Dopo il successo del debutto allo Stabile di Torino, lo spettacolo è ora in scena al Teatro Nazionale di Genova e proseguirà poi la tournée a Napoli
Quando, in particolare nel mondo del teatro, si avverte il bisogno di ricorrere a un classico – e “Sei personaggi in cerca d’autore”, da testo di dirompente avanguardia quale fu in occasione delle sue prime rappresentazioni, è oggi con tutta evidenza un classico – è spesso perché, paradossalmente, si cerca qualcosa di nuovo da dire. E il classico risponde, soprattutto se si sceglie coraggiosamente di non riproporlo pedissequamente. Il che non significa tradirne il messaggio originario, ma piuttosto farlo risuonare con le urgenze del presente. Questo pensiero deve aver accompagnato il regista Valerio Binasco nella sua versione della nota opera pirandelliana, ritenuta un trionfo del metateatro.
E questa sembra essere, in scena, anche la preoccupazione del capocomico, interpretato magistralmente da Jurij Ferrini, alle prese non più con una scalcinata, stanca e viziata compagnia di attori, ma con un’intera classe di giovani, alcuni giovanissimi, aspiranti attrici e attori, appassionati, rumorosi, ribelli, fragili, acerbi, affamati di vita più ancora che di teatro (gli allievi della scuola di recitazione del Teatro Stabile di Torino).
Lo spettacolo ha inizio con il sipario parzialmente aperto e le luci di sala accese, che non si spengono neppure quando sul palcoscenico – svelato finalmente nella sua interezza – irrompe prima un attrezzista, poi il capocomico, in fase creativa seppur palesemente maldestra, e infine quella numerosa e vivace combriccola di cui sopra.
Binasco rinuncia al palco spoglio, da indicazioni pirandelliane, e opta invece per uno spazio che inequivocabilmente evoca la scuola, luogo dell’apprendimento, della relazione e, in un certo modo, anche del passaggio di consegna. Tutto si svolge infatti in una palestra, la palestra dove presumibilmente gli allievi della scuola di recitazione trascorrono gran parte delle loro giornate a provare e studiare.
Il capocomico, come ogni buon maestro, cerca di contenere le loro energie, di rispondere alle loro domande, non negandogli l’ascolto, anche quando viene deriso, ma allo stesso tempo rimproverandoli quando deve confrontarsi con le proprie responsabilità e incertezze. È il presente.
All’improvviso fa la sua comparsa il passato. Con tutta quella confusione, non ci si accorge che quattro strane persone (si definiranno personaggi), abbigliate all’antica e pallide in volto, sono entrate in scena. Chi sono? Che cosa cercano?
Qui Binasco sceglie coraggiosamente di attenuare lo spessore del discorso filosofico pirandelliano, che rischia troppo spesso di attorcigliarsi faticosamente su sé stesso come a proteggersi dalla vita, a favore di una maggiore leggerezza e chiarezza, a più riprese richiesta dai giovani sul palco.
Si tratta dunque di personaggi che reclamano con forza il diritto di smettere i panni di funzioni narrative, a cui li ha relegati l’autore e la critica letteraria, per esprimere appieno il loro stato di cuori in pena.
Vi è un padre (lo stesso Binasco) che cerca disperatamente di liberarsi dal senso di colpa e di vergogna che gli si è appiccicato addosso, dopo aver quasi sfiorato l’incesto; una madre (Sara Bertelà) che vorrebbe disperatamente vivere una scena che non ha mai vissuto, quella con il proprio primogenito (Giovanni Drago), abbandonato all’età di due anni e ora refrattario a ogni forma di contatto; la figliastra (Giordana Faggiano), animata dal rancore e dal desiderio di vendetta per il torto subito, che chiede disperatamente di essere ascoltata. Mancano all’appello i due bambini, destinati a perdere la vita per l’incuria degli adulti, troppo presi a occuparsi delle loro vite. Due giovani attrici, una delle quali recalcitrante, vengono scelte per entrare nella parte: problema risolto.
Lo spettacolo potrebbe ora virare verso la parodia del dramma borghese. No, accade invece qualcosa di più interessante. Protagonista della scena diventa il bisogno di capire, da parte dei giovani, il loro tentativo di tradurre i sentimenti dei personaggi in emozioni e situazioni riconoscibili, come la coazione a ripetere “a nastro” – così dicono – gli stessi errori, o il sentirsi ingabbiati in un personaggio, e più ancora il bisogno di narrarsi, tipico del nostro tempo, e di essere ascoltati.
La commozione, il pathos nasce da questo tipo di ascolto, che essi scelgono di riservare ai personaggi.
Questa commedia (non mancano infatti i momenti comici) mette dunque in scena l’incontro tra attori e personaggi, ma anche e forse soprattutto tra giovani aspiranti attori e professionisti, al punto che sul finale si ritrovano gli uni e gli altri a camminare insieme, come un solo corpo compatto ed eterogeneo, verso un punto comune: il teatro come possibile soluzione al proprio bisogno di ascolto.
Nella figliastra della bravissima Giordana Faggiano è possibile cogliere i tratti di Elettra in “Oreste”, sempre di Valerio Binasco; lo stesso vale per il tormento del figlio, associabile a quello di Oreste, interpretati entrambi da Giovanni Drago.
Il confine tra attore e personaggio – ce lo dimostra bene questo “Sei personaggi in cerca d’autore” – è per natura labile, e consente di entrare nel territorio dell’altro e viceversa, arricchendosi tuttavia sempre di nuove e interessanti sfumature.
In scena al Teatro Nazionale di Genova fino al 14 maggio, per poi andare al Bellini di Napoli dal 16 al 28 maggio.
SEI PERSONAGGI IN CERCA D’AUTORE
da Luigi Pirandello
con (in ordine alfabetico) Sara Bertelà, Valerio Binasco, Giovanni Drago, Giordana Faggiano, Jurij Ferrini
e con la partecipazione degli allievi della Scuola per Attori del Teatro Stabile di Torino (Alessandro Ambrosi, Francesco Bottin, Cecilia Bramati, Ilaria Campani, Maria Teresa Castello, Hana Daneri, Alice Fazzi, Matteo Federici, Iacopo Ferro, Samuele Finocchiaro, Christian Gaglione, Sara Gedeone, Francesco Halupca, Martina Montini, Greta Petronillo, Diego Pleuteri, Emma Francesca Savoldi, Andrea Tartaglia, Nicolò Tomassini, Maria Trenta)
regia Valerio Binasco
scene Guido Fiorato
costumi Alessio Rosati
luci Alessandro Verazzi
musiche Paolo Spaccamonti
suono Filippo Conti
aiuto regia Giulia Odetto
assistente regia e drammaturgia Micol Jalla
assistente scene Anna Varaldo
assistente luci Giuliano Almerighi
Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale
Teatro Nazionale di Genova
Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini
Durata spettacolo: 1h 45′
Applausi del pubblico: 4′
Visto a Torino, Teatro Carignano, il 6 maggio 2023
Prima nazionale