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Rami d’ORA 2024: sotto le Orobie, il festival a tu per tu attore-spettatore

You, elsewhere (ph: Pier Paolo Zimmermann)

You, elsewhere (ph: Pier Paolo Zimmermann)

Intervista doppia con Erica Meucci e Francesca Siracusa, condirettrici della rassegna valtellinese di performance, laboratori ed esperienze in natura al termine della IV edizione

Avvicinare la natura e il paesaggio attraverso il teatro. Sviluppare una connessione più profonda con il bosco e il mondo naturale, interagendo in modo libero e creativo. Ridisegnandosi attraverso la creazione e il supporto di spettacoli teatrali dal vivo. Diventando comunità attraverso la condivisione di esperienze e sfide.
Si è chiusa il 30 giugno la IV edizione di Rami d’ORA ideata dal Collettivo Laagam. Dal 24 maggio, sei weeekend di performance, laboratori ed esperienze in natura, al cospetto delle Alpi Orobie che degradano verso la Valtellina. Tra faggi, larici, abeti, praterie e pascoli d’alta quota. Sotto lo sguardo vigile dell’aquila e della pernice bianca.
Abbiamo voluto conoscere meglio le ideatrici e direttrici artistiche della rassegna, la performer e creatrice artistica Erica Meucci, e la performer e coreografa Francesca Siracusa.

Erica Meucci, puoi tracciare un bilancio di questa edizione del festival?
EM: La quarta edizione è stata per noi il compimento di qualcosa. Siamo scesi dal bosco per invadere anche le piazze e le strade dei paesi. È stata una bella sensazione. Ci piace ritirarci e lasciare che sia il pubblico a venire da noi, ma quest’anno avevamo proprio qualcosa da dire. Volevamo mostrarci ed essere noi a incontrare le persone. A volte questo è riuscito meglio e altre volte meno, ma tantissime persone ci hanno fermato per dirci che finalmente ci avevano conosciuto, avevano visto la rassegna e che era da tanto che avrebbero voluto farlo. È come se avessimo bussato noi alle porte, portando gli spettacoli da Tirano fino a Morbegno. La fatica c’è stata perché il team produttivo è composto solo da 3 persone (io, Francesca Siracusa, co-direttrice artistica, e Riccardo Olivier, project manager). Però abbiamo dei fantastici volontari e un nutrito numero di amici che ci sono venuti a trovare, senza i quali non sarebbe stato possibile tutto questo.

Come vedi la prossima edizione? Ci state già lavorando?
EM: Ammetto che dopo questa meravigliosa quarta edizione mi sono dimenticata di tutto, tanto sono felice e non saprei dire. È un festival che cresce e la cosa più bella sono le collaborazioni lavorative. Voglio molto bene al team di ORA e anche se ciascuno di noi viene da parti diverse, c’è qualcosa che ci rende molto simili. Per noi è stata bellissima la relazione con Sara Pizzinelli e Nicolò Mingolini, grafici di Cesena, con Alice Nedrotti giovanissima responsabile della logistica, con Lara Franzini coordinatrice dei volontari e vera ‘anima della festa’, con Sara Prandoni la nostra addetta stampa e con tanti altri che ora non riesco ad elencare. Siamo cariche perché vicino e lontano abbiamo grandi sostenitori del progetto che ci fanno capire che è il momento di andare avanti.
Abbiamo già quasi chiuso il programma dell’anno prossimo, sull’onda dell’entusiasmo del festival appena concluso. Tornerà dopo il grande successo il format di spettacolo per una persona alla volta e sicuramente il solstizio sotto le stelle. Per il resto speriamo di potervi dire presto di più!

Qual è la particolarità di Rami d’ORA rispetto ad altri festival che interagiscono con scenari naturalistici?
EM: Rami d’ORA appare nei mesi estivi come un festival e un momento di festa in cui conoscere da vicino il lavoro di artisti nazionali e internazionali, ma in realtà è una fitta rete sotterranea di relazioni che vengono nutrite tutto l’anno. Il desiderio di trasferirmi a vivere qui è nato proprio dalla volontà di prossimità con i luoghi che il festival abitava temporaneamente e soprattutto con i suoi abitanti. Non scegliamo i luoghi del festival solo per motivi estetici o naturalistici, ma proprio per la storia che hanno o per valorizzare le realtà virtuose che li tengono in vita. Per esempio, quest’anno una data è stata organizzata alla Comunità Minori Gabbiano di Morbegno al termine di un percorso di quasi quattro mesi con i ragazzi che hanno incontrato prima Agnese Gabrielli ed Elisabetta Da Rold con il laboratorio “Consenso, possiamo parlarne?”, poi gli artisti romani Fabritia D’Intino con Federico Scettri in residenza con “Medusa – the Invisible dance” e infine il collettivo trentino Azioni Fuori Posto con cui hanno realizzato la traccia musicale della performance “Perspectiva”. Il nostro è un lavoro di cura, e la cura ha un tempo tutto suo che non si può forzare. Il vero valore di Rami d’ORA è per me la capacità di creare comunità temporanee dove il limite fra performer, direzione artistica, volontari, spettatori e coreografi è annullato. Un luogo dove è possibile un dialogo che sviluppa senso critico.

