Dissacrante, ironico, spudoratamente anglosassone.
Sir Berkoff approda a Genova per la prima volta e vuole farlo in grande stile.
Il tavolino con l’acqua, un occhio di bue per esaltare le qualità mimiche e qualche piccolo effetto di colore (il blu notte, il rosso passione…). Basta questo per farci entrare d’un colpo nel gran teatro di Shakespeare.
I sottotitoli, tanto odiati dal performer inglese, alla fine riescono a farla franca – come viene spiegato prima dello spettacolo – ma invece di aiutare a seguire l’azione distraggono e non vanno di pari passo con le vulcaniche interpretazioni di un attore che, da bravo trapezista circense, abbandona un cattivo per afferrarne un altro, tornando al primo con una piroetta.
Un “surfing” esilarante attraverso le più note canaglie del teatro shakespeariano, “molte delle quali italiane” ci ricorda Berkoff, facendo una battuta tra inglese e napoletano che non manca di trovare l’approvazione della stracolma sala Trionfo del Teatro della Tosse.
Un vero “one man show”, dove gli occhi di ghiaccio del cattivo di tanti film di cassetta anni ’80 e’90 contribuiscono a rendere ancora più profonde le complesse personalità dei “villains” più affascinanti della storia del teatro.
Lo spettacolo è un virtuosismo di tecnica all’interno del quale il mimo incontra lo sguardo mentre la parola ci porta lontano. Si diverte Berkoff, e il suo divertirsi contagia il pubblico, con cui riesce a creare un’intesa particolare, tutta sua, che porta lo spettatore ad una specie di ascolto ipnotico totale (rotto solo dal prolungato suono di un cellulare che costringe la narrazione ad una breve sosta e dà all’attore un’occasione per evidenziare con una battuta come anche questo sia tipico dell’Italia).
Si ha la percezione che lo spettacolo sia solo per te, che gli altri non ci siano e che questo bizzarro giullare d’altri luoghi si stia muovendo in casa tua mentre tu, nella tua comoda poltrona, non puoi fare a meno di ascoltarlo.
A monologo finito, mentre la magia lentamente svanisce, qualche perplessità si fa però viva.
Aldilà del virtuosismo e della “leggerezza” di un racconto molto fruibile nonostante la lingua, i passaggi da un cattivo ad un altro non sono né logicamente né emotivamente collegati; non c’è insomma un filo rosso nella narrazione, che salta agilmente da Iago a Macbeth solo grazie ad una battuta.
Non c’è neppure il tempo di gustarsi le eccellenti interpretazioni dei vari personaggi perché il ritmo incalzante non permette una sosta vera e propria alla corte di ognuno. E si ha così un po’ l’impressione di visitare da un autobus una bellissima città d’arte, voltandosi a destra e a sinistra a seconda di dove puntualmente indichi la guida. E a volte, proprio grazie alle raffinate qualità performative, vien voglia di scendere e rimanere ancora un po’ lì: non tanto un demerito di Berkoff quanto piuttosto un’immensa qualità del grande Shakespeare.
Shakespeare’s Villains. A masterclass in evil
di e con Steven Berkoff
durata: 1h 10’
applausi del pubblico: 2’ 12’’
Visto a Genova, Teatro della Tosse, il 13 novembre 2009
daje davide! gran pezzo!