Bossini & Svanera, Mariela Petta, Fondo Perduto, CrepaMuro Teatro gli artisti selezionati per questa edizione
Nella stimolante programmazione di Incanti, festival di teatro di figura diretto da Alberto Jona della compagnia Controluce, che frequentiamo da oltre 20 anni e che si è tenuto dal 30 settembre al 13 ottobre a Torino, quest’anno abbiamo privilegiato la visione di nuove creazioni, alla loro prima “uscita”, presentate all’interno del Progetto Cantiere – spazio libero alle idee, una sezione dedicata alle compagnie emergenti che utilizzano il teatro di figura come linguaggio principale.
Promosso dal festival (insieme a CTA di Gorizia, Teatro del Drago di Ravenna, Micro Macro di Parma e Is Mascareddas di Cagliari) Cantiere si configura come un vero e proprio progetto, sostenuto da cinque festival nazionali organizzati da altrettante compagnie e uno internazionale (La Tartana), che non solo presenta spettacoli ma che vuole essere, attraverso residenze e incontri artistici, un proficuo accompagnamento alla realizzazione di nuove creazioni.
A Torino, alla Casa del Teatro Ragazzi e Giovani, abbiamo visto quattro spettacoli ancora in fase di definizione, scelti dalla condivisa direzione artistica dei partner del progetto tra le numerose proposte che, per la prima fase conoscitiva, sono state visionate a Ravenna, in apertura del festival internazionale Arrivano dal Mare. All’artista o compagnia più interessante verrà anche offerta una residenza presso il Centro de Titére di Madrid in collaborazione con La Tartana Teatro.
Quattro come detto le performance presentate: “Médomai”, “Hijos de rigor, una ferita aperta”, “Spoglie” e “Questo non è un amore”.
La cucina, con le decine di oggetti e ingredienti di ogni forma possibile che la abitano, è sempre stata un ambiente formidabile per il teatro di figura. Tra i tanti spettacoli che ci vengono in mente, un’Aida verdiana pensata da Alfonso Cipolla per la compagnia Dottor Bostik e una performance dedicata a Salgari dei Sacchi di Sabbia. Per Cantiere, Rossana Bossini e Cristina Svanera in “Médomai” vi intendono ambientare, in modo ironico, la tragica vicenda di Medea, la sfortunata maga resa celebre da Euripide.
Sul un lungo tavolo, complici anche dei fornelli, si celebra il rito della preparazione del pranzo, dove Medea è una cipolla, e il vello d’oro lo zafferano, che farà felice Giasone, qua in forma di risotto.
Tra verdure tagliate, vino, alcool e fuoco che brucerà la povera Glauce, la novella sposa di Giasone, rappresentata da un cuore di carne, alla fine gli innocenti figli della maga verranno sacrificati come due uova.
Una creazione di semplice e immediata fruizione che, posta in mano a un occhio esterno, eliminate alcune ingenuità che la attraversano, potrebbe diventare un coinvolgente spettacolo di ottima fattura.
Dalla cucina si muove in parte anche l’argentina Mariela Romina Petta per raccontare, in “Hijos de rigor”, una ferita aperta, la sua vita colma di asperità, che l’ha vista migrare dal paese natio, governato dai militari, sino all’arrivo in Italia.
Al contempo con leggerezza e ironia, partendo dall’infanzia, Mariela traccia di sé un percorso di maturazione esistenziale. Sul piccolo palcoscenico su cui si svolge lo spettacolo, la madre prende la forma di una grande pentola, il nonno di un bicchiere, il padre di una semplice pinza, lei e suo fratello di altre pignatte di dimensioni e forme diverse, mentre, per rappresentare la dolcezza della nonna che cura le ferite, basta un semplice fazzoletto.
La piccola storia si mescola forse in modo troppo fugace con la grande (la presenza dei militari con uno stivale) in una narrazione ben costruita con gli oggetti, che avrebbe bisogno, secondo noi, di una maggiore varietà di accenti e adesione emotiva nelle parole.
Eccoci poi a “Spoglie” di Fondo Perduto, progetto colmo di diverse, bellissime e sorprendenti visioni, ancora da coordinare e rendere più comprensibili, pur nella loro grande suggestione, che hanno come protagonista delle ossa portate in scena, si presume da un macellaio.
Eleonora Bracci, Adele Cammarata, Alessia Dinoi e Matteo Nifosì (quattro performer giovanissimi) disseminano in un buio accecante una grande varietà di immagini e visioni che, partendo da quelle semplici ossa, ci trasportano in un mondo ancestrale in cui fa capolino anche una schiena, che fa da corona ad una congerie di suggestioni e di simboli. E prima del buio finale qualcosa prende vita da quel mucchio inerte, presagendo – speriamo – nuove possibilità di visioni, che possano dare significato compiuto al già prezioso materiale offerto allo spettatore.
Infine eccoci al progetto che ci è sembrato più compiuto, già pronto per essere proposto al pubblico: “Questo non è un amore” di CrepaMuro Teatro. Scritto con il cileno Sebastián Pastén, che ne firma anche la regia, Matteo Amoruso, su un piccolo tavolo, attraverso una storia che profuma di tabacco, ci trasporta in un mare: qui su una barca, rappresentata da una scatola di zolfanelli, si consumano storie di passione e di migranza. Attraverso pochi oggetti, fra cui tre pipe, Matteo, rimembrando la famosa frase di Magritte “Ceci n’est pas une pipe”, ci avverte che quello che vedremo non corrisponde a quello che è, ma a quello che vuole rappresentare, idea che sta a pennello con il teatro di figura. E infatti i protagonisti “umani” di quello che vedremo rappresentato sono tre pipe di fattura diversa, di radica, di schiuma di mare e di granoturco, che fanno riferimento ad altrettanti diversi personaggi. Tutti i pochissimi oggetti presenti e che si riferiscono al fumo (una scatola, il tabacco, degli zolfanelli, delle cartine…) prendono vita per mezzo di una narrazione sempre viva e confacente. Lo spettacolo vive su tanti livelli, a cui l’interprete dona sempre la giusta intonazione: una straziante storia d’amore, l’epopea tragica dei migranti che bruciano senza scampo impotenti fiammiferi, il mercato sporco del tabacco, il fumo come passione e vizio rivivono su un piccolo palcoscenico, dimostrando ancora una volta come il teatro di figura abbia in sé una forza immaginativa di valenza straordinaria.