L’adattamento di Federico Grazzini e Matteo Salimbeni porta il pubblico nei molteplici risvolti metateatrali dell’opera di Shakespeare
Non si può raccontare il “Sogno di una notte di mezza estate” di Sementerie Artistiche senza partire dal cortocircuito che si crea negli spettatori, che si trovano rapidamente a pensare di vivere in prima persona l’esperienza descritta nel titolo dell’opera di Shakespeare, incentrata su una notte magica in un bosco incantato, in cui due coppie di innamorati e una compagnia teatrale improvvisata, alla vigilia delle nozze del re di Atene, sono vittime dei sortilegi di creature fatate.
Le caratteristiche metateatrali della commedia facilitano questo tipo di fecondo disorientamento, sia per le scene dedicate alla compagnia, sia per la metafora dell’ingresso nel bosco, che ben si presta all’esperienza generale di ogni spettatore davanti a cui si alza un sipario.
Tuttavia lo spettacolo che, dopo il debutto del 2022, è tornato in scena quest’estate con sei repliche speciali in una rassegna dedicata, potenzia quest’immedesimazione per ragioni che vanno anche al di là del testo.
Il contesto di certo aiuta: il centro culturale Sementerie Artistiche – gestito dall’omonima compagnia fondata da Pietro Traldi e Manuela De Meo – è situato all’interno di un’azienda agricola di Crevalcore (BO) riconvertita dopo il terremoto del 2012, diventando luogo di creazione, formazione e residenza artistica.
Ma non è solo la location a causare la sensazione di uscita dalla realtà quotidiana.
Seduti nel bel cortile per la cena pre-spettacolo, infatti, gli spettatori entrano subito in contatto con uno dei personaggi: è Piera Cinquetti (Elisa Denti), massaia che gira fra i tavoli vendendo biscotti e che, da lì a poco, vedremo in scena come regista della compagnia improvvisata di artigiani che, come previsto dal testo di Shakespeare, tenteranno di mettere insieme una rappresentazione per il ricevimento di nozze del re.
La stessa azienda agricola in cui ci si trova è mostrata come sede del reclutamento di questi lavoratori / aspiranti attori: “Atene” in scena diventa quindi “Crevalcore”, e fin da subito, un biscotto alla volta, si viene accompagnati verso quella che è concepita più come un’esperienza che come un semplice spettacolo.
Una sorta di “sogno lucido” che Pietro Traldi richiamerà nelle parole finali di ringraziamento al pubblico e che procederà per vari passi: l’opera si svolge in tre distinte aree all’interno della proprietà, con una messa in scena itinerante che invita il pubblico a spostarsi due volte, inserendo un paio di “micro risvegli” forzati dall’immersione nella rappresentazione.
Lo spostamento richiama un parallelo con i ritmi sonno/veglia e le progressioni oniriche, anche perché la sequenza parte e si conclude all’esterno, con un passaggio centrale immersivo al chiuso. Come se, tra le due fasi di sonno più leggero, se ne inserisse una di sonno profondo, in cui le pulsioni più primitive vengono a galla libere e incontrollate: la sessualità e le sfumature queer, solo accennate, sono tra gli elementi centrali della parte dedicata al bosco delle fate, ma riescono a non cannibalizzare il focus complessivo.
Il movimento degli spettatori inoltre può tracciare un parallelo con la necessità per le persone di incontrarsi, guardarsi, mescolarsi per uscire dall’intorpidimento della realtà quotidiana, in una lettura che mostra un’ulteriore possibile metafora.
Se passiamo infatti dalla contrapposizione “realtà-veglia” vs “teatro-sogno” ad una opposta in cui la realtà quotidiana è legata al sonno e il teatro invece all’attivazione dei sensi, allora ecco l’invito al pubblico a porsi a sua volta come attore attivo.
