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Short Theatre 8. Negli spazi della Democrazia della Libertà

La Pelanda - Roma|Short Theatre 8

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Short Theatre 8“Per ora non abbiamo in cantiere altri progetti, e porteremo avanti le nostre nuove quattro produzioni – anticipa Fabrizio Arcuri, anima propulsiva dell’Accademia degli Artefatti ma anche direttore artistico di Short Theatre, rassegna in territorio romano, ideata e organizzata da Area06, che ormai da otto anni si trova a dover partecipare allo snervante gioco delle altalene economico-politiche, che per le tante “cose” che (non) avvengono nella capitale è una palestra alla resistenza – Ci sono momenti in cui ha senso fare degli sforzi, per forzare delle situazioni, e poi altri in cui si deve rimanere fermi, far capire la differenza non facendo, far avvertire un’assenza. Ci è stato chiesto di fare questa ottava edizione. Alle stesse condizioni in cui abbiamo lavorato per realizzarla, l’unica soluzione potrà essere quella che non ci sarà uno Short Theatre 9”.
 
Intanto, per ora, Short Theatre 8 ha realizzato la sua prima tranche, conclusa ieri sera, per poi riprendere dall’11 al 14 settembre e terminare il 18. Le giornate e il programma sono concentrati negli spazi suggestivi de La Pelanda (Centro di Produzione Culturale) in zona Testaccio, incastonati tra il Macro e la Città dell’Altra Economia, nell’immenso mondo architettonico di quell’ex-mattatoio ottocentesco, le cui potenzialità sono state fin qui ancora poco ascoltate.
Il Teatro India, luogo storico della kermesse, a cui si era unita negli ultimi anni La Pelanda, è ormai divenuto il cantiere annunciato fin dall’anno scorso. Ai tempi dell’esperimento “Perdutamente”, era stato abbracciato un restyling da Gabriele Lavia, direttore di Teatro di Roma – in scadenza di mandato, salvo rinnovi, a fine dicembre -, sostenuto dal presidente Franco Scaglia: ora rimane solo da incrociare le dita, aspettare e sperare…

Intanto, per il suo ottavo compleanno, Short Theatre si propone di festeggiare in modo importante, con una nuova bandiera identitaria che evoca/invoca una Democrazia della Felicità. “L’invito più grande – continua Arcuri – è quello di trovare insieme un modo, un atteggiamento, distante da tutto quello che ci circonda, di immaginare che possa esserci qualcosa di diverso. In un luogo-spaziotempo ben precisi, aprirsi a questa immaginazione, creare uno stato temporaneo, in cui sia possibile riflettere concretamente, avvicinarsi a immaginare il futuro, in un momento in cui anche il cinema sembra essersene dimenticato. Lontani da spazi virtuali in cui si costruiscono dei meri palliativi, che non possono essere supplenti alla realtà, che viviamo tutti i giorni, divenuta una dittatura della necessità. L’idea di territorializzare ci deve aiutare a contrastarla, per trovare uno s(S)tato, dove essere e costruire”.

Attraversando il festival nella prima giornata, e osservandone il materiale e il visual delineato nella sua veste grafica suggestiva da MP5+DOGYORKE, si può scoprire che Short Theatre è 39 spettacoli, di cui tre coproduzioni, due prime assolute e cinque prime nazionali. Teatro, danza, videoistallazioni, installazioni performative, mise en espace, performance, live concerts… Sempre presente lo spazio e il tempo delle Conversazioni sullo stato del teatro, e dei suoi derivati. In una miscellanea di “Progetti” (Iymit – International Young Makers in Transit, Francedanse, Casa dello Spettatore, Finestate Festival, Fabulamundi: Playwriting Europe) grazie ai quali si potrà assistere ad eventi altrimenti poco realizzabili: fra i tanti, la messa in scena di testi teatrali, quest’anno dalla Romania e dalla Germania, di giovani drammaturghi, per Fabulamundi, piattaforma di collaborazione e scambio fra teatri, registi, attori e autori, qui alla sua seconda edizione a creare occasioni di incontro e discussione sulla drammaturgia contemporanea, intorno al tema The dangerous opportunity. Nota particolare per l’impegno del neonato Finestate Festival. Network nato dall’incontro delle sensibilità comuni verso le arti contemporanee e le arti perfomative in genere di sei soggetti italiani – B.motion/Operaestate Festival Veneto – Bassano, Contemporanea Festival – Prato/Teatro Metastasio Stabile della Toscana, Festival Internazionale di Andria Castel dei Mondi, Festival internazionale della creazione contemporanea di Terni, Short Theatre – Roma e Approdi di Cagliari – porterà a Piazza del Popolo (il 13) e a Piazza Campo de’ Fiori (il 14) la performance di Lotte van den Berg, quella “Agoraphobia” che già si è trovata a contagiare Santarcangelo, e prima ancora Times Square: “Una persona alza la voce per strada, c’è chi la ignora camminandole accanto, e c’è chi si ferma per ascoltarla”… La persona sarà, nell’incarnazione italiana, Daria Deflorian, in un progetto itinerante che sta vedendo in questo 2013 la sua messa in spazio/piazza in cinque lingue diverse, con altrettanti attori, in giro per l’Europa.

