Le attrici e gli attori neodiplomati della Scuola del Teatro Stabile di Torino portano in scena “Risveglio di Primavera”, il lavoro teatrale più importante del drammaturgo tedesco Frank Wedekind in una traduzione e adattamento di Gabriele Vacis.
Alle Fonderie Limone, in una stanza vuota, gli attori già in scena attendono che il pubblico entri in sala con l’esercizio de “la schiera”: muoversi nello spazio prestando attenzione agli altri corpi, acquisendo consapevolezza di loro stessi, guardandosi tra loro e osservando il pubblico.
Ma muoversi a gruppi, a turni, ora non è più un esercizio: tutti insieme costruiscono planimetrie immaginarie, scene possibili, drammaturgie del vero. Le nozioni imparate in questi tre anni di corso sono sbocciate in qualcos’altro, sono diventate la loro possibilità di teatro.
Un risveglio di ragazzi che iniziano la loro strada, un risveglio dei sogni che li attenderanno alla fine dell’ultima replica. Sogni di attori, drammaturghi, registi. Strade che si sono delineate in questi anni di studi, con insegnanti diversi che sono riusciti a trasmettere sapienza, cultura e amore per il teatro.
In questo spettacolo tutti hanno fatto un passo indietro per rispettare il testo, per dare la possibilità a ciascuno di aggiungere un pezzo al tutto. Non ci sono virtuosismi, ma un gruppo amalgamato di ventuno fra ragazze e ragazzi, con tante caratteristiche diverse, che dovranno essere riconosciute nel mondo che hanno scelto, quello dell’arte, della cultura, del teatro, che ha sempre più bisogno di un ricambio generazionale radicale e non solo di età anagrafica.
Gli attori neodiplomati diventano così tanti mattoncini Lego di forme e colori diversi. Ognuno di loro porta in scena i propri talenti, la propria attorialità, il proprio stare: la musica, il canto, i flussi interiori che sfociano in coreografie. Mattoncini che creano qualche cosa di più grande di loro: costruiscono e disfano scene, si scambiano i ruoli, cambiano le relazioni, si sostituiscono come personaggi.
Alla fine, però, tutto è coerente, perché il teatro non è solo quello spazio che tanto si è invocato fosse riaperto durante il lockdown, ma soprattutto uno spazio vuoto riempito da un respiro comune e qualche sedia.
Gabriele Vacis – dal 2018 direttore della Scuola – dimostra, con un lavoro complesso come quello di Wedekind, di aver trovato l’adattamento giusto per poter spingere gli studenti/attori in questo mondo, con un lavoro che parla di gioventù e di attualità con tante sfumature diverse.
Citando il finale, senza anticiparlo, il senso del teatro e del percorso di tutti i ragazzi lo possiamo trovare in queste parole: “Possiamo costruire pace e grandi opere, che prima o poi ritorneranno polvere. Poi continuare a vivere e non avere niente da perdere”.
Durante gli applausi, guardando ciascuno di loro in viso, ho sperato vivamente che riescano, da oggi in poi, a fare caso a quando sono felici.