L’unica morale possibile
è quella che puoi trovare
giorno per giorno
nel tuo luogo aperto-appartato.
Che senso ha se solo tu ti salvi.
(“Per un teatro clandestino. Dedicato a T. Kantor”
Antonio Neiwiller – 1993)
Schegge AA: come Aperta-Appartata, ma anche Antiretorica e Acuminata, Appuntita.
E’ con poche ma essenziali parole che si presenta la VI stagione torinese di Schegge al Cubo Teatro, curata dalla compagnia Il Cerchio di Gesso, che avrà inizio questo sabato, 12 dicembre, per concludersi l’8 maggio con sette appuntamenti in doppia replica.
Schegge di umanità, di cadute e di lotte, di drammi individuali e collettivi, di resistenze: Cubo Teatro resta nel solco della sua tradizione, quella di una programmazione attenta al circostante politico e sociale, all’attualità della memoria e a ciò che ancora “attuale”, per riluttanza, non è lecito definirsi.
E lo fa scegliendo “tra le realtà giovani che si distinguono per l’urgenza del dire e non solo per la fatidica soglia non superata del 35° anno di età”: in un mondo che plaude all’estetica virtù della giovinezza, spostare i criteri selettivi sull’impellenza contenutistica e progettuale è allora sintomo di un’attenzione per ciò che il teatro può e deve trasmettere.
Il programma di questa sesta stagione è, sulla carta, tutto da seguire: una sfida tra generi diversi, tra artisti più o meno conosciuti ma su cui val la pena scommettere la serata.
Si parte quindi sabato con “Confessione di un ex presidente che ha portato il suo paese sull’orlo della crisi”, testo di Davide Carnevali. In scena uno dei pochi ma significativi volti torinesi che si vedranno passare per Schegge: quello di Michele di Mauro insieme ai suoni di G.U.P. Alcaro, Premio Ubu 2014 per il progetto di sonorizzazione di “Quartett” con la regia di Valter Malosti. E sabato in sala sarà ospite anche lo stesso Carnevali.
Dall’Argentina messa in scena da Di Mauro di fronte ad un pubblico trasformato in tribunale popolare, comunità “chiamata in causa”, si passa al secondo appuntamento di Schegge con la compagnia italorussa Big Action Money.
“Illusioni” è la storia di quattro anziani che scoprono di non sapere più chi sia la persona con la quale hanno vissuto tutta la vita. Parte del progetto “Cantiere Vyrypaev”, dedicato all’approfondimento dell’opera dell’omonimo drammaturgo russo promosso da L’arboreto di Mondaino, Big Action Money riprende in esclusiva nazionale uno dei testi di Ivan Vyrypaev, di cui ricordiamo la crudezza di “Ejforija”, film in concorso alla 63^ mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia.
Approderà poi a Torino anche Marta Cuscunà con “La semplicità ingannata”, nostro Last Seen 2012, una satira per attrice e pupazze, seconda tappa del progetto sulle resistenze femminili in Italia, liberamente ispirato alle opere letterarie di Arcangela Tarabotti e alla vicenda delle Clarisse di Udine.
Seguito di “E’ bello vivere liberi!”, spettacolo sulle donne della resistenza partigiana, “La semplicità ingannata” mette in scena la ribellione rimasta silenziosa di un gruppo di monache di Udine contro i dogmi del pensiero religioso e maschile del periodo dell’Inquisizione.
Alla storia è dedicato anche “L’albero storto” di Beppe Casales, in scena insieme a Isaac de Martin, migliore drammaturgia al Roma Fringe Festival 2015.
A cent’anni dall’inizio della Prima Guerra Mondiale, “L’albero storto”, nome di una trincea sul Carso riconoscibile per l’ergersi stoico di una pianta sopravvissuta alla ferocità dei combattimenti, è metafora della resilienza dell’uomo sottoposto alle violenze e ai drammi della storia.
Tra gli appuntamenti della primavera “Harvest – quanto costa un uomo al chilo?”, spettacolo finalista al Play Festival organizzato da ATIR Ringhiera a Milano e messo in scenda da Ludwig, TeatroMa e Compagnia delle Furie, da un testo di Manjula Padmanabhan, autrice ed illustratrice indiana, sul traffico di organi in India.
Altro Premio Ubu 2014 e altra presenza della scuderia Atir sarà la brava Arianna Scommegna, qui con “Mater Strangoscias”, per la regia di Gigi dall’Aglio, messa in scena di uno degli ultimi monologhi di Giovanni Testori, lamento funebre di una donna del popolo, quello della terra brianzola, cui deve i prestiti dialettali con cui si esprime nel dolore.
L’appuntamento conclusivo della stagione sarà affidato a “Tomatosoap” della compagnia Manimotò, teatronovela sulla violenza di genere in un’unica puntata: in scena le vicende relazionali di due “marionnettes portés” per una riflessione su come la violenza possa lentamente insinuarsi nei rapporti creduti “d’amore”.

All’interno del panorama torinese, che non offre così tanti spazi dedicati alla sperimentazione contemporanea (ma a breve vi parleremo anche del neonato spazio di Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa), Schegge si presenta come una stagione che non molla e anzi cresce: una sfida necessaria e portata avanti con passione, che crea alleanze sul territorio e si apre a luogo della condivisione, pur tuttavia senza restringersi ai soliti nomi torinesi ma offrendosi come spazio per voci che arrivano da fuori.
Durante l’anno, poi, si aprirà ad altri progetti collaterali e d’interesse per la cittadinanza, anche quella meno abituata ad andare a teatro, incrociando una breve stagione di teatro ragazzi e di nouveau cirque.
Il cibo di cui la stagione di Schegge vuole nutrirsi e nutrire è consapevole che, nella cultura, può individuarsi una cura preziosa alla solitudine e all’aridità, senza parole da disattendere, ma con un “fare teatro” in cui credere.