“Short Theatre non vuole essere una vetrina di spettacoli – sottolinea il suo direttore artistico -, ma un’occasione per condividere e mettere in comune dei pensieri, per contribuire a costruire, in qualche maniera, dei nuovi tracciati in quelli del singolo… Gli spettacoli ospiti sono molto eterogenei, affiancati da momenti politici, sociali ed estetici. Quello che tenta di essere è un luogo per la cultura contemporanea, in cui toccare corpo, mente, spirito, anche grazie al Dopofestival, un momento festoso, in cui sospendere il pensiero…”. Sulle frequenze Dopofestival da ricordare, tra gli altri, quello condotto da Mercati Generali il 14.

In arrivo invece tra gli spettacoli Fanny & Alexander e le sfumature di colore sulla comunicazione e le sue onde di frequenza/influenza di “Giallo-radiodramma dal vivo” e “Discorso Giallo” (11-12); Teatro Sotterraneo e “BE LEGEND! Hamlet I Jeanne d’Arc Daimon Project” (11 e 12); Mk e “Impressions d’Afrique” (12 e 13); Accademia degli Artefatti e “Io, Fiordipisello” (14); Tony Clifton Circus e i suoi “Losers” (12). In attesa del 18 e di “1991: A Science fiction about Central Asia”, dimostrazione finale aperta al pubblico dell’École des Maîtres 2013, corso internazionale di perfezionamento teatrale diretto per la prima volta, in questa edizione, da una regista donna: Constanza Macras.

Gli spazi della Pelanda ospitano anche quest’anno Short Theatre (photo: Giacomo d’Alelio)
Come si è potuto realizzare tutto questo? “Le economie? Molte, come spesso capita quando si parla di cultura in Italia, vengono dall’estero; e poi dal Mibac, Romacapitale Estate Romana e da tutti i progetti coinvolti. La Regione Lazio non ha finanziato nulla. È evidente che non ci siano le condizioni per continuare, salvo un cambiamento di rotta”.

“Parlare del contemporaneo” come motore propulsivo, aggiunge Fabrizio Arcuri. Che ha tra i suoi motori personali la musica. Ma come uscirà la tua anima rock in Short Theatre? “Viene fuori quando meno me l’aspetto, e mi pilota” ci risponde. Attraversando la prima giornata si avverte quella melodia. Da rock, si trasforma in classica, e poi neomelodica, fino a toccare il pop e i Seventies. È un atteggiamento mentale, che è anche e soprattutto atto politico volto all’azione, che può essere anche solo il continuare a vivere. A credere. E si condensa in quel “Pinocchio” di Babilonia Teatri, lo spettacolo che lo ha inaugurato. Ce lo ricorda con tenacia, commovente. Protagonisti dei sopravvissuti, coloro che, usciti dal coma, spinti a un passo dalla morte da incidenti (quasi) mortali, sono tornati e ora, oltre che a ricominciare a volte anche da zero le loro vite, fanno teatro, con la compagnia “Gli Amici di Luca”, sede a Bologna.

Al bar, a darsi un po’ di energie prima di continuare nel tour de force delle visioni, per caso si incontra Paolo Facchini, uno dei “ritornati”, uomo di cinquant’anni, la parola che ancora non gli è tornata fluida del tutto, ma che ti guarda con quegli occhi e quel sorriso capaci di sciogliere tutti i nodi. A un certo punto dello spettacolo si mette a ballare, nella rappresentazione del suo Paese dei Balocchi, sbeffeggia se stesso per quello che era, un manager di una qualche fabbrica farmaceutica, ci ammette dal vivo, sfrontato verso la vita. Lo chiamavano Remy, un viveur. Aveva tutto. Andato in frantumi contro quel muro comparso all’improvviso dalla nebbia, ritrovato, salvato da quella pattuglia che lo aveva fermato poco prima.
Uscito da quasi due mesi di coma, ricominciati i primi faticosi passi, camminava piegato per non far vedere quel cranio a cui mancava una parte, con la gente che lo guardava con compassione. È andato avanti. Ha ritrovato la vita, anche grazie al teatro.
Durante lo spettacolo, urla seduto il suo nome. A lungo. Paolo Facchini, Facchini Paolo, Paolo Facchini… È tornato ad essere un uomo, il teatro gli ha ridato voce. Lo sguardo è di nuovo dritto, il viso è ora completo. E dice che si deve ancora credere.
 

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