Dagli Urali alla capitale sabauda il passo non è mai stato così breve. Un passo sinuoso che incanta palcoscenici di tutto il mondo dal confine estremo della Siberia, ossia la metropoli di Perm’, che diede i natali al padre dei Ballets Russes, Sergej Djagilev. Il genius loci è evidente: Perm’ è davvero una città votata alla danza, e il suo Teatro d’Opera e Balletto è epitome della cultura russa e del suo ricchissimo repertorio.
Questo “Romeo e Giulietta” è un’esibizione intima e accorata, intervallata ora dalle danze solenni e funeste dei Cavalieri, ora da quelle popolari delle piazze e delle vie di Verona.
L’ingegno dello scozzese Kenneth MacMillan, caloroso rivoluzionario della danza classica in nome dell’espressività contemporanea, è il fautore di questa costellazione di tocchi e svolazzi che animano la scena (di Mauro Caroso) in concomitanza ai giochi di luce (di Sergej Martinov) e di colori (degli splendidi costumi di Odette Nicoletti) che si avvicendano fantasmagoricamente in un Medioevo senza tempo – quello delle guerre intestine nelle città nobili e dell’amore che da esse cerca riparo.
L’Intento di Prokof’ev (l’enfant terrible della musica sovietica) era quello di assegnare un colore musicale, un tema melodico o una situazione armonica ad ogni numero, amplificando la tensione drammatica: così è caratterizzato l’autorevole Principe di Verona, la vivace Giulietta, l’audace e insieme lirico Romeo, la presunzione portatrice di conflitti che l’aristocrazia della città incarna.
Non tutte le scene della tragedia si prestano a un agevole svolgimento in coreografia, ed è per questo che la gestazione del balletto fu assai complessa per Prokof’ev; d’altra parte il realismo musicale del compositore e le concezioni imperanti del balletto di allora necessitavano di un arduo accordo, ma il risultato (e successo) finale diedero conferma della buona riuscita dell’esperimento. La dinamica coreutica e coreografica è evidentemente frutto di un lavorio a posteriori – vale a dire che parte dallo spartito, senza pressoché niente alle sue spalle. Ciò spiega anche le dispute con i ballerini, i coreografi (con Lavorskij in particolare), e determina la natura veramente teatrale, a tratti quasi cinematografica, della messinscena. Come disse Ejzenštein, «la musica di Prokof’ev non rimane mai una semplice illustrazione, ma rivela il movimento e la struttura dinamica nella quale sono incorporati l’emozione e il significato di un evento».
Se dunque l’interpretazione coreografica della tragedia shakespeariana macmillaniana ha fatto il giro del mondo non c’è da stupirsi: nata a Londra (al Royal Opera House di Covent Garden) nel 1965 per la coppia Margot Fonteyn e Rudolf Nureyev, dalla prima del 9 febbraio il suo “Romeo e Giulietta” ricevette 43 chiamate alla ribalta e 40 minuti di applausi.
Al Regio di Torino è un successo in virtù soprattutto del sapiente lavoro del direttore artistico di Perm’ Aleksej Mirošničenko, ex danzatore del Mariinskij e del New York City Ballet, per il quale, molto semplicemente, «se l’uomo è ciò che mangia, la Compagnia è ciò che balla».
Ecco dunque il motivo dell’introduzione di tale capolavoro nel loro repertorio: la musica del corpo è la danza, ed essa dev’essere innanzitutto questione di pancia e cuore, e la vicenda dei due amanti di Verona è precisamente lì che va a colpire. Le quattro coppie che si alternano nell’esibizione accolgono e metabolizzano questo insegnamento (Polina Buldakova e Gabriel Lopes il 3, 7 e 8 maggio; Maite Nunes e Marcos Yago la pomeridiana del 4; Luanna Gondim e Kirill Makurin il 4 sera e il 7 pomeriggio; Daria Tichonova e Pavel Savin il 5 maggio).
La lotta fra il mondo di Giulietta e quello di Romeo, dei Capuleti e dei Montecchi, scenicamente quasi non si nota, e si amalgama mirabilmente all’altra fondamentale contrapposizione: l’amore tra i due che trova pace solo nella morte. Ma nella rappresentazione al Regio rimane il clima d’incanto, anche nella tragedia finale: il blu dal respiro pesante, a malapena alleviato dalla luna sbiadita come un occhio appannato di lacrime di fronte all’inesorabilità dei due giovani destini. Il fiato rimane sospeso in un’infinita “buonanotte” che mai per i due diverrà mattino.
Romeo e Giulietta
Balletto in tre atti
Dall’omonima tragedia di William Shakespeare
Musica di Sergej Prokof’ev
Libretto di Sergej Prokof’ev, Sergej Radlov e Adrian Pëtrovksij
Balletto dell’Opera di Perm
Direttore artistico: Aleksej Mirošničenko
Giulietta Polina Buldakova (3, 7s, 8)
Maite Nunes (4p)
Luanna Gondim (4s, 7p)
Daria Tichonova (5)
Romeo Gabriel Lopes (3, 7s, 8)
Marcos Yago (4p)
Kirill Makurin (4s, 7p)
Pavel Savin (5)
Tebaldo Ivan Tkačenko (3, 7s, 8)
Georgij Enaldiev (4p, 5)
Sayron Pereira (4s, 7p)
Mercuzio Artëm Mišakov (3, 7s, 8)
Taras Tovstjuk (4p, 5)
Aleksandr Taranov (4s, 7p)
Benvolio Denis Tolmazov (3, 4s, 7s, 8)
Roman Tarchanov (4p, 5, 7p)
Coreografia Kenneth MacMillan
Scene Mauro Carosi
Costumi Odette Nicoletti
Luci Sergej Martynov
Direttore d’orchestra Artëm Abašev
Orchestra del Teatro Regio
Balletto allestito con l’autorizzazione della Kenneth MacMillan Foundation secondo indicazioni stilistiche e tecniche di Kenneth MacMillan, Gary Harris e Karl Burnett Ballet masters e Producers
Durata: 2h 56′
Visto a Torino, Teatro Regio, il 3 maggio 2019