Preparato e presentato in forma di studio la scorsa estate all’ex Paolo Pini in occasione dell’annuale festival organizzato da Olinda, “Rosso” è l’ultima produzione della compagnia milanese Alma Rosé. Il calendario del Teatro Ringhiera lo ha proposto come seconda e conclusiva parte di un dittico di Fiabe Nere che, insieme a “Piccola Sorella e Barbablù”, ha composto una minirassegna.
In scena, una complessa struttura metallica accoglie la bambina/ragazza di cui ci racconta Andersen nella più atroce delle fiabe nordiche, “Scarpette Rosse”. Interpretata da una straordinaria Annabella di Costanzo, è un’anima disperatamente ingenua che pure abita un corpo attento e totalmente esposto. La sua prima madre muore, catatonica, nel momento più sbagliato, quando avrebbe dovuto spiegarle come si fa a camminare nel mondo. Ultimo brandello di unione con «Madre fu» è un mucchio di stracci, «tutte le forze celesti dentro un sacco», per fare il pane, scoprendo di «avere le mani piene di grazia». E le scarpe.
L’artificio scenico è anche “strumento” di drammaturgia musicale. Quasi una voce. Una presenza attorale non umana, ideata e suonata da un sorprendente Mauro Buttafava, compositore di musiche per teatro, la cui rispettosa presenza maschile in una dimensione tutta al femminile è molto più di un accompagnamento.
Corale è l’incontro con la carrozza di «Madre bis», una vecchia completamente curva, che dice di non avere più nessuno al mondo, e che «la solitudine è una brutta bestia». La grande casa dove abita è vuota e ci sarebbe una stanza, con un letto e una zuppa calda tutti i giorni: «A una bestiolina come me un’occasione come questa non capita tutti i giorni… dice che penserà a tutto lei».
Inizia l’addomesticamento. Il nuovo tragico corso che tanto assomiglia a molte di noi, donne del pubblico.
Con il primo bagno caldo nasce un nuovo tipo di desiderio che è quasi un fuoco. «Se non sei elegante non vai da nessuna parte». Ma dove sono le vecchie scarpe? Bruciate, insieme agli altri stracci. Un urlo definisce la disperazione di «bestiolina», che scongiura il cielo di cavarle quel buco che di notte le si apre dentro. Come fare a sedarla? Con un’ossessione: un nuovo paio di scarpe rosse. Simili a quelle che furono, anche se non uguali. «Sono sicura, voglio queste», sono perfette per il giorno della Cresima, per l’ingresso nella pubblica piazza. E così vale la pena di stare dritta come un fuso tutto il giorno. «La mattina spalle dritte. Coltello a destra, forchetta a sinistra, buona buona ad allineare l’argenteria… dire sempre di sì, senza farsi girare in testa pensieri strani… questa è la strada per diventare una signorina fatta e finita. Con tutte le cose giuste, nella giusta postura».
Sì, ne vale la pena se il premio sono le scarpe dai poteri magici, quelle che appena le indossi cauterizzano il buco e ti fanno danzare. E ti portano nel mondo, dove vogliono loro, fino a quando – esausta – desideri toglierle, ma non puoi e implori il boia di cavartele, a costo di tagliarti i piedi. «Sono io che ve lo chiedo, perché così la vita mia non vale nulla». E solo nel momento del fatal taglio il tragico disincanto: «Ma quand’è che i miei occhi hanno smesso di vedere la più semplice verità?».
ROSSO
testo e regia: Elena Lolli
con: Annabella Di Costanzo e Mauro Buttafava
durata: 1 h 05′
applausi del pubblico: 4′ 52”
Visto a Milano, Teatro Ringhiera, il 14 novembre 2009