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Saint-Merry: a Parigi una chiesa ‘resistente’ fra arte e (vera) comunità

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La barca di Presage sistemata nella chiesa di Saint Merry|Green Memory di Pascale Peyret

La barca di Presage sistemata nella chiesa di Saint Merry
La barca di Presage sistemata nella chiesa di Saint Merry

Aux Champs-Élysées
Aux Champs-Élysées
Au soleil, sous la pluie
À midi ou à minuit
Il y a tout ce que vous voulez
Aux Champs-Élysées

(Joe Dassin, Les Champs Elysées)

Quest’estate ho lavorato a Parigi per curare – insieme al colombiano Miguel Angel Torres Chavez – la regia del progetto italo-francese “Anti Statu Quo”, organizzato e prodotto dall’associazione YEAPYoung European Artists Protesting.
Venti giorni di lavoro intensivo all’interno di uno dei luoghi più suggestivi (ma non così conosciuto) di Parigi: la chiesa gotica di Saint-Merry, a pochi passi dal Centre George Pompidou. La cosa incredibile della chiesa di Saint-Merry è che – tuttora consacrata e adibita al suo ruolo – ospita una decina di artisti in residenza artistica e abitativa, tra i quali lo stesso Miguel Angel: musicisti, attori, danzatori e artisti visivi vivono e creano all’interno degli spazi della chiesa.
Saint Merry è in effetti da sempre considerata una chiesa atipica e “resistente”, aperta ai profughi di tutte le nazioni. Durante la dittatura di Pinochet ospitò molti esuli cileni.
Jacques Merienne, parroco di Saint-Merry, è famoso per essersi rifiutato di leggere ai fedeli una “preghiera” contro le unioni omosessuali inviata dal cardinale André Vingt–Trois alle diocesi.
E probabilmente per questo verrà rimosso dall’incarico.

Lavorare in un luogo del genere è un privilegio.
La mente dietro al progetto è quella di Adriana Buonfantino, italiana di madre francese trasferitasi a Parigi cinque anni fa. Insieme a Geoffroy Bardin ha trovato i fondi e messo insieme la squadra: gli attori Carole Renouf, Garance Hacker, Beranger Crain, Paola Cacace e Giulia Strippoli; il drammaturgo Pierre Chevallier e la scenografa Cecilia Galli. Tutti rigorosamente sotto i trent’anni.
La commissione, per me e Miguel Angel, era chiara: partire dalle proposte degli attori per costruire un lavoro che parlasse del ruolo dell’artista nella società. Un progetto semplice ma allo stesso tempo ostico, perché ogni artista decide liberamente dove e come collocarsi all’interno del contesto in cui opera. È quindi impossibile affrontare la questione in maniera universale.

Bisognava allora ridurre il campo, e così noi ci siamo collocati: un colombiano emigrato a Parigi, quattro italiani, quattro francesi e sullo sfondo la crisi di migranti alla frontiera di Ventimiglia. Ma anche l’emergenza umanitaria nel Mediterraneo. L’Eritrea. La Siria. Ceuta e Melilla. Lampedusa.

Abbiamo deciso che il nostro ruolo sarebbe stato quello di cercare di affrontare tutto ciò in una chiesa, nel bel mezzo di Parigi.
Ogni attore ha quindi deciso quale storia raccontare. Abbiamo poi cucito le loro proposte, li abbiamo aiutati a farle crescere e a metterle nello spazio. Così abbiamo costruito uno spettacolo itinerante per venticinque spettatori alla volta, per due turni a serata. Il tempo è stato tiranno, come sempre. E la forma che abbiamo raggiunto è un inizio più che una fine, ma ha dato soddisfazioni.

A distanza di poco più di un mese e con le emergenze umanitarie che riempiono i tg, un manipolo di politici sparsi per l’Europa sta chiedendo di abolire Schengen e chiudere le frontiere. L’Ungheria ha costruito un muro alla frontiera con la Serbia. C’è poi perfino chi, come Buonanno, propone di mettere filo spinato elettrificato contro i migranti, “proprio come si fa con i cinghiali”.
Siamo alla follia. Ci si interroga sul senso stesso della parola “Europa”. Una risposta non è stata ancora trovata.

Intanto, tornato in Italia, continuo a seguire cosa accade in quel luogo così significativo che è Saint-Merry.
Il sabato e la domenica, per tutto l’anno, proseguono i concerti pianistici a ingresso gratuito. Nel frattempo è possibile assistere a due mostre: “Dodecad” di Mark Weighton e “Green Memory” di Pascale Peyret.

Green Memory di Pascale Peyret

L’ultimo mese l’attività è stata frenetica.
Gli artisti residenti, con l’aiuto della comunità, stanno organizzando una performance per la Notte Bianca del 3 ottobre. Tra novembre e dicembre a Parigi si terrà infatti il Cop21, la conferenza mondiale sui cambiamenti climatici. E tutta Parigi si sta preparando all’evento: anche la Notte Bianca ruoterà intorno alle tematiche ambientali.
A Saint-Merry stanno lavorando a una performance intorno a “Presage”, installazione di Djeff e Monsier Moo.

L’installazione è semplice quanto efficace: un vecchio peschereccio è stato posizionato nella navata centrale della chiesa. Abbandonato lì, in secca, apre la mente dello spettatore verso tre immaginari: il racconto biblico dell’Arca di Noè, la desertificazione del pianeta, i naufragi del Mediterraneo.

Il peschereccio è arrivato a Saint-Merry la notte di venerdì 11 settembre. Ci sono volute 7 ore per posizionarlo, e ora è lì, integrato nella vita quotidiana della chiesa. Dev’essere curioso partecipare a una messa con un peschereccio al posto dei banchi!
Gli artisti hanno anche lanciato un appello alla comunità per raccogliere centinaia di bottiglie di vetro che serviranno a costruire l’illuminazione notturna per la Notte Bianca. Se passaste per Parigi, in rue de la Verrerie 76 troverete un cassonetto verde dedicato alla raccolta delle bottiglie.

Nel frattempo anche a Parigi stanno arrivando molti profughi dalla Siria, dall’Iraq e non solo. E non è detto che qualcuno non arrivi anche a Saint-Merry. Il Comune sta lavorando per la creazione di nuovi posti per l’accoglienza: da giugno ad oggi più di duemila. Non è ancora sufficiente, ma il sindaco Anne Hidalgo sembra intenzionata ad accogliere più gente possibile.
In passato la politica francese non si è comportata bene con i migranti, ma Parigi per certi versi è un luogo dove tutto sembra (ancora) possibile, e il sindaco stesso ne è per certi versi testimonianza: Anne Hidalgo (Ana, decise di francesizzare il suo nome a quattordici anni) è spagnola; arrivò in Francia da profuga, con la sua famiglia, per fuggire dalla Spagna franchista.

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