Uno scorcio del paesaggio che ha contornato il festival

Com’è andata con il pubblico e le istituzioni?
EM: Questa edizione ha visto per la prima volta il sostegno di più comuni, oltre a Piateda si sono aggiunti Sondrio, Tirano e Castione Andevenno. Per noi è segnale del fatto che è stato compreso il processo che stiamo facendo sul territorio e con il territorio e rispecchia anche un desiderio degli abitanti di avvicinarsi alle arti dal vivo, in particolare alla danza, che forse non ci aspettavamo. A volte non definiamo gli appuntamenti in programma come ‘danza’ perché pensiamo possa spaventare e perché troviamo inutile catalogare tutto; basta scrivere i titoli o i nomi degli artisti e le persone si fidano che troveranno un luogo accogliente, qualsiasi cosa sia. Credo si sia sviluppato un rapporto di fiducia fra noi e il pubblico, una sorta di tacito accordo. Magari a volte vedranno “cose un po’ strane”, come dicono alcuni anziani di Piateda, ma se dopo lo spettacolo trovi a tavola con te l’artista con cui chiacchierare passa ogni soggezione verso l’idea di dover comprendere ciò che si vede a tutti i costi. Rimane l’incontro umano, anzi ancor di più rimane l’incontro con l’alterità che forse è ancora più prezioso.

Qual è la particolarità di una residenza artistica in cui alterni momenti di convivenza e convivialità con altri artisti, a momenti di assoluta solitudine? È importante il silenzio nella creazione artistica?
EM: Parto dal silenzio. Per me non solo è fondamentale nel momento di creazione ma come sostegno nella vita. “La grazia può entrare solo dove c’è un vuoto a riceverla” dice Simone Weil in “L’ombra e la grazia”. Fare spazio a tutto ciò che è opposto alla pesantezza delle regole della materia è per me un atto creativo indipendentemente dal fatto che si riferisca alla vita o alla creazione artistica. Coltivare il silenzio e il vuoto vivendo tutto l’anno a Castellaccio pone una base in cui poter accogliere e ascoltare l’artista in residenza. Come un manto bianco dopo una nevicata su cui è possibile riscrivere tutto da capo. È bellissimo al termine delle residenze e del festival guardare come si è trasformato il manto, e tutte le impronte che ci sono.
I luoghi una volta che sono stati guardati e abitati cambiano. Una pietra a bordo strada dopo che è diventata la pietra su cui sedeva il musicista è diversa. Ed è bellissimo abitare in questo paesaggio di memorie invisibili.

Francesca Siracusa, ci puoi parlare di “you, elsewhere”, il lavoro che hai presentato a Rami d’Ora?
FS: “you, elsewhere” è il mio primo progetto coreografico effettivo. In seguito alla vittoria del bando SIAE “Per Chi Crea” ho avuto la possibilità di portare avanti una ricerca iniziata nella primavera 2023, insieme alle danzatrici Erica Meucci ed Eynav Rosolio e al musicista Simone Faraci. Il lavoro ha a che fare con l’attesa e l’enigma dell’alterità. Il titolo allude a quel luogo in cui possono approdare lo spettatore e le danzatrici, insieme, attraverso il tempo specifico della rappresentazione, un tempo dilatato e in controtendenza rispetto al tempo irrefrenabile della produttività. Il suono è stato fondamentale per apportare profondità all’esperienza percettiva: danza e suono si attendono o si preannunciano tra loro, ed insieme compongono l’esperienza audiovisiva. L’atto compositivo del gesto, del luogo della scena e del suono tendono ad un processo alchemico, gli elementi tra di loro si combinano e generano una trasformazione in chi agisce la scena e in chi la osserva. In “you, elsewhere” assistiamo al sorgere di una danza graduale che si dispiega e diviene simbolo di risoluzione e superamento di un conflitto. Alle danzatrici chiedo di attendere, di mettersi nella condizione di ascoltare dove sono, di cosa parla il loro respiro. Allora ogni attimo, per quanto coreografato, può rivelarsi e rivelarci la sua essenza. È un atto di resa.

