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Grimmless. Ricci/Forte e la crudeltà delle fiabe

Grimmless (photo: ricciforte.com)
Grimmless (photo: ricciforte.com)
Grimmless (photo: ricciforte.com)

Dopo il debutto pugliese a Santeramo in Colle, “Grimmless”, il nuovo lavoro di Stefano Ricci e Gianni Forte, è approdato (dal 4 al 6 febbraio scorso) alla Limonaia di Sesto Fiorentino, storico teatro dell’hinterland del capoluogo, uno dei luoghi dell’alternativa teatrale italiana.
E’ qui che la compagnia ha permesso in esclusiva a Klp di realizzare il primo reportage di video resoconto sulla tournée che presto porterà la nuova produzione a Roma al Teatro India, e poi, dopo la lunga parentesi milanese presso il teatro dell’Elfo con i loro spettacoli precedenti, a programmare un periodo estivo e una ripresa di stagione di grande intensità.

“Grimmless”, dopo “Troia’s discount” e “Macadamia Nut Brittle”, arriva ad affinare sia dal punto di vista logico che spettacolare quanto R/F ci avevano fatto vedere in termini di lavoro fisico e sulla parola.
Gianni Forte dice di non aver mai scritto tanto quanto in questo caso, e l’esito è un’evoluzione soggettiva e personale, intesa nel senso di individuale assoluto, del rapporto fra monologo, pubblico e attore.

E’ un tema caro a R/F: come già in “Troia’s” e “Macadamia”, le storie di “Grimmless” sono private e apparentemente spoglie di universalità, su una linea di confine con la finta autobiografia ma, proprio grazie a questo evidentemente voluto equivoco, il testo gioca con abilità per avvicinare la sensibilità dello spettatore.
Il modulo narrativo è quello già visto negli ultimi loro lavori. Lo spettacolo ‘gira’, le immagini risultano evocative. Ora che l’esito artistico ha raggiunto la sua maturità, il prossimo passo dovrà essere uno scatto ulteriore.

Le energiche capacità drammatiche di Anna Gualdo continuano a trovare una resa efficace: l’ambivalenza tragicomica del suo ruolo in “Macadamia”, dove vestiva i panni di una Wonder Woman del nostro tempo senza poteri, è qui totalmente affogata in una saga triste, preludio di una feroce vendetta (detto questo, aderiamo però alla campagna internazionale di Human Rights “Basta pianti per la Gualdo! – no more suffering for Anna Gualdo!”).
I movimenti di scena di Marco Angelilli sono al solito accattivanti, vivaci, pop, così come le scelte, sempre azzeccate, dello stylist Simone Valsecchi, intimamente collegati al percorso iconografico che il duo ha abbracciato come forma di narrazione. Il palco è ring, vita, agone drammatico.
Starne ai bordi può essere una scelta scenica, ma anche metafora dell’espulsione dal perimetro della società.
Ed è di lì che vengono le storie che gli attori Valentina Beotti, Andrea Pizzalis, Giuseppe Sartori e Anna Terio, oltre naturalmente alla Gualdo, raccontano. Con la padronanza di un linguaggio che si fa continuità per alcuni di loro, ormai entrati in una collaborazione più stabile con il duo artistico. Il giovane gruppo di interpreti rende quanto la regia chiede di portare in scena.

Come in “Macadamia”, anche in “Grimmless” il finale (nel caso di Macadamia più d’uno) trasforma il corpo in luogo della violenza ambientale, della neutralizzazione dell’individuo costretto a calare la maschera e a farsi uguale al contesto, fino a perdere umanità. Il riferimento all’Italia con un tricolore è probabilmente un lascito, forse pleonastico, del recente lavoro ospitato presso la Fondazione Fendi, una performance più centrata sulle dinamiche del sistema paese e le sue malattie sociali.
L’applauso che il pubblico riserva ad autori e interpreti è robusto: gli aficionados vanno via soddisfatti per un lavoro in puro stile Ricci/Forte.

Una riflessione personale va fatta sull’abitudine di mettere musica a fine spettacolo al momento degli applausi, tenendo il buio in sala. E’ cosa su cui dichiaro una posizione un po’ rigida, perchè quando lo spettacolo finisce, dopo il rituale minuto/due di buio per gli applausi, lo spettatore deve essere libero. Libero di entrare, uscire, rimanere seduto o in piedi ad esprimere il suo gradimento o meno per ciò che ha visto. Magari si galvanizzano pure gli spettatori ma si introduce, secondo chi scrive, una forzatura sull’emotività di quanto appena fruito, per lanciarlo in una dimensione dove l’intensità provata (quale che possa essere stata) ha una colonna sonora emotiva decisa non dallo spettatore ma dall’artista stesso. E’ cosa su cui spero di tornare a breve con una riflessione più ampia, raccogliendo il parere dei lettori.

Passiamo ora la parola al video reportage per il racconto di “Grimmless” con Stefano Ricci, Gianni Forte e il pubblico della Limonaia.

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