Doveva essere un’occasione per vivere in modo originale e curioso gli spazi del Teatro Annibal Caro di Civitanova Marche, lo spettacolo Riccardo III della giovane compagnia Teatri della Plebe, gruppo fondato e diretto dall’attrice Nicol Quaglia e dall’attore e regista Antonio Mingarelli.
Un percorso itinerante tra foyer, loggione, platea e locali di servizio, durante il quale i 25 spettatori ammessi ad ogni recita avrebbero assistito, come in una via crucis, alle tappe più significative del personaggio shakespeariano: dall’ascesa al trono alla rovina dell’erede deforme della dinastia dei Lancaster, aspirante al trono d’Inghilterra e, per questo, autore d’abomini e atrocità ai danni di familiari, congiunti e malcapitati che – per sorte – si interpongono tra lui e la sospirata Corona.
Uno spettacolo che, nelle sue atmosfere un po’ swing, un po’ retrò e un po’ funeral party, punta al minimalismo ma non alla necessarietà, senza orpelli eppure talvolta ‘sfronzolante’. Gli attori, tutti in abito scuro e qualche camicia bianca, danno vita ad una pièce ambigua che alterna momenti di lucidità, in cui traspare una interessante ricerca fatta sulla musicalità del testo – e che dimostra ancora una volta come le parole di Shakespeare, seppur tradotte, siano di per sé azione –, a momenti di frenesia da grand guignol, francamente incomprensibili considerato il taglio composto e minimale mostrato fin dalla prima scena, all’ingresso del teatro.
La riduzione dal testo originale è volutamente sconnessa, tagliata per l’appunto secondo l’idea di una via crucis. Purtroppo, però, la scelta delle tappe si rivela così confusa che, senza alcuna indicazione né contestualizzazione, il pubblico non può far altro che brancolare tra vuoti di senso e personaggi difficilmente identificabili. Non giocano a favore della fluidità e della godibilità dello spettacolo nemmeno gli innesti di altri testi tratti da John Don, Baudrillard e Don De Lillo, che ogni tanto spuntano qua e là come parentesi aperte senza un criterio leggibile.
La messa in scena è, dalle note di regia, “una riflessione sulla trasformazione dei concetti di potere e di male così come si è prodotta dai tempi del drammaturgo inglese a quelli della nostra modernità”, volendo restituire, almeno negli intenti della compagnia, un senso di attualità che ci parli dell’oggi.
Ma rendere attuale il testo non è tuttavia un concetto condiviso dal giovane regista marchigiano Antonio Mingarelli, con il quale mi fermo a scambiare quattro chiacchiere dopo lo spettacolo per tentare di comprendere meglio il senso di questa operazione.
Mingarelli sottolinea come “Shakespeare sia intrinsecamente potente e non vada attualizzato”. Il che va bene, penso, ma in pratica cosa si vuole raccontare con questo spettacolo di cui, dopo la visione, sarebbe arduo raccontare la storia del Riccardo III?
Il regista spiega che hanno voluto puntare il dito sui cattivi di oggi, che non sono più ammiccanti e gagliardi come una volta, ma piuttosto burattini, spesso in mano alle multinazionali, come certi politici che non usano più le armi della dialettica e della retorica per affascinare.
Alla fine della chiacchierata ho capito, forse, che il senso profondo della messa in scena è tentare di donare uno sguardo etico e far prendere posizione circa i cattivi d’oggi: una volta, almeno, esistevano il pentimento e la catarsi, mentre ora si rimane fedeli alla propria corruzione fino in fondo. Un senso che, purtroppo, con la sola visione dello spettacolo non è stato possibile cogliere.
RICCARDO III
di William Shakespeare
regia: Antonio Mingarelli
con: Michele Maccagno, Andrea Dezi, Marcella Favilla, Alessandro Loi, Antonio Mingarelli, Chiara Pietroni, Piergiorgio Pietroni, Nicol Quaglia
produzione: Teatri della Plebe
durata: 1 h 35′
applausi del pubblico: 2′ 12”
Visto a Civitanova Marche, Teatro Annibal Caro, il 22 novembre 2008