Al Teatro Comunale di Bologna quella strana sensazione di straniamento di fronte a due mostri sacri delle scene
A diversi decenni di distanza e in piena pandemia, Bob Wilson e Lucinda Childs tornano a lavorare insieme, uniti da una poetica che condividono da sempre. Eppure da “Einstein on the Beach” non sono passati soltanto molti anni, è trascorsa e cambiata un’epoca anche per chi, come loro, il tempo è abituato a vincerlo, travalicarlo.
Il titolo dello spettacolo-evento, “Relative Calm”, riprende un discorso cominciato all’inizio degli anni Ottanta a New York, in una performance che la celebre coreografa aveva portato in scena con Jon Gibson e per la quale Wilson aveva fatto le luci.
Forti degli stessi ingredienti, i due artisti organizzano due workshop (a Tolosa e Roma) al termine dei quali decidono di costruire un evento internazionale che accosti alle coreografie del Pulcinella di Stravinskij (a 100 anni dalla composizione) due autori contemporanei. Da un lato una composizione di Gibson, dall’altra una di John Adams.
Il risultato è un lavoro diviso in tre parti. In scena tredici danzatori, diretti da Michele Pogliani e membri dell’MP3 Dance Company, eseguono le coreografie della stessa Childs, che appare in due monologhi definiti “knee play”.
Nella buca l’orchestra del Teatro Comunale di Bologna diretta da Tonino Battista esegue le musiche dal vivo, mentre un’elegantissimo pubblico riempie tutte le poltrone.
Un lusso, quello di ricominciare da dove ci si era interrotti, che è sicuramente appannaggio di pochi, soprattutto se la distanza dall’inizio è siderale.
In un tempo di vulnerabilità totale dove sono le strutture stesse a vacillare, il dubbio che ci poniamo è “per chi?” ma andiamo con ordine.
Prima dell’inizio un rappresentante dei lavoratori del Teatro Comunale legge una lettera in cui esprime tutta la preoccupazione per dove e come verrà svolta l’attività della splendida sala bolognese e delle sue tante maestranze, dal momento che i prossimi lavori di restauro vedranno il teatro inagibile per almeno cinque anni, e non è ancora stato individuato un luogo alternativo.
La vita, con la sua brutale concretezza, si mangia per un attimo l’enorme scena vuota, pronta per essere abitata e per portarci in quell’extra quotidiano del quale abbiamo tanto bisogno. L’urgenza che travolge – ormai sempre più spesso – le nostre istituzioni culturali ci riporta invece in quella precarietà disperante che vince su tutto il resto.
Lo spettacolo, così presente e atteso, passa immediatamente (e giustamente) in secondo piano.
Il primo momento vede tutti i danzatori muoversi sulle note di “Rise” di Gibson. I gesti sono lenti, ripetuti, inesorabili. Una sfera fluttua nel vuoto da una quinta all’altra, mentre fiati, tastiere, sassofoni e percussioni scandiscono un tempo “altro” e l’enorme schermo che occupa tutto il fondale ripete forme geometriche che incidono i corpi di chi è in scena.
Il bianco predominante degli abiti è illuminato dalle luci perfette, curate dallo stesso Wilson che gioca con contrasti, ombre e controluci. “Relative Calm” è un piccolo saggio sul potere di un mezzo espressivo sfruttato al massimo. E’ la luce ad avere la meglio sulle coreografie, sulle grafiche proiettate, persino sui video.
Il tempo apparentemente eterno di questo primo ambiente si dissolve per lasciare spazio al primo intervento di Lucinda Childs. In inglese, l’artista ottantenne recita le parole di Susan Sontag mentre un enorme ghepardo, proiettato sul fondo, corre a rallentatore. Anche per lei si tratta di un sunto di quell’astrattismo del quale è una delle massime esponenti.
La vittoria della forma sul contenuto, del tempo sullo spazio. Un tempo tanto ripetuto e rallentato da diventare ipnotico. Lo spettatore si distrae (o forse si concentra troppo) per entrare in una dimensione di calma apparente, controllata e condotta dalla scena. La sfera dell’inizio diventa un pendolo attraverso il quale i due artisti portano il pubblico fuori dal tempo e dallo spazio in cui si trovano.
E’ la volta del cuore della performance, la coreografia “Pulcinella suite” accompagnata da tutta l’orchestra.
Childs e Wilson abbandonano il conosciuto per andare oltre, raccogliere cioè i suoni e le emozioni di qualcosa di lontano e distante. Le sonorità della sperimentazione targata anni Ottanta lascia spazio a una composizione di inizio Novecento.
I colori scelti dal maestro sono stavolta il rosso e il nero, in netto contrasto tra loro. I movimenti rotondi lasciano spazio ad una pressoché totale immobilità di tre performer che entrano in una relazione strettissima con la rigida marionetta di cui parla Stravinskij, mentre l’oscillazione metaforica del pendolo torna a palesarsi e più di qualche spettatore abbandona perplesso la sala.
Il secondo monologo della Childs la vede affiancata, sullo sfondo, da una proiezione rallentata di un enorme spostamento di una mandria, di cui avvertiamo l’intenso rumore riprodotto dalle casse audio. La citazione reciproca delle poetiche è stavolta esplicitata dal celebre verso “I’m not Christ i’m Nijinski”, che la coreografa pronuncia in un esplicito rimando a “Letter to a Man”, del quale avevamo parlato anni fa.
La performance si conclude con la più rassicurante coreografia di “Light over water” di John Adams, che vede tutto il corpo di ballo muoversi rigidamente sulle note riprodotte da ottoni e sintetizzatori, mentre il fondale propone forme curve e tondeggianti.
Al termine dell’esperienza, perché questo è il termine più adatto per tentare di definire l’essere stati presenti a “Relative Calm”, il quesito che ci attanaglia è: per chi è stata effettivamente un’esperienza così totalizzante? Per le diverse persone che hanno lasciato la sala annoiate? Per chi cercava un revival di magnifici tempi lontani? Per chi voleva assistere al prosieguo di uno spettacolo di quarant’anni fa contestualizzato nell’oggi?
La risposta non ce l’abbiamo, ma la sensazione è quella dell’essere stati parte di qualcosa di pochi e per pochi.
RELATIVE CALM
Concept, luci, scene, video Robert Wilson
Coreografie Lucinda Childs
Direttore del corpo di ballo Michele Pogliani
Ballerini MP3 Dance Company
Orchestra del TCBO
In collaborazione con:
PARCO DELLA MUSICA
FONDAZIONE MUSICA PER ROMA
TEATRO COMUNALE DI BOLOGNA
THÉATRE GARONNE
SCENE EUROPEENNE
durata: 1h 15′
applausi del pubblico: 2′ 56”
Visto a Bologna, Teatro Comunale, il 24 settembre 2022