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Re Chicchinella. Emma Dante chiude la trilogia sulle fiabe di Basile

Ph: Masiar Pasquali

Ph: Masiar Pasquali

In scena al Piccolo Teatro di Milano fino al 28 marzo

Il Piccolo Teatro “stringe l’abbraccio”, normalmente più ampio, della platea dello Studio Melato in occasione della prima assoluta di “Re Chicchinella”, a chiusura della trilogia che Emma Dante ha dedicato alla messinscena delle fiabe del Basile de “Lo cunto de li cunti”, e composta dai precedenti “Pupo di zucchero” e “La scortecata“.
Le prime due tribune di divanetti vengono collocate frontalmente al luogo deputato all’azione, creando una maggiore intimità con chi osserva e un ulteriore scambio di sensazioni tangibili.

Lo spazio è inizialmente vuoto, non ci sono scenografie pre-installate e domina il nero delle quinte che si impasta con quello del fondale.
Tutta l’attenzione è quindi rivolta, da subito, sull’eccellente lavoro sul recitato. Gli attori si presentano inizialmente in gruppo, con in testa una maschera da gallina, nel silenzio, con il classico verso e movimento a scatti del capo.
E’ la “famiglia disfunzionale”, che trova nella corte l’apice della sua definizione, un insieme di gallinacce mal assortite e autoreferenziali. Fianchi allargati, capo coperto da cuffia, calzamaglia color carne contribuiscono all’annullo pressoché totale di qualunque indizio sessuale che distingua gli uomini dalle donne, gli uni dagli altri.

La storia è, come di consueto, ruvida. Una gallina si è introdotta nel sedere del protagonista, che, non avendola riconosciuta, ne aveva ingenuamente usato le piume per pulirsi dopo la defecazione. L’assurda situazione, apparentemente irrisolvibile, ha però un insperato risvolto positivo per la corte. Ogni volta che il re sente lo stimolo per evacuare, la Chicchinella che porta con sé dà alla luce un uovo d’oro.

Accanto alla dolorosa convivenza del sovrano con l’animale (che gli procura dolori indicibili), c’è la bramosia di chi lo circonda nel veder venir alla luce un nuovo piccolo patrimonio.
I dolori passano in secondo piano e il re, accortosi dell’inghippo, decide di non nutrirsi più, con la speranza di far morire la gallina che ha in sé.

Paggi, lacchè e ancelle non vedono di buon occhio questa scelta, che sancirebbe il termine della preziosa “fornitura”. Danno quindi vita a diverse, sublimi “tentazioni” a base di cibo e bevande, con l’obiettivo di far cedere le convinzioni del monarca e riportarlo a mangiare. Banchetti inizialmente raffinati, allestiti con tutti i crismi, ma poi depredati dal bon ton per lasciar spazio all’ingordigia esasperata, tipica dei ruspanti. L’eleganza del sorseggiare il vino o dell’assumere deliziosi antipasti da vassoi luccicanti, nella frivolezza di discorsi abbozzati e superficiali e in un grammelot francesizzante e “gallinesco” (che scimmiotta i salotti buoni), si trasforma in una bettola medievale, dove i pezzi di vivande vengono sputati reciprocamente in faccia.

Sono affreschi surreali, quelli che la Dante dipinge davanti agli sguardi divertiti e attoniti del pubblico. Vivono il tempo di una scena ma ci portano in un altrove difficilmente immaginabile e per questo sorprendente.

A Carmine Maringola il compito, pienamente assolto, di dar vita al re, circondato da personaggi nocivi alla sua stessa esistenza. E’ nudo il sovrano dolorante, coperto soltanto da un’ampia gonna di piume nere, dentro e dietro la quale cerca conforto dalla vergogna.
Gli spasmi diventano movimenti di assoluta bellezza nella precisione del ritmo e dei gesti, sempre uguali, che guardano al butoh. Vorrebbe sbarazzarsi dei suoi sudditi re Chicchinella, dipinto in maniera eccellente dalla regia, scolpito dai suoni meridionali delle parole del Basile, arricchito dalla forza di un corpo in tensione costante.
E’ anche una performance corale di figure in perfetta disarmonia, quella che prende vita in scena, per uno spettacolo sincero, totale, senza mezze misure: la conclusione eccellente di una trilogia che assolve anche al compito, non banale, di rendere comprensibile un linguaggio antico e complesso riportandolo agli antichi fasti che merita.

In scena a Milano fino a giovedì 28 marzo.

Re Chicchinella
libero adattamento da Lo cunto de li cunti di Giambattista Basile
scritto e diretto da Emma Dante
elementi scenici e costumi di Emma Dante
luci Cristian Zucaro
con Carmine Maringola (Re), Annamaria Palomba (Regina), Angelica Bifano (Principessa), Davide Mazzella (Paggio), Simone Mazzella (Paggio), Stephanie Taillandier (Dama d’onore), Viola Carinci (Dama di corte, Infermiera), Davide Celona (Dama di corte), Roberto Galbo (Dama di corte), Enrico Lodovisi (Dama di corte), Yannick Lomboto (Dama di corte), Samuel Salamone (Dama di corte, Dottore), Marta Zollet (Dama di corte, Infermiera), Odette Lodovisi (Gallina)
assistente ai costumi Sabrina Vicari
coordinamento e distribuzione Aldo Miguel Grompone, Roma
organizzazione Daniela Gusmano
coproduzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, Atto Unico/Compagnia Sud Costa Occidentale, Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, Teatro Stabile del Veneto – Teatro Nazionale, Carnezzeria, Célestins Théâtre de Lyon, Châteauvallon-Liberté Scène Nationale, Cité du Théâtre – Domaine d’O – Montpellier / Printemps des Comédiens

durata: 60′
applausi del pubblico: 4′

Visto a Milano, Piccolo Teatro Studio, il 13 marzo 2024
Prima assoluta

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