente, turisti o abitanti del luogo, si possa imbattere in Periferico in maniera del tutto casuale. Alcuni eventi invece, per questioni di logistica, richiedono la prenotazione e in questi casi il pubblico è inevitabilmente più selezionato. Pensiamo alla performance “Come va a pezzi il tempo”, sempre della compagnia Ultimi Fuochi Teatro, ospite in un appartamento privato, che accoglie cinque spettatori per volta. Il pubblico non sa dove si terrà lo spettacolo, e a partire dalla sede di Ovestlab viene scortato in auto sino all’abitazione prescelta.
L’operazione, per quanto non di altissimo livello artistico, risulta comunque attrattiva per la relazione di vicinanza che si viene ad instaurare con gli attori e il resto del pubblico.

Come va a pezzi il tempo (ph: Luca Del Pia)
Come va a pezzi il tempo (ph: Luca Del Pia)

Tra gli artisti di maggior richiamo ritroviamo Virgilio Sieni con la sua “Lezione sul gesto” (due ore di laboratorio rivolto a tutte le persone interessate ad esplorare le caratteristiche del movimento) e con lo spettacolo “Danza cieca”, in scena insieme al danzatore non vedente Giuseppe Comuniello.
E non è un caso che questo lavoro si presenti sempre in associazione al laboratorio.
Guardare uno spettacolo che esplora il gesto e la tattilità diventa un’esperienza ancor più significativa se le persone sperimentano su di sé cosa voglia dire toccare ed incarnare un gesto.
Una lezione, chiaramente, non può essere esaustiva di un percorso lungo anni di ricerca, come non lo può essere la visione di uno spettacolo o la lettura di un libro (“Danza cieca, di Virgilio Sieni”, a cura di Delfina Stella, Cronopio 2022), ma sicuramente ne è testimone, traccia, impronta.
Il modo in cui l’uomo abita il mondo, lo sguardo che vede e guida il movimento, il passo che attraversa lo spazio, il respiro che ne scandisce il ritmo, il gesto che nella relazione con l’altro diventa azione concreta: sono questi gli elementi che, in appena due ore, i partecipanti hanno la possibilità di toccare con mano, guidati dal calore e dall’umanità di un grande maestro. Poco importa se i partecipanti siano danzatori o meno, giovani o anziani, ognuno può esplorare le proposte di movimento a partire dalla propria fisicità e bagaglio d’esperienze.

“Danza cieca” vede in scena lo stesso Sieni insieme a Comuniello in un duetto in penombra, in cui i corpi ricercano perennemente il contatto l’uno dell’altro, avvolgendosi, guidandosi, abbracciandosi, proteggendosi.
La scena è vuota e al posto del classico tappeto-danza in linoleum ne troviamo uno in cartone, che sottolinea il fruscio dei piedi in cerca dell’appoggio a terra. La luce arriva da un unico punto, situato esternamente alla scena: una finestra che, quando si apre, illumina timidamente con il suo bagliore e che, nell’incontro coi corpi, crea mutevoli disegni di ombre allungate.
La presenza della musica elettronica non sempre sembra in sintonia con la delicatezza della danza, che vorrebbe enfatizzare per contrasto. Una danza concreta, fatta di relazione, reciprocità e fiducia, dove i movimenti scaturiscono dalla comprensione dell’altro, dei limiti e delle possibilità che la diversità offre, senza retorica o senza esibizione della stessa.
A fine spettacolo gli artisti si trattengono in sala per un colloquio con il pubblico, che con curiosità porge alcune domande circa la nascita di questo lavoro e la sua fase di creazione.

Danza cieca (ph: Davide Piferi De Simoni)
Danza cieca (ph: Davide Piferi De Simoni)

La volontà di Periferico di dedicare uno spazio al dialogo con le persone è stata ampiamente raccolta da Altrevelocità che, per l’occasione, ha allestito un muro partecipato lungo quattro metri, nella sala principale di Ovestlab. Qui chi voleva poteva lasciare una testimonianza circa la propria esperienza del festival, un’impressione, una sensazione, una riflessione.

Nel complesso Periferico appare un festival genuino; forse non tutte le proposte risponderanno al gusto degli addetti ai lavori (del resto il divario artistico tra alcune compagnie è innegabile), ad ogni modo quel che emerge è la capacità di Periferico di rispondere alle necessità della propria comunità di riferimento, riuscendo a valorizzarne la memoria, dando spazio alla necessità di cambiamento ed esplorando nuove forme di aggregazione e integrazione tra le persone. Ed è forse questo uno dei motivi che ha portato Collettivo Amigdala in nomination per l’organizzazione ai Premi Ubu 2022.

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