Francamente me ne infischio. E Latella riparte da Rossella

Francamente me ne infischio - Twins
Francamente me ne infischio - Twins
Francamente me ne infischio – Twins (photo: antoniolatella.com)

Rossella – nome italianizzato di Scarlett -, è la figlia viziata di un ricco proprietario terriero, così testarda da diventare una “ribelle”, e con un fascino tale da attrarre due fratelli in un colpo solo, eppure troppo innamorata di un terzo uomo; tanto da tallonarlo per tutta la vita, fino ad averlo, per poi capire che era solo un capriccio.

Più o meno è questo il cuore del personaggio protagonista di uno dei romanzi più venduti di tutti i tempi, caso editoriale e poi colossal cinematografico “sbanca Oscar”, opera prima e unica dell’altrettanto mitica Margaret Mitchell, il cui titolo cita il “via col vento” in versi di Ernest Dowson.

È proprio Rossella O’Hara il personaggio di finzione usato da Antonio Latella e Federico Bellini per costruire l’articolata drammaturgia di “Francamente me ne infischio”, ispirato a “Via col vento”, secondo impegno della compagnia Stabile/Mobile.
Presentato lo scorso ottobre in anteprima a VIE, il lavoro è diviso in cinque “movimenti”, ma è un work ancora in progress, composto al momento da “Twins” e “Atlanta”.

Il debutto di “Twins” al Teatro i di Milano, che ha ospitato Latella e compagnia per tre giorni, è stato un passaggio fugace ma non certo inosservato: forse influenzato dal clima di guerra civile che incornicia il romanzo, il pubblico si è diviso tra “nordisti” appagati e “sudisti” incontentabili: “La solita lagna antiamericana”, “ipocrita e demagogico”, addirittura!

Che il teatro di Latella sia legato a certi temi è vero (e a dimostrarlo ci sono i suoi Fondamentalismi), come è indubbio, praticamente evidente, ormai “riconoscibile”, il suo stile (dal gusto per la provocazione fino a quello per i collant colorati).

Ciò nonostante, lo sbadiglio davanti a “Twins” non è giustificato, e l’accusa di demagogia si sgretola, inconsistente, davanti alla particolare resistenza delle interpreti e all’originale lavoro di drammaturgia che, magari per qualcuno non salta all’occhio, ma fonda lo spettacolo.
La capacità di condensare in immagini, tanto forti quanto efficaci, un punto di vista particolare e, proprio attraverso questa sintesi, arrivare a toccare l’universale, è quel modo potente, e irresistibile, del fare teatro di Antonio Latella.

Il personaggio di Rossella è infatti il simbolo del “sogno americano”: la sua evoluzione ripercorre le tappe della storia di questo sogno, fino al risveglio, quando “il male che fa la guerra” si sente, e si capisce così che l’illusione è svanita.
Rossella, Valentina Vacca nei panni (bianchi, blu e rossi) di una Biancaneve maliziosa, è in realtà una povera isterica che protesta quando qualcosa va storto nel suo sogno e, al posto dell’amato Ashley (invocato “con orgasmo”), arrivano altri personaggi, come lei, protagonisti del “sogno americano”: Bart Simpson, King Kong e Joker, introdotti da una Eva in bikini a stelle e strisce che, tenendo in mano la Apple (mangiata), chiede ad Adamo “rinnega tuo padre”, proprio come farebbe Giulietta.
Sono come lei personaggi immaginari, prodotti di una finzione (più o meno letteraria), ma così famosi da essere usciti dal loro contesto, fino a diventare i migliori simboli della realtà. Certo sono prodotti di intrattenimento creati ad hoc, quindi fortemente caratterizzati, addirittura esagerati, eppure, in “Twins”, hanno il valore di personaggi storici. Prototipi di fabbrica hollywoodiana, idee semplici ma di grande appeal che hanno invaso il mercato europeo, rappresentano gli effetti irreversibili di un contagio.

La Storia lo dimostra, la vicenda di Rossella, i capitoli della sua crescita, lo palesano: ci vuole una vita perché la cocciuta arrivi ad ammettere che il suo amore era solo un’illusione. Delusa, si chiederà: “Perché finisce qui il mio libro? Potevo invecchiare come Marylin, uccisa da un sogno”. E a risponderle, entrerà la “divina”, anzi due, interpretate come tutti gli altri doppioni di “Twins” da Caterina Carpio e Candida Nieri.
“Sono copia della copia della copia della morta” puntualizza una, prima di aprire un monologo-digressione sugli effetti indesiderati da “sogno infranto”, come la depressione, che è “la cosa”, quella che “fa più paura di qualsiasi altra cosa”, e poi la violenza, la paura, la guerra-sacrificio degli uomini in nome di un dio.

Non manca niente in 90 minuti di una sintesi, straripante ma ordinata, insomma, fatta bene e difficilmente dimenticabile.

FRANCAMENTE ME NE INFISCHIO 1. TWINS
drammaturgia: Federico Bellini e Antonio Latella
con: Caterina Carpio, Candida Nieri, Valentina Vacca
scene e costumi Marco Di Napoli e Graziella Pepe
musiche: Franco Visioli
luci: Simone De Angelis
movimenti: Francesco Manetti
regia: Antonio Latella
produzione: Stabile/Mobile Compagnia Antonio Latella, in collaborazione con ERT/Vie Scena Contemporanea
durata: 90′
applausi del pubblico: 2′ 18”

Visto a Milano, Teatro I, il 4 dicembre 2011

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