Pilade. Giorgina Pi nel teatro di Pier Paolo Pasolini

Pilade (ph: Guido Mencari)
Pilade (ph: Guido Mencari)

Il collettivo Bluemotion, in collaborazione con Angelo Mai, ha presentato in prima assoluta il nuovo spettacolo nell’ambito del progetto “Come devi immaginarmi” dedicato all’intellettuale nato a Bologna

Nel fecondo e composito progetto “Come devi immaginarmi”, ideato da Valter Malosti e Giovanni Agosti per celebrare i 100 anni della nascita di Pasolini, è stato chiesto a una nuova generazione di artisti di mettere in scena le sei opere scritte dal grande intellettuale italiano.

Dopo il “Calderon” affidato a Fabio Condemi, è arrivato il turno di “Pilade” proposto da Giorgina Pi, del resto non nuova a misurarsi con il mito e la tragedia dopo il felicissimo esordio di “Tiresias”, proseguito nel 2022 con “Lemnos”. 
“Pilade” fu concepita nel 1966 e pubblicata su “Nuovi Argomenti” l’anno successivo, prima di esordire sulle scene nel ‘69. Pasolini scrisse l’opera dopo aver completato la traduzione dell’Orestea di Eschilo, di cui “Pilade” è in qualche modo il continuum, imbevuto al contempo di alcuni topoi del suo immaginario e della sua concezione del mondo.

Sulla scena è infatti messa in campo, nel rapporto tra Oreste e Pilade, un tempo amici fraterni, una netta contraddizione, una diversissima visione della realtà. Così Oreste e Pilade, dopo l’assassinio di Clitemnesta e la pacificazione operata dagli Dei, presagiscono per la loro città, Argo, due destini assai differenti: Oreste, dopo aver imposto il culto di Atena come nume tutelare della città, avendo convinto anche la sorella Elettra, vuole darle un’impronta votata ad un progresso compulsivo di matrice capitalista, mentre Pilade è convinto – pasolinianamente e con un occhio a Gramsci – che si debba agire sempre nell’ottica di un cambiamento possibile contro un presente basato, ancora e sempre, sullo sfruttamento, così come crede che debba esserci un’àncora legata saldamente al passato, perché dimenticarlo potrebbe essere pericoloso, con la possibilità che le stesse benevole Eumenidi possano nuovamente trasformarsi in Erinni, tornando a tormentare Argo.

E proprio la città di Argo Giorgina Pi la reinventa come un luogo remoto, dimenticato da Dio, ai margini della metropoli, fra carcasse di automobili, roulotte e pile di copertoni.
Le Eumenidi diventano corpi transessuali, mentre i contadini della tragedia pasoliniana sono lavoratori neri sfruttati, la cui seconda generazione viene rappresentata dalla giovane attrice italo-ghanese Cristina Parku, che traduce le notizie che in somalo le vengono date dall’antico e indimenticato padre, qui incarnato da Anter Abdow Mohamud.

Con felice invenzione ogni personaggio viene posto direttamente in scena con la sua identità e il suo particolare sguardo. Giorgina Pi si affida per questa nuova impresa soprattutto all’Oreste del sempre più convincente Gabriele Portoghese e dell’adeguato Pilade di Valentino Mannias. I due sono vestiti elegantemente di nero, rappresentanti contemporanei di una nuova generazione che interpreta altrettante diverse idee del mondo, e che vede apparentemente trionfante Oreste, che con il culto del progresso e una visione legata solo al futuro vuole cambiare identità alla polis. Ma nella sua visione ogni cosa vive indistintamente in una oscurità in cui non ci sono eroi, perché tra vittoria e sconfitta, tra bene e male, non c’è più differenza.
Così Oreste, temendo le idee diverse e le critiche di Pilade – percepite come un attacco alla propria autorità -, porterà guerra all’amico, che sarà costretto all’esilio, alla ricerca di un altrove ancora sconosciuto in cui realizzare la propria opposta visione del mondo.

La dittatura della ragione seguita da Oreste e imposta da Atena (Sylvia De Fanti), rappresentata come una virago con tacchi a spillo, così consolatrice e colma di false speranze, vieterà alla città ogni possibilità di cambiamento verso un progresso realmente sostenibile. 

Come avevamo già sottolineato per “Calderon”, è difficilissimo rendere sulla scena con efficacia il teatro di Pasolini, legato com’è ad una parola continua ed incalzante, sempre significante nella condanna di una realtà unicamente votata al profitto. Un teatro che tuttavia rifugge alla varietà di una rappresentazione composta da avvenimenti che si susseguono l’un l’altro, non consentendo a chi lo mette in scena la possibilità di invenzioni legate al loro svolgersi.

Giorgina Pi, coadiuvata dal dramaturg Massimo Fusillo, tenta questa impresa, seppur con qualche difficoltà, reinventando un mondo “altrove” dai connotati significanti, anche se non sempre facilmente riconoscibili, e popolato da una umanità diversificata che si rivolge alla generazione di cui fa parte, immersa in una realtà in cui gli intendimenti di Pasolini si sono dimostrati illusori e non ascoltati.

Pilade
di Pier Paolo Pasolini
uno spettacolo di Bluemotion
regia, scene, video Giorgina Pi
con (in o. a.) Anter Abdow Mohamud, Sylvia De Fanti, Nicole De Leo, Nico Guerzoni, Valentino Mannias, Cristina Parku, Aurora Peres, Laura Pizzirani, Gabriele Portoghese
e con Yakub Doud Kamis, Laura Emguro Youpa Ghyslaine, Hamed Fofana, Marthe Nguepie Fouondjio, Abram Tesfai
dramaturg Massimo Fusillo
ambiente sonoro Collettivo Angelo Mai
musica e cura del suono Cristiano De Fabritiis – Valerio Vigliar
disegno luci Andrea Gallo
costumi Sandra Cardini
assistente alla regia Giorgio Zacco
direttrice di scena Paola Castrignanò
immagine ©Mattia Zoppellaro/Contrasto
fotografie di scena Guido Mencari
produzione Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, Teatro Nazionale di Genova
in collaborazione con Angelo Mai e Bluemotion
nell’ambito del progetto Come devi immaginarmi dedicato a Pier Paolo Pasolini

durata: 2h + più intervallo

Visto a Bologna, Arena del Sole, il 19 febbraio 2023
Prima assoluta

 

 

Scarica il Daily K di questo articolo

0 replies on “Pilade. Giorgina Pi nel teatro di Pier Paolo Pasolini”
Leave a comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *