Ormai è deciso. Il Festival di Santarcangelo ha una nuova direzione artistica, ed è proprio quella tanto sperata dai teatranti, dal movimento di Potere senza Potere e dagli operatori del settore che sono intervenuti lo scorso luglio per salvare le sorti del festival e vederlo rinascere dal territorio.
Quindi niente direttore che viene da lontano, bensì le compagnie che in questi anni hanno lavorato per il festival e che si troveranno ora a dirigerlo: il Teatro delle Albe di Ravenna, i Motus di Rimini e la Socìetas Raffaello Sanzio di Cesena.
Delle tre compagnie, il Teatro delle Albe è certamente quella più radicata nel territorio, anche grazie alla non-scuola attivata da molti anni da Marco Martinelli, e al gran numero di ragazzi che lavora per il Teatro delle Albe e al Teatro Rasi per la stagione.
I Motus, invece, sono più profeti fuori che in patria. E’ significativo che una compagnia del loro calibro non abbia nella provincia di Rimini un teatro in gestione o uno spazio per allestire i propri spettacoli.
Per quanto riguarda la Socìetas, infine, gestisce il Teatro Comandini di Cesena, situato vicino al Teatro Comunale. Chiara Guidi tiene spesso corsi e conferenze sulla vocalità, anche in collaborazione con Emilia Romagna Teatro.
Da un punto di vista artistico sono realtà molto differenti, pur essendo tre compagnie rappresentative della scena contemporanea. Il Teatro delle Albe si distingue per una forte ‘romagnolità’: mi viene in mente l’Ubu romagnolo di colore de I Polacchi, la freschezza dei ragazzi del Baldus, la fisicità e la voce densa di Luigi Dadina.
I Motus sono riconducibili ad un teatro glamour e tecnologico, che sperimenta l’interazione tra palcoscenico e cinema, che affronta tematiche contemporanee a partire dalle grandi drammaturgie, dai primi lavori su Beckett a Genet e Fassbinder.
Della Socìetas si sa che è il teatro dell’immagine e della provocazione, del rifiuto di ogni logica teatrale pregressa a fronte di una visione onirica del lavoro, con l’inserimento di attori non professionisti ma che portano la poesia nel proprio corpo (anoressiche, obesi, tracheotomizzati, animali…).
Come procederanno nella direzione artistica? Riusciranno a condividere un progetto unitario o si alterneranno alla direzione? Porteranno del buon teatro internazionale grazie ai rapporti instaurati per il loro lavoro individuale riuscendo al contempo a mantenere i legami con le realtà del territorio?
Io sono molto curiosa, ma felice.