Pour un oui ou pour un non. Orsini e Branciaroli sull’amicizia

Pour un oui ou pour un non (photo ©Amati Bacciardi)
Pour un oui ou pour un non (photo ©Amati Bacciardi)

Al Piccolo Teatro di via Rovello a Milano, dove assistiamo allo spettacolo, è allestita – nel foyer – una mostra di foto, abiti e oggetti vari per ricordare Giorgio Strehler nel centenario della nascita. E accanto a noi, in platea, per caso, Ferruccio Soleri, il suo storico Arlecchino.

Quando si apre il sipario la “strehlerità” si rende nuovamente tangibile, anche se Umberto Orsini e Franco Branciaroli con Strehler forse non hanno mai lavorato. L’impronta dello spettacolo, tuttavia, ci porta in quell’universo.

“Pour un oui ou pour un non” di Nathalie Serraute è l’abito su misura che i due interpreti si sono cuciti addosso. Un nonnulla è la traduzione in italiano del titolo. La Sarraute, scrittrice francese della seconda metà del Novecento, nella sua pièce più rappresentata mette al centro la forza delle parole, chiedendosi come possano i “non detti” guastare un rapporto d’amicizia.
I due protagonisti sono maestri manipolatori di ogni singola sillaba pronunciata. Il loro dialogo non è uno scambio di battute ma un duello all’ultimo diaframma. Difficile non cogliere distintamente un recitato inattaccabile e non esserne in qualche modo toccati. Lo spettacolo, in un certo senso, viene dopo.

Due vecchi amici si ritrovano a casa di uno, il puntiglioso (Orsini). Qui l’altro amico, apparentemente accomodante e intimorito (Branciaroli), si reca per chiarire il motivo del loro non rivolgersi più la parola. Scoprono così che non c’è un vero e proprio fattore scatenante, ma una diversa sensibilità di entrambi a come alcune piccole esclamazioni vengono pronunciate. Un pretesto azzeccato per dare il via ad una serie di battibecchi che si muovono a cavallo fra teatro dell’assurdo e commedia.

L’appartamento nel quale si svolge l’azione riproduce un salotto contemporaneo con una libreria sullo sfondo piena di libri bianchi, come bianco è il colore della struttura stessa. A sinistra una grande finestra è il solo legame con l’esterno, dal quale provengono i suoni della città.
La regia di Pier Luigi Pizzi (che firma anche scene e costumi, in questo ritorno alla prosa) lascia ampio spazio alle scelte degli attori, mentre i movimenti e le azioni sono estremamente lontane dall’età anagrafica degli interpreti.
Nel duellare verbalmente, Orsini prende il tablet con il quale videochiama una coppia di altri amici, comicamente costretti ad avvalorare la sua tesi. In un altro momento salta in piedi sul tavolo del salotto per riportare con il gesso, sul muro nero usato a lavagna, un concetto che vuole evidenziare. Interessante rilevare non solo come questo non crei nessun problema all’attore (classe 1934), ma anche come l’età reale sia totalmente impercettibile all’occhio dello spettatore. Si crede che i protagonisti dello spettacolo siano due eleganti signori sulla settantina, e questo avvalora la tesi che Branciaroli e Orsini siano il vero e unico motore dello spettacolo.

«Hanno tutti successo – ha dichiarato Orsini di recente alla rivista Rolling Stone riferendosi al teatro contemporaneo – Per questo noi stiamo cercando finalmente un clamoroso insuccesso».
E Branciaroli: «Non ce la faremo mai…».
In scena fino al 30 gennaio.

Pour un oui ou pour un non
di Nathalie Sarraute
regia, scene e costumi Pier Luigi Pizzi
con Umberto Orsini e Franco Branciaroli
una produzione Compagnia Orsini e Teatro de Gli Incamminati
in collaborazione con il Centro Teatrale Bresciano

durata: 1h 10′
applausi del pubblico: 3′ 29”

Visto a Milano, Piccolo Teatro Grassi, il 14 gennaio 2022

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