Rumore di acque. Teatro delle Albe e il dramma dei migranti

Teatro delle Albe
Teatro delle Albe
Teatro delle Albe (photo: volterrateatro.it)

Il festival Volterrateatro, appena terminato, sembra non risentire delle conseguenze dei colpi di scure che si sono abbattuti sul teatro italiano nell’ultimo periodo. Sarà forse la struttura urbanistica della cittadina ospitante, con la sua arroccata posizione geografica, che la fa sopravvivere al tempo e alle intemperie? Così, nella stessa serata, il ricco cartellone arriva a proporre due lavori come “La stanza” di Teatrino Giullare e “Rumore di acque” del Teatro delle Albe. E questa non è cosa da poco.
Unico dato oggettivo ad accomunare i due lavori è la loro durata: un’ora esatta. Tuttavia quando, al termine de “La stanza”, si consulta l’orologio si rimane sorpresi, poiché sembra di essere stati seduti in sala una mezz’ora in più. E’ un lavoro lento che, ad eccezione del finale, paga forse il prezzo di un’eccessiva aspettativa. Invece, per quanto riguarda “Rumore di acque”, vale il perfetto contrario.

I 61 minuti non si fanno sentire, e quando cala il buio in sala rimane la voglia che lo spettacolo continui.
Sorprende insomma in positivo il lavoro delle Albe, seconda tappa del trittico Teatro delle Albe Ravenna-Mazara 2010, tre opere che vedono Mazara del Vallo come simbolico luogo di frontiera. Lo spettacolo coniuga un testo diretto e convincente con una regia ben dosata, accompagnando il tutto con la musica dal vivo dei Fratelli Mancuso. La tematica che Marco Martinelli affronta – il dramma delle morti dei clandestini nel Mediterraneo –, è rischiosa e piena di insidie, quali l’eccessiva retorica e il rischio del “già detto”. Pericoli scongiurati alla perfezione.

Protagonista al centro della scena, l’ottimo Alessandro Renda impersona una strana figura di presidente/ministro con tanto di divisa da ammiraglio cibernauta e microfono con asta, illuminato da una cascata di medaglie al petto, occhiali scuri, voce gracchiante e energica. Egli è l’unico abitante di una fantomatica isoletta dell’”accoglimento”, “un francobollo” come la definisce lui, sulla quale sono accolte le anime degli immigrati morti e dispersi in mare, tutti ben catalogati per numero. Il suo è un lungo monologo, accompagnato e intervallato da musiche originali rigorosamente dal vivo, che ben si insinuano nel dramma raccontato e ne accrescono il pathos, grazie alle voci primordiali e ataviche degli straordinari polistrumentisti Mancuso, che sembrano risvegliare, tra suoni di harmonium e saz baglama tra gli altri, un sentimento di condivisione con le tragiche storie di quei “numeri” venuti dall’Africa e accolti dalle profonde acque che separano il nostro continente dal Sahara, in una disperata ricerca di terra promessa.

Il rigore e la forza di impatto della compagnia ravennate aggiungono un ulteriore tassello a un percorso che possiede oramai una cifra netta e ben riconoscibile. È un grande lavoro, molto curato, magistralmente eseguito, che si avvale di un testo notevole. Di cui consigliare con forza la visione.


RUMORE DI ACQUE

ideazione: Marco Martinelli, Ermanna Montanari
testo e regia: Marco Martinelli
in scena: Alessandro Renda
musiche originali eseguite dal vivo: Fratelli Mancuso
spazio, luci, costumi: Ermanna Montanari, Enrico Isola
coproduzione: Ravenna Festival, Teatro delle Albe-Ravenna Teatro, “Circuito del Mito” della Regione Siciliana, Sensi Contemporanei
durata: 1h 01’
applausi del pubblico: 3’ 12’’

Visto a Volterra (PI), Cortile della Pinacoteca, il 29 luglio 2010

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