“Pupe di pane” di Accademia Mediterranea dell’Attore. Nel rito della panificazione, l’anima del Salento

Pupe di pane (ph: Alessandro Corciulo)
Pupe di pane (ph: Alessandro Corciulo)

Curata da Franco Ungaro con la regia di Tonio De Nitto, la performance ha chiuso il 2022 a Lecce in occasione dell’evento “Cortili Aperti”

“Pupe di pane”: sembra un rito già dal titolo, così eufonico e con quell’allitterazione. Con la scansione binaria di consonanti e vocali. E l’allusione a tradizioni salentine arcaiche, a feticci di cibo quasi apotropaici, a una mistica popolare che propone il principale alimento dei poveri come base della vita materiale e spirituale.

“Pupe di pane” è la performance sul pane e le sue storie che Ama (Accademia Mediterranea dell’Attore) ha messo in scena a Lecce nelle scuderie di Palazzo Tamborino Cezzi, in occasione dell’evento “Cortili Aperti” promosso dal Comune e dall’associazione Dimore Storiche.
Ideata, scritta e interpretata da Benedetta Pati, Giulia Piccinni, Antonella Sabetta, Carmen Ines Tarantino e Veronica Mele (con Angelica Dipace), la performance curata da Franco Ungaro e diretta da Tonio De Nitto condensa in 25 minuti il rito della panificazione, che ancora qualche decennio fa era una sorta di cerimoniale collettivo. In questo lembo del Tacco d’Italia, ma anche nell’intero Mezzogiorno, intorno al pane si creava una comunità matriarcale, e una relazione prima umana e solidale, poi lavorativa.

Una semplice tavola di legno come scenografia sotto le volte a stella della scuderia di questo palazzo tardo-rinascimentale. Cinque donne come vestali. I suggestivi costumi di Lilian Indraccolo, del colore della carne e della farina bigia, sono tonache di un Novecento arcaico che guarda ancora più indietro, a una storia bimillenaria.
Liturgia di sguardi e di scambi, di gesti e di canti. Suoni generati dalle mani, dalle braccia, dal ventre, dai piedi e dai vestiti. Passaggi di consegne e scambi di pizzicotti, come quelli che si imprimevano sull’impasto come segni distintivi. Perché una volta il pane si portava al forno pubblico, e la fornaia doveva riconoscere una per una le forme modellate dalle sue clienti.

“Pupe di pane” è una performance sinestetica e cinestetica, che prende il nome dalle bambole di pasta di pane che anticamente le mamme e le nonne salentine fabbricavano prima di Pasqua come regalo semplice per i bambini. È una performance sinestetica perché usa i cinque sensi: piccole trecce dorate e fragranti delizieranno a fine spettacolo i nostri palati. È una performance cinestetica perché siamo pervasi dalla sensazione dei movimenti del corpo delle performer, della loro capacità di controllarli e armonizzarli in una composizione corale.
Entriamo in un mondo immacolato, reale perché immaginifico, fatto di farine e impasti, di lievito, acqua, sale, e attesa. Tatto, olfatto e gusto sono le porte della comprensione, esattamente come la vista e l’udito.
Dalle sensazioni alle emozioni. Siamo pervasi dall’euritmia di suoni legati al pane e a un Sud contadino le cui tracce restano impresse sui volti antichi di queste giovani donne, e tracimano nelle loro narrazioni.
Una convivialità eucaristica. La mattrabbanca (una sorta di tavolo-madia) come un altare. Grattare, strascinare. Pestare, battere, soffiare. Curare, custodire. Amalgamare, appiattire l’impasto, e il ritmo collettivo riproduce lo sferragliare assorto di una locomotiva.
L’attesa come preghiera. Il miracolo della lievitazione. L’infornata. La sfornata. Il pane come bene, oggetto di fatica e delicatezze. “Compagno” deriva da cum pane: è colui con cui dividiamo il cibo.

I racconti lambiscono l’epoca del fascismo e della guerra. Miseria e fatica. La tessera annonaria. Le bucce dei lupini usate come surrogato della farina. Il pane che non si butta mai e si benedice sempre. E poi storie di lotte e di caduti, che sembrano l’assalto ai forni dei “Promessi Sposi”.
Il pane e le rose. Infine, i meravigliosi canti a cappella di quest’orlo di Magna Grecia, in una lingua atavica che risale a Messapi e Iapigi.
L’anima e il corpo. Uno spettacolo fra sacro e tradizione. Il dialetto salentino che è una sorta d’ambasceria mediterranea. Nel 2019 AMA era a Matera, capitale europea della Cultura, capitale italiana del pane con la vicina Altamura.

Nel 2021 “Pupe di pane” ha ricevuto il Premio come miglior performance teatrale al Festival internazionale Nišville Jazz Theater 2021, in Serbia. Nel 2022 ha partecipato al Festival Internazionale Skampa in Albania. Perché niente più del cibo crea comunità, e le premesse di un linguaggio universale assai vicino alla pace.

PUPE DI PANE
Con Benedetta Pati, Giulia Piccinni, Antonella Sabetta, Carmen Ines Tarantino, Veronica Mele
Regia: Tonio De Nitto
Costumi: Lilian Indraccolo
Cura e coordinamento: Franco Ungaro
Produzione: AMA- Accademia Mediterranea dell’Attore

Durata: 25’
Applausi del pubblico: 2’ 30”

Visto a Lecce, Palazzo Tamborino Cezzi, il 30 dicembre 2022

 

 

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