Dalla necessità di raggiungere la realtà appartata di Sementerie in mezzo alla campagna, a quella di camminare e spostarsi per assistere alle varie parti dello spettacolo, all’opportunità di mescolarsi con i personaggi e gli altri spettatori ad ogni cambio di location: tutto questo porta a riflettere sul potenziale che c’è nella scelta di uscire da routine consolidate – anche all’interno del mondo teatrale -, a compiere piccole azioni che creino nuove relazioni con gli spazi e con gli altri.
Questa triplice immersione – nello spettacolo nel suo complesso, nel bosco fatato di Puck, nel mondo di Sementerie Artistiche – è potente, e rende a tratti indistinguibili i tre piani l’uno dall’altro. Il mondo che ruota attorno alla compagnia è inestricabilmente legato a quest’esperienza, sia perché si tratta di una messa in scena site specific, sia perché del numeroso cast fanno parte anche alcuni attori non professionisti (allievi attori provenienti dai corsi di teatro di Sementerie e dell’asssociazione Nahia, e semplici cittadini che hanno partecipato a laboratori teatrali dedicati a Shakespeare).
A volte operazioni simili rischiano forzatamente di comprimere l’espressione artistica a favore dei, pur nobili, obiettivi di consolidamento dei legami territoriali delle compagnie e della diffusione della pratica teatrale nelle comunità.
In questo caso invece il livello qualitativo complessivo dell’opera tiene e, seppur con qualche inevitabile incertezza interpretativa, il contributo dei non professionisti non compromette l’equilibrio artistico del risultato. E anche quando esso per un attimo si indebolisce, questo offre l’occasione per creare un’ulteriore immedesimazione per il pubblico che, specchiandosi in fate non professioniste, intravede una metamorfosi possibile e raggiungibile.
La qualità dell’opera diretta da Federico Grazzini è alta, e il lavoro con la comunità riesce ad esserne un tassello importante senza sbilanciarne il risultato. Interpretazioni convincenti per gli ottimi Elisa Denti (Piera Cinquetti) ed Ester Spassini (Puck); Julio Dante Greco, nelle vesti ironicamente distaccate e un po’ dannate di Oberon, trova la sua dimensione perfetta. Spiccano anche Manuela De Meo (una carismatica Titania che fagocita l’attenzione) e Pietro Traldi, che suscita risate in uno spettacolo comunque molto lungo che, senza questo contributo, forse faticherebbe a tenere così alta l’attenzione.
Un risultato non scontato per un adattamento in cui si è scelto di tagliare molto poco dell’opera originale.
Sementerie Artistiche riesce a rendere il testo vivo e condiviso collettivamente attraverso un’esperienza così connotata ma non per questo meno potente.
Sogno di una notte di mezza estate
Adattamento Federico Grazzini e Matteo Salimbeni
Regia Federico Grazzini
Scene Lucia Fiorani e Erik Campanini
Costumi Anna Cavaliere
Light designer Eva Bruno
Direzione tecnica Andrea Bondi
Tecnico audio-luci Erio Lugli
Costruzione scene Jack Bardwell, Angelo Bertoldi, Daniele Valentino
Teseo / Oberon Julio Dante Greco
Ippolita / Titania Manuela De Meo
Egeo Gianni Ognibene
Ermia Clelia Cicero
Lisandro Tomàs Acosta
Demetrio Paolo Zaccaria
Elena Irma Ridolfini
Puck Ester Spassini
Piera Cinquetti Elisa Denti
Nicola Botto Pietro Traldi
Tinozza Cande Marzinotto
Flautino Paride Guaraldi
Comodini Fabio Galletti
Erbarame Heraba Drame
Fate Valentina Baraldi, Alessandro Brandoli, Morena Cremonini, Alice Gaddi, Gaia Giornelli, Elena Gozzi, Loretta Malaguti, Valentina Merlo, Maria Federica Negro, Alex Preto, Flavia Rossi, Luisa Tarozzi.
Produzione Sementerie Artistiche
durata: 2h 25′
applausi: 2′ 10”
Visto a Crevalcore (BO), centro culturale Sementerie Artistiche, il 7 luglio 2023