Rimini Protokoll è oggi una delle realtà più significative del panorama delle arti dal vivo in Europa, e non solo. Il motivo del grande successo internazionale di questa compagnia tedesca, ma ormai di profilo globale, è ascrivibile a due fattori fondamentali che segnano anche una tendenza molto chiara dell’evoluzione dello spettacolo, ovvero il superamento del luogo teatro come sito deputato alla fruizione, e la deframmentazione dell’unità drammaturgica a tutto vantaggio di un inglobamento dello spettatore all’interno del dispositivo scenico testuale.
Quest’ultimo elemento in particolare implica che spesso è lo spettatore a trovarsi nella posizione di potere, attraverso la sua azione/interazione con quanto accade, con il potere di modificare (generalmente all’interno di un novero di possibilità pre-ipotizzate) la direzione della performance, in cui è frequente l’utilizzo di dispositivi tecnologici, a partire dalle ormai diffuse audiocuffie, fino ad ipad, telecomandi e altri dispositivi di interazione digitale.
Una ricerca in cui le trame spesso partono dalla micro-realtà soggettiva dello spettatore partecipante, chiamato a mettere parte di sé a nudo, per arrivare poi a sentirsi parte di un processo e di un coinvolgimento in dinamiche talvolta planetarie.
E’ stato per tutta questa serie di caratteristiche di spiccato contenuto innovativo che il giovane Stefan Kaegi, fra i promotori del sodalizio Rimini Protokoll, è stato insignito nel 2011 del Leone d’Argento a Venezia alla Biennale Teatro.
Sicuramente, fra gli eventi di maggior richiamo proposti in Italia negli ultimi anni, il progetto “Remote“, arrivato a Milano lo scorso anno e in procinto di tornare grazie alla intelligente azione di Zona K, instancabile fucina per la promozione delle arti performative nel capoluogo lombardo, ha caratteristiche capaci di tipizzare i codici della forma d’arte dei Rimini Protokoll in questo momento.
Dal punto di vista organizzativo un successo clamoroso, visto che l’azione performativa, riservata ad un numero limitato di partecipanti (50), ha fatto registrare il sold out nella stagione PLAY-K – Focus Germania dello spazio Zona K l’anno scorso. Un successo tale per cui Zona K ha deciso di riproporre la performance dal 17 settembre al 25 ottobre.
Cosa accade? Una piccola folla di partecipanti attraversa un quartiere centrale della città guidata dalla voce elettronica di un navigatore personale, con una colonna sonora drammaturgico-sonora scritta per la città che ospita la performance. Di fatto, anche attraverso la partecipazione dei cittadini, il viaggio urbano si trasforma in una sorta di film collettivo, che al di là della portata dell’operazione, su cui ovviamente ogni partecipante avrà il suo personale punto di vista, pone chi vi partecipa di fronte agli interrogativi che l’arte contemporanea lascia a coloro che vi si vogliono confrontare.
Il luogo di partenza milanese, il Cimitero Monumentale, trasporta fin dall’inizio i partecipanti in una dimensione straniante ma immersa nell’arte, spingendo a guardarsi attorno con occhi sensibili per tutti i 90 minuti di durata del percorso a piedi, che prevede varie tappe nella centralissima zona di Stazione Garibaldi.
Anche in questo caso l’idea, il testo e la regia sono di Kaegi, con la co-regia di Jörg Karrenbauer, il sound design di Nikolas Neecke e la drammaturgia di Juliane Männel e Aljoscha Begrich, e che per Milano ha visto assistente alla regia Federica Di Rosa e direttore di produzione e traduttrice una delle figure emblematiche dell’attività di Zona K, Valentina Kastlunger.
L’intervista esclusiva a Stefan Kaegi che siamo riusciti a realizzare, attraverso il viaggio che lui stesso fa attraverso gli spettacoli finora realizzati dal collettivo, è una fotografia della loro poetica ma anche un approfondimento sulla meccanica di costruzione degli spettacoli/performance di Rimini Protokoll, un approdo assai chiaro delle intenzioni e nella direzione della ricerca. Sicuramente uno stimolo per chi si avvicina al linguaggio delle arti sceniche oggi.