Ploutos: la periferia romana di Ricci/Forte diretta da Massimo Popolizio

Ploutos
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Ploutos (photo: Serafino Amato)

Ci volevano Stefano Ricci e Gianni Forte – ‘enfants terribles’ della drammaturgia italiana – per riportare il dialetto romanesco a teatro. La loro riscrittura del “Pluto” di Aristofane potrebbe essere l’avvio, per la capitale, di una nuova fase drammaturgica: l’intelligente unione tra dialetto e teatro contemporaneo, così come è accaduto in Sicilia con Emma Dante e Vincenzo Pirrotta, ma non solo.

Il lavoro di Ricci/Forte sul testo del grande drammaturgo greco è originale: la riflessione, attualissima, sulla ricchezza viene trasportata da Atene al contesto proletario delle borgate romane del secondo dopoguerra. La scrittura tiene presente sia della lezione del Neorealismo che, soprattutto, dell’opera di Pier Paolo Pasolini e dei fratelli Citti, riuscendo comunque a vivere di linfa propria alternando il linguaggio di strada a quello aulico.

I dialoghi, infatti, sono infarciti di espressioni sboccate ma anche di frasi colte tratte dal latino e dal francese. E non mancano certi esercizi di rima baciata, tipici dello stornello romano. Il risultato finale è un’operazione drammaturgica coerente e moderna, una lingua poetica personale che rende lo spettacolo adatto e fruibile a tutti.

Tutto questo si miscela alla perfezione con l’esperimento produttivo ideato dal Teatro di Roma: un progetto nato per i teatri di cintura (quelli della periferia romana) fortemente voluto dal consulente artistico Michele Placido. Il progetto mira a coinvolgere i cittadini di Tor Bella Monaca (sede del debutto) non solo come spettatori ma anche come attori (nel coro) e musicisti (grazie alla partecipazione della locale Banda Rustica). Cittadini di una periferia troppo spesso sui giornali locali per episodi di cronaca nera e quasi mai per avvenimenti culturali. L’augurio, quindi, è che questa sia una strada percorribile per portare il popolo dell’hinterland romano a teatro.

L’allestimento della satira greca è affidata a Massimo Popolizio, al suo esordio assoluto alla regia. L’attore genovese dimentica in qualche modo l’Aristofane “freddo” secondo il suo maestro Luca Ronconi (ricordiamo l’ottima interpretazione ne “Le Rane” al Piccolo di Milano qualche anno fa), proponendo uno spettacolo popolare “di borgata”. Tira fuori, così, la romanità acquisita, mettendo in scena una parola dopo l’altra, complice un cast ben assortito (su tutti segnaliamo Stefano Ambrogi che interpreta un Carione romano al 100%) e soprattutto l’argomento estremamente attuale: la povertà e la bramosia di denaro.

La messa in scena e la riscrittura lavorano entrambe su tre diversi tempi e ambienti storici: il tempo della scrittura è quello della Grecia antica, il tempo dell’ambientazione sono gli anni Cinquanta nei sobborghi romani, e il tempo della rappresentazione, che è quello della realtà odierna di Tor Bella Monaca e della periferia romana tutta. Affrontando da un lato la poetica della povertà, dall’altro la degenerazione del consumismo, si evidenziano molte analogie fra le tre differenti fasi.
Grazie a questo esperimento corale di teatro sociale, sia nella sua idea produttiva che nelle fasi di realizzazione e fruizione, la periferia riesce a parlare alla città; e lo fa a voce alta e con la consapevolezza delle proprie radici e del proprio bagaglio culturale. Il sindaco Gianni Alemanno – presente in sala – avrà sicuramente apprezzato.

Ploutos o della ricchezza
da Aristofane
riscrittura: Ricci/Forte
regia: Massimo Popolizio
scene: Paolo Ferrari
costumi: Gianluca Sbicca
produzione: Teatro di Roma in collaborazione con la Biennale di Venezia
durata: 1 h 33’
applausi del pubblico: 2’ 47’’

Visto a Roma, Teatro Tor Bella Monaca, l’11 febbraio 2009
prima assoluta

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  1. says: Irene

    Un mega spettacolo da non perdere che ti fa fermare a pensare oltre che a divertirti. Un Popolizio in grande stato di grazia anche per essersi affidato aila camaleontica scrittura di Ricci / Forte e ad un cast di giovani e bravissimi attori.

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