Come cambia la percezione dello spazio, del tempo e delle atmosfere in Valtellina per un’artista meridionale come te?
FS: Io vengo dalla costa orientale della Sicilia. Sono legata al mare e alla lontana linea dell’orizzonte. A cieli vastissimi, cangianti. Alla luce abbacinante di estati torride e prolungate. Le atmosfere della Valtellina e i cieli disegnati dalle Alpi non mi appartengono in origine, ma ne riconosco il fascino e mi incutono anche un certo timore reverenziale. Nelle quattro edizioni della Rassegna Rami d’ORA queste atmosfere hanno rappresentato la possibilità di immaginare insieme ad Erica e Riccardo Olivier le nostre proposte artistiche lontane dai contesti teatrali. Operazione per nulla facile e scontata. Ogni anno ci domandiamo a lungo in che modo tessere un dialogo aperto con questi luoghi silvani e rocciosi, e con i loro abitanti originari, in che maniera avvicinarci senza fare troppo rumore, quale scorcio non abbiamo ancora considerato. Il bosco di ORA Orobie Residenze Artistiche è stato il luogo perfetto per il debutto outdoor di “you, elsewhere”.

Qual è il tuo prossimo progetto?
FS: Al momento stiamo lavorando alla distribuzione di “you, elsewhere” e alla sua versione indoor. Desideriamo proporre questa doppia veste che getta una luce differente al lavoro, perfettamente versatile in ambienti teatrali e non. Per il 2025/26 è già in cantiere un possibile solo.

Qual è la cosa più interessante che hai visto in questa edizione del festival?
FS: La programmazione è stata davvero variegata e siamo felicissime delle scelte che abbiamo compiuto per la Rassegna Rami d’ORA 2024. Quest’anno abbiamo ospitato anche una performance di circo contemporaneo, ambito del quale non sono molto esperta, e se dovessi dire cosa mi ha colpita personalmente, direi “Mavàra” di Chiara Marchese, artista circense (siciliana anche lei!), la cui specialità è il filo molle. Lo spettacolo è andato in scena nell’ultimo weekend della rassegna e ha portato con sé un’atmosfera di mistero, paura, curiosità ed infine gioia e libertà. Il pubblico era davvero variegato per età e provenienza e completamente rapito da questa triplice figura ideata da Chiara. La sua interpretazione è stata magistrale e il filo molle è stato uno strumento a servizio della drammaturgia.

Ci puoi tracciare un identikit del pubblico di Rami d’Ora? E tu, come sei cambiata – personalmente e artisticamente – operando in questo contesto?
FS: Il pubblico di Rami d’ORA è un pubblico davvero variegato e affezionato. Si tratta soprattutto di alcune persone della valle o delle valli vicine, che magari ci ha incontrate per caso in una delle precedenti edizioni e ha apprezzato la proposta decidendo di sostenerci, così tutte le volte che può torna e magari sparge la voce. Con le persone del luogo si creano dei legami speciali, spesso ci aiutano, qualcuno ci offre il proprio giardino per svolgere performance o laboratori. Addirittura lo scorso anno un signore ha cucinato per tutto il pubblico. Operare in un contesto così misurato è molto interessante e rincuorante: le persone sono molto dirette, le distanze sono labili e in molti hanno proprio il desiderio di partecipare attivamente, anche solo invitando le compagnie e bere un caffè a casa, come ha fatto la signora Elena di Albosaggia con la compagnia Azioni Fuori Posto. Questi episodi ti fanno capire che la nostra proposta culturale non è vista come invadente o fuori luogo, e ci da la conferma che stiamo andando in una direzione buona, in ascolto con il contesto. E poi ci sono sicuramente amiche ed amici che ci raggiungono, del settore culturale e non. Piano piano stiamo arrivando anche ad altre/i, soprattutto grazie alla collaborazione con i comuni vicini. Quest’anno, oltre alla storica collaborazione con il Comune di Piateda, abbiamo collaborato anche con i Comuni di Sondrio, Tirano, Morbegno, Albosaggia e Castione.

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