Un pavimento piastrellato di bianco. Una porta schiusa sullo sfondo. Una finestra in proscenio e una sacca in plastica piena di giocattoli al centro della stanza.
Con questo scenario si apre “Sequestro all’italiana” della compagnia Teatro Minimo, nata nel 2001 a Bari dall’incontro tra Michele Sinisi e Michele Santeramo.
Due personalità poliedriche: attori, registi e scrittori che stavolta hanno deciso di puntare sull’attualità, mettendo in scena una storia che racconta la cronaca di oggi, fin troppo popolare.
Due uomini apparentemente innocui, vestiti con abiti di tutti i giorni, decidono improvvisamente di essere protagonisti di qualcosa di significativo e di grande impatto mediatico: prendere in ostaggio una classe di bambini delle elementari.
Lo spettacolo risulta da subito molto coinvolgente per un uso studiato della scenografia: il pavimento inclinato che quasi tocca la prima fila di spettatori, la finestra montata al contrario così da convertire il dentro in fuori, la porta sul fondo che fa immaginare la classe di bambini che, spaventati, chiedono aiuto alla maestra inerme. I continui sguardi rivolti al pubblico, poi, rendono tutto reale, tangibile.
Punto forte di questa messa in scena è lo sguardo, che indaga all’esterno della finestra per capire quando la polizia, appostata fuori dall’edificio scolastico, farà la prima mossa; le occhiate gettate oltre la porta per controllare che i bambini non si facciano prendere dal panico e non si facciano male, il costante straniamento provato dagli spettatori, la cui attenzione entra ed esce dalla vicenda. Il tutto provoca una frattura mentale che, in modo alternato, porta a parteggiare ora per la polizia (ché entri nella scuola e sblocchi la situazione), ora per i due crudeli e sadici sequestratori.
“Sequestro all’italiana” non è però solo un gioco tra vittime e carnefici, ma anche uno scavo psicologico su quanto si è disposti a spingersi oltre il proprio limite per attirare l’attenzione delle autorità locali.
“Non credevo che saremmo arrivati a questo punto!”, grida Ottavio, uno dei due protagonisti, come denunciando una sorta di strana e inaspettata innocenza, come dichiarandosi essi stessi vittime del sistema.
Ciò che rende speciale e anche divertente lo spettacolo è la raccolta dei numerosi “motivi ricorrenti” legati al sequestro, primo fra tutti l’uso di due personaggi di carattere opposto, uno più buono e l’altro più determinato e senza scrupoli; la minaccia di uccidere un ostaggio ogni cinque minuti se non verranno esaudite le richieste; l’incalzare dello squillo del telefono e le storie personali dei due protagonisti che affiorano da gesti, sguardi e parole.
Gli attori recitano senza rilassarsi un attimo, perfettamente nel ruolo dall’inizio alla fine della pièce, dando l’impressione di essere fusi perfettamente alla storia, coinvolti negli accadimenti, partecipi fino in fondo delle insicurezze e paure dei propri personaggi, quasi fossero per primi in ostaggio di ciò che sta loro accadendo attorno.
Un finale a sorpresa getterà lo spettatore nel silenzio più assoluto, lasciando spazio alla riflessione. Nel mondo di oggi, quanto siamo disposti a sacrificare, di quello che abbiamo, per qualche attimo di celebrità? Cosa accadrebbe se la nostra vita dipendesse dall’umore di qualcuno?
La vita, come il teatro messo in scena da Santeramo e Sinisi, ci spinge ad andare sempre oltre.
SEQUESTRO ALL’ITALIANA
di Michele Santeramo
regia: Michele Sinisi
produzione: Teatro Minimo in coproduzione con il Comune di Andria
in collaborazione con: Festival Castel dei Mondi
interpreti: Vittorio Continelli, Michele Sinisi
scene, luci e costumi: Michelangelo Campanale
direttore di scena: Nicola Cambione
tecnico audio-luci: Fabio Fornelli
suoni: A silent place
cura del progetto: Antonella Papeo
durata: 1 h 10′
applausi del pubblico: 1’ 12’’
Visto a Livorno, Il grattacielo, il 21 novembre 2009