Sanghenapule: Saviano, Borrelli e l’aureola di San Gennaro

Saviano e Borrelli in scena (photo: Ceva Valla)
Saviano e Borrelli in scena (photo: Ceva Valla)

Gennaro è un santo popolare, che non giudica ma accompagna il popolo nella quotidianità. I suoi miracoli sono oggetto di devozione e negoziazione. Sono “possibili” anche quando i postulanti li inseriscono nel meccanismo dell’errore, addirittura del reato.
I napoletani hanno un rapporto eccentrico con San Gennaro. Arrivano a chiedergli grazie bizzarre e autoreferenziali. Favori che di mistico paiono aver poco: che un furto riesca senza procurare danni fisici; che un amore illecito prosegua nella clandestinità, perché nessuno abbia a patire.

Fra antropologia e sociologia, lo spettacolo “Sanghenapule, vita straordinaria di San Gennaro”, testo e drammaturgia di Roberto Saviano e Mimmo Borrelli, regia dello stesso Borrelli, appena andato in scena al Piccolo Teatro di Milano, è il ritratto diacronico della città di Napoli.
Non si limita a rievocare la vita del Patrono, ma percorre 1700 anni di storia partenopea.

È un viaggio attraverso la cultura e il sentimento popolare, che s’intrufola nei meandri del potere e arriva ai nostri giorni. Con quel po’ di strumentalizzazione della fede che dai controrivoluzionari sanfedisti di fine XIX secolo riconduce (nel Saviano-pensiero) alle aberrazioni dell’attuale Isis, ed è l’unica ridondanza kitsch dello spettacolo, rimarcata da una lugubre bandiera nera sventolata dalle mani di Borrelli.

La scena è un paesaggio con rovine nello stile della pittura napoletana tra Barocco e Neoclassicismo. Architetture rotanti diroccate, tra sacro e profano, sono illuminate da timidi bagliori metafisici. Fuochi fatui accendono un antro buio, tra campane di vetro, mitra e pastorale del santo. Al centro, un ceppo grondante sangue funge da patibolo e piedistallo.

Un lieve contrappunto musicale accende un disperato ballo onirico. Partono sei atti di sangue, scanditi dal ricordo delle eruzioni del Vesuvio, che dal martirio di San Gennaro giungono al presente, attraverso la Rivoluzione Partenopea del 1799, o la diaspora di milioni d’italiani emigrati e morti verso le Americhe: martiri della libertà, e martiri della fame.

“Sanghenapule” racconta la visceralità di Napoli e dei napoletani attraverso il sangue di San Gennaro, metafora delle mille morti e rinascite di uno spettroscopio pulp che mescola cielo e terra, Inferno, Purgatorio e Paradiso. E poi tradizioni, processioni, miti, personaggi, aneddoti, tra religiosità pura e paganesimo arcaico. E le iatture, coincidenti e no, con gli anni in cui il sangue non si è sciolto: terremoti, pestilenze, eruzioni, carestie, morti di papi.

Per certi versi questo spettacolo sembra la parafrasi drammaturgica (o l’edizione critica) di “Napule è” di Pino Daniele. Un viaggio eterno e surreale, in cui Saviano e Borrelli trovano la perfetta quadratura del cerchio. E questo è un miracolo incontestabile di “San Gennaro faccia gialla”: portare a compimento la straordinaria interazione tra due personaggi così irriducibilmente diversi, un giornalista e scrittore coccolato dalla sinistra radical-chic, inviso alla Napoli sfrontata e permalosa; e un artista sanguigno, che di Napoli incarna il volto verace, ruffiano e svampito.
Saviano dalla narrazione piana divulgativa, con l’equilibrio del cronista e il distacco dello storico; Borrelli artista invasato, viso profetico, barba lunga, occhi allucinati, voce tuonante: redivivo Tiresia tra i fumi della solfatara e del vulcano.
Saviano apollineo, enciclopedico. Borrelli vate dionisiaco, che esala versi come viscere: quinari in rima baciata, settenari a rime alternate, endecasillabi. Un mix allucinato di latinorum e napoletano, che ricorda le facezie linguistiche di Testori e proietta in una dimensione esagerata.

A generare equilibrio è il contrappunto musicale di Gianluca Catuogno e Antonio Della Ragione, che dialogano con la drammaturgia in un crogiuolo di suoni soffusi. Un organo del Settecento, una tammorra, un pitipù; riverberi a molla, oggetti di riporto scovati qua e là negli anfratti del teatro; cetra, organetto, campane tibetane: questo, e molto altro, contribuisce a creare un paesaggio sonoro essenziale, soft, in antitesi allo stereotipo di una Napoli melodica gradassa e appariscente.

SANGHENAPULE
Vita straordinaria di San Gennaro
testo e drammaturgia Roberto Saviano e Mimmo Borrelli
regia Mimmo Borrelli
con Roberto Saviano e Mimmo Borrelli
musiche composte ed eseguite dal vivo da Antonio Della Ragione e Gianluca Catuogno
luci Cesare Accetta
produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa

durata: 1h 30’
applausi del pubblico: 3’ 30”

Visto a Milano, Piccolo Teatro Grassi, il 17 aprile 2016

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