Gli estimatori di Federico Tiezzi apprezzeranno indubbiamente il suo ultimo lavoro, “Scene da Faust”, che ha debuttato in prima assoluta al Teatro Fabbricone di Prato, coproduzione del Metastasio.
Trattasi, infatti, di messinscena assai “tiezziana” (mi si passi il termine), dove rifulgono molti degli stilemi e dei “tratti” cari al regista e drammaturgo toscano che qui, dopo il mito classico di Antigone, sceglie di misurarsi con uno dei poemi della tradizione più conosciuti e ancora moderno, il “Faust” di Johann Wolfgang Goethe.
A tutti sono note le vicende dell’affermato studioso che, per sondare orizzonti sconfinati e sconfinate lande dell’animo ed ottenere potere e giovinezza, vende d’impulso l’anima a Mefistofele (un Sandro Lombardi tutto nei suoi cenci). L’immortale personaggio di Faust è senz’altro di grande attualità. Fa “parte dell’immaginario collettivo della cultura occidentale” ed è “simbolo della crisi della coscienza e dell’anima dell’uomo contemporaneo”, come si sottolinea nella presentazione del lavoro. Crisi affrontata anche nei precedenti lavori di Tiezzi quali “Freud e l’interpretazione dei sogni”, la “Signorina Else” e appunto “Antigone”.
Nella sua messinscena – avvalendosi di guide quali il Dostoevskij dei “Karamazov”, il “Doctor Faustus” di Mann ed il pensiero di Freud – il regista toscano affronta la prima parte del poema di Goethe, e lo fa presentando tredici “capitoli” accomunati da una scenografia caratterizzata da un imperante bianco glaciale e da luci fredde ed anodine, che rimandano ad atmosfere nosocomiali, quasi a sottolineare una volontà di distacco e distanza da ciò che si svolge in scena, per poterlo meglio dissezionare.
La prima scena (“Prologo in cielo”) è visivamente bellissima. I tre arcangeli che cantano le lodi del creato diventano tre giovani seminudi appesi a testa in giù, corpi che ci appaiono come immersi in un acquario di luce fredda, e le voci del loro canto sembrano provenire da remote regioni dell’animo. Il resto lo fa l’ingresso di Lombardi.
Purtroppo però, nell’evolversi dello spettacolo, solo poche altre scene si dimostrano così efficaci dal punto di vista dell’impianto scenico e della regia.
Alcuni quadri ad esempio, in cui c’è più spazio per il parlato, spesso risentono di una recitazione un po’ troppo caricata. Altri invece presentano soluzioni iconografiche non troppo originali, come ad esempio il quarto capitolo, “La cucina della strega”, dove l’antro della stessa diventa una sala operatoria in cui dottori ed infermieri sono scimmie, o ancora come la gigantografia de “L’origine del mondo” di Gustave Courbet che campeggia sullo sfondo a chiusura della scena.
Non colpiscono a fondo neppure certe provocazioni, declinate nella gestualità dei numerosi personaggi. Mimare l’atto della masturbazione da parte di Mefistofele-Lombardi durante un dialogo con Faust o il rapporto sessuale accennato strega-protagonista nulla apportano all’azione in scena. Non siamo davanti ad un pubblico impellicciato di qualche decennio fa che sarebbe uscito scandalizzato da teatro.
Di questo Faust, articolato e corposo, che ha il merito di non essere “pesante” o macchinoso, rimane una materia narrata potente, che tuttavia risente di un accendersi di toni eccessivi; il rischio è che talvolta dal dramma si passi al melodramma, come accade nel finale, dove la protagonista, interpretata da Leda Kreider, nel tratteggiare l’angoscia delirante della giovane Margherita, condannata a morte, offre un’interpretazione eccessivamente enfatica.
SCENE DA FAUST
di Johann Wolfgang Goethe
versione italiana di Fabrizio Sinisi
regia e drammaturgia di Federico Tiezzi
con Dario Battaglia, Alessandro Burzotta, Nicasio Catanese, Valentina Elia, Fonte Fantasia, Marco Foschi, Francesca Gabucci, Ivan Graziano, Leda Kreider, Sandro Lombardi, Luca Tanganelli, Lorenzo Terenzi
scene e costumi di Gregorio Zurla
luci di Gianni Pollini
regista assistente Giovanni Scandella
coreografo Thierry Thieû Niang
canto Francesca Della Monica
produzione Teatro Metastasio di Prato, Compagnia Lombardi-Tiezzi
in collaborazione con Fondazione Sistema Toscana/Manifatture Digitali Cinema Prato
e Teatro Laboratorio della Toscana/Associazione Teatrale Pistoiese
durata: 1h 55’
applausi del pubblico: 3’
Visto a Prato, Teatro Fabbricone, il 14 maggio 2019
Prima assoluta