Al Teatro Sociale di Como per presentare il suo “Cantico dei Cantici”, abbiamo chiacchierato con un artista a tutto tondo della scena contemporanea, che non ha paura di raccontarne anche le storture
La natura particolare del suo lavoro, i suoi maestri e il teatro di regia, ma anche alcune storture del sistema teatrale italiano: è venuta fuori un’interessante chiacchierata, quella che vi proponiamo oggi, con Roberto Latini, che abbiamo incontrato al Teatro Sociale di Como prima che andasse in scena con la sua particolarissima visione del “Cantico dei Cantici“.
Abbiamo parlato con lui del rapporto fra voce e scena, essenziale aspetto del suo lavoro, e del fondamentale apporto per le sue performance di Gianluca Misiti per le musiche e i suoni e di Max Mugnai per le luci e la direzione tecnica. E poi ancora del fantasma di Carmelo Bene che aleggia su tutto, del maestro Leo de Berardinis e del rapporto con i suoi attori negli spettacoli che lo vedono come regista. Ma anche della sua predilezione per i testi che vedono il teatro entrare nella drammaturgia, come “I giganti della Montagna” e il “Teatro Comico”. E ancora del recente “Armata Brancaleone” e della difficoltà di farlo circuitare.
Insomma tantissimi argomenti, per un ritratto a tutto tondo di un protagonista di primo piano, ma molto schivo, del nostro teatro.