Del Bardo inglese, interessante e riuscita nella sua composita realizzazione ci è sembrata una delle ultime produzioni in tournée, la messa in scena di una delle sue opere più particolari e forse meno rappresentate, “Le allegre comari di Windsor”.
Al centro del plot narrativo di questo capolavoro giganteggia (in tutti i sensi) la figura di Sir John Falstaff, epico gentiluomo – si fa per dire – in su con gli anni e con la pancia che, a corto di denaro, decide di corteggiare due ricche donne sposate, la signora Ford e la signora Page, inviando loro due identiche lettere d’amore.
L’ intento dell’uomo, naturalmente, è quello di arrivare al denaro posseduto dalle due signore. Da qui nascono intrecciate e gustosissime avventure, spesso venate di rimpianti, che vedono il nostro protagonista vittima suo malgrado di sberleffi e raggiri.
A lato della figura di Falstaff, di cui ci ritornano nella memoria come riferimenti ineguagliabili l’opera di Verdi ed il film di Orson Welles, viaggiano le speranze di Anna, la giovane figlia dei coniugi Ford.
Abituati ad aver a che fare con i turbini dell’adolescenza, Valeria Cavalli, che cura la drammaturgia, e Claudio Intropido alla regia, con acuta e illuminata sensibilità fanno raccontare il tutto proprio ad Anna, a cui padre e madre vorrebbero assegnare mariti diversi ma altrettanto ingrati alla fanciulla (ma perché è sparito Fenton, l’innamorato vero di Anna?).
Agli occhi della ragazza la città di Windsor, ricostruita con pochi ed efficaci elementi dallo stesso Intropido, è percepita come un crogiuolo di falso perbenismo, dove Anna e Falstaff finiscono per essere le vere vittime di un mondo ipocrita e conformista che ben viene descritto, come è evidente nel concertato finale: “Che tutto torni come all’inizio, torni il buonsenso e anche il pregiudizio che ogni cosa sembri sempre a posto, anche se in fondo tutto è fuori posto, che tutto torni all’apparenza, le tradizioni e la riverenza noi non vogliamo avere in casa mostri, e tutto il resto sono fatti nostri. Perché basta solo un momento sei convinto d’essere il più scaltro, ma tra chi inganna e chi viene ingannato forse tu non siedi al posto giusto ma ora, ora è meglio andare ma si guarda è meglio andare la vita a volte è un po’ beffarda dacci retta ora meglio andare altrimenti l’ora si fa tarda”.
Quelli di Grock imbandiscono, complici le pertinenti musiche e canzoni di Gipo Gurrado (che ci ricordano in qualche modo il pucciniano Gianni Schicchi) ed i costumi grotteschi di Anna Bertolotti, una commedia musicale dai toni farseschi, forse con qualche eccesso caricaturale di troppo, ma davvero divertente, dove gli elementi della scena riescono ad essere calibrati per uno spettacolo godibile per tutto il pubblico.
Gli attori assecondano convenientemente il buon risultato, a cominciare da Pietro De Pascalis nel ruolo di Falstaff ma sono tutti da segnalare: da Fernanda Calati, Giulia Bacchetta e Cristina Liparoto alla giovanissima Elisa Rossetti, sino a Max Zotta e Marco Oliva, mentre Andrea Robbiano e Simone Severgnini sono i simpatici gaglioffi che assecondano quasi sempre il maldestro protagonista.
Le allegre comari di Windsor
di: William Shakespeare
traduzione: Valeria Cavalli
adattamento: Valeria Cavalli
regia: Valeria Cavalli, Claudio Intropido
assistente regia: Daniela Quarta
scenografia: Claudio Intropido
costumi: Anna Bertolotti
assistente costumi: Stefania Coretti, Sanne Oostervink
musiche: Gipo Gurrado
disegno luci: Claudio Intropido
direzione tecnica: Walter Intropido
con: Giulia Bacchetta, Fernanda Calati, Pietro De Pascalis, Cristina Liparoto, Marco Oliva, Andrea Robbiano, Elisa Rossetti, Simone Severgnini, Max Zatta
durata: 2h 30′
Visto a Como, Teatro Sociale, il 16 marzo 2012