Il sogno d’amore tra Rappa e i suoi trent’anni

Sogno d'amore
Sogno d'amore
Sogno d’amore (photo: Pino Le Pera)

“Prenditi cura di me”, programmato nella stagione 2008/2009 al Teatro India di Roma, era la più recente produzione di Gloriababbi Teatro, un testo agile e dagli accenti crudeli che raccontava come il potere possa annichilire l’essere umano. Con “Sogno d’amore”, in scena fino al 24 gennaio al Piccolo Eliseo, facciamo un passo indietro nella carriera di questa compagnia.
Giampiero Rappa
, di nuovo autore e regista, disegna un vero e proprio ritratto generazionale che inquadra i trentenni, le loro speranze, i loro dubbi, soprattutto le loro illusioni.
Dopo una delusione d’amore, il giovane sceneggiatore Gianni (Andrea Di Casa) lascia Genova per cercare l’ispirazione a Roma, andando a dividere un appartamento con tre personaggi da fumetto: un bidello pugliese (Massimiliano Graziuso) ossessionato dalla gelosia della moglie, un attore russo (Filippo Dini) alla ricerca del tono perfetto di Otello per la battuta “Desdemona puttana” e un topo da biblioteca (Mauro Pescio) che sputa sentenze e si fa chiamare “il filosofo”. Gianni, a scapito della pretendente Flora (Ilaria Pardini), intreccerà il proprio destino con l’arrivo e il sorriso di Valeria (Silvia Ajelli), ragazza della porta accanto, personificazione della fuggevolezza dell’amore giovanile.

Senza dubbio una compagnia affiatata, cui non manca la voglia di divertirsi in scena e di stupire con ritmi incalzanti che non perdono un respiro. La scena è per metà praticabile, per metà disegnata, come collocando l’intera vicenda a cavallo tra realtà e finzione. Se in apertura il personaggio di Dini dichiara d’essere l’unico al corrente dell’epilogo, in giro per tutto il testo ritroviamo più di un riferimento al progredire del lavoro di Gianni, nel bel mezzo della stesura di un film, come se il personaggio stesso stia scrivendo la vicenda che vediamo accadere e ne stabilisca o ne assecondi le svolte, ricalcando la volontà extra-narrativa dello stesso Rappa, che in questa pièce mischia immaginazione a richiami autobiografici.

Il risultato è uno spettacolo senza freni, che corre veloce su binari ben oliati fatti di tempi comici precisi, qualche ingegno nelle scene (di Laura Benzi) e non poche furbate stipate tra le righe dei dialoghi. Rappa non si fa mancare neppure due preziosi jolly come il dialetto (il pugliese di Graziuso è senza dubbio efficace) e l’accento straniero (Dini strappa risate sincere), ma lo fa senza rubare troppo la scena ai due protagonisti, Di Casa e Ajelli. Il primo come sempre a proprio agio in ogni situazione, padrone di un corpo camaleontico e grande caratterista mai invadente; la seconda, nonostante l’impostazione vocale fin troppo accademica, assolutamente in parte. Una nota di lode per Mauro Pescio, già visto in “Prenditi cura di me”, che fa un grande lavoro sul corpo e tiene in mano il personaggio molleggiando sulle corde della macchietta senza appendervisi (quasi) mai.

È, quella di Rappa, una drammaturgia densa, più densa, forse, di quanto non lo sia la regia, sapientemente affidata agli interpreti. Alla scrittura di personaggi e situazioni, che qua e là irrita nel troppo essere attuale e generazionale, bisogna comunque riconoscere un talento sferico, che rotola giù incontrando solo qualche ostacolo di compiacimento nazionalpopolare. Resta forse evidente un’eccessiva tendenza al privato, nella narrazione di situazioni davvero da interno, fondamentalmente borghesi, in linea con le finestre solo disegnate, che impediscono lo sguardo oltre.
Eppure è anche questo esercizio di stile un tentativo di mettere alla prova il pubblico, facendogli avvertire la prevedibilità di certe evoluzioni della storia così come di certe reazioni in platea.
Da “Prenditi cura di me” sappiamo (in anticipo) che, per quanto furbo Rappa possa apparire, possiede nella propria creatività i mezzi per mostrare un’anima più nera di questa, più matura. E allora questo ‘divertissement’ lo mandiamo giù più volentieri, con il piacere della tranquillità, sapendo che Gloriababbi ha in serbo anche prodotti più impegnati. Di questo “Sogno d’amore” resta vivo, insieme a qualche risata onesta, il riconoscimento di saper rappresentare, con scherno a volte sadico, lo sgangherato rapporto tra uomo e donna, in quella posizione liminare che sta tra l’amare e l’essere amati. Rappa parla, come detto, di illusioni, riuscendo nell’intento molto meglio di certi prodotti cinematografici generazionali chiamati in causa come modelli di riconoscimento.

SOGNO D’AMORE
scritto e diretto da Giampiero Rappa
produzione: Gloriababbi Teatro
interpreti: Andrea Di Casa, Filippo Dini, Silvia Ajelli, Ilaria Pardini, Mauro Pescio, Massimiliano Graziuso
scene e costumi: Laura Benzi
disegno luci: Gianluca Cappelletti
musiche: Massimo Cordovani
durata: 1h 28’
applausi del pubblico: 2’ 12’’

Visto a Roma, Piccolo Eliseo Patroni Griffi, il 14 gennaio 2010

0 replies on “Il sogno d’amore tra Rappa e i suoi trent’anni”
Leave a comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *