Soma di Martin Talaga: l’arte figurativa che libera il corpo

Photo: Roar Studio
Photo: Roar Studio

Echi musicali che da Strauss vanno al rock sperimentale e progressivo. Una filigrana sonora sfasata, che richiama una natura primordiale, enigmatica, creature ai primi battiti vitali. Suoni onirici, sibili, canti, stridori, fruscii immergono negli abissi della mente. Un retropensiero edenico permea “Soma”, lo spettacolo di performing art che il coreografo boemo Martin Talaga ha presentato, nell’ambito di IN_Festival, a Base Milano, nuovo spazio di coprogettazione urbana nato nel 2016 nell’area dell’ex Ansaldo, zona Navigli: 12 mila metri quadri di spazi per esposizioni, spettacoli, workshop, conferenze, con una grande sala studio e una residenza d’artista.

Martin Talaga, reduce da esperienze di workshop dalla Boemia e Londra, ha collaborato con artisti internazionali come Radim Vizvar, Ondřej Lipovský, Matthew Rogers, Alexandra Karabelas. Svolge lavori coreografici non solo per gruppi di danza e movimento, ma anche per ensemble teatrali drammatici o alternativi.

“Soma” è un’esperienza di movimento visivo concettuale, minimalista, ispirata alle belle arti e ad immagini di bellezza umana ideale. Premiato presso la piattaforma di danza ceca a Praga, il lavoro si trasforma di volta in volta, nell’interazione con i luoghi e con il pubblico. A Base Milano, in uno spazio aperto ex industriale, la superficie da riempire è notevole. Il pubblico, disposto ai tre lati della scena, crea un perimetro virtuale che viene a tratti violato e compenetrato.
Talaga sembra interrogarsi sulle prospettive di un essere umano in una società fantascientifica oramai disumanizzata. Partendo dalle arti figurative, dai riferimenti a Botticelli (“Nascita di Venere”), Leonardo da Vinci (“Uomo vitruviano”) e Michelangelo Buonarroti (“David” e “Creazione di Adamo”), l’artista ceco sembra parlare di scienza e biologia, senza tralasciare l’aspetto antropologico, dal concepimento al parto. Il feto appena formato parla della sua venuta al mondo e annuncia da subito l’alienazione nei confronti del concepimento. Il ritmo della performance è scandito dal sonoro (di Myko) con poderose infiltrazioni di synth.

Dodici i performer in scena, sette donne e cinque uomini: Radim Klásek, Anton Eliaš, Marek Menšík, Sofia Casprini, Federica Biella, Barbara Mattavelli, Elena Bellanova, Chiara Ribolzi, Sara Vitrani, Beatrice Zanin, Alessandro Luraghi ed Alessandro Manfredi.
Una biancheria grezza (Kateřina Jirmanová Soukupová) ripara le nudità. I corpi riflettono l’armonia disarticolata della natura, quel mix di bellezza ideale e sproporzione realistica. Secondo il dizionario dei simboli, il dodici segna l’ingresso nella pubertà, e dunque induce l’idea di una trasformazione radicale che si fonda su un transito faticoso, il solo che davvero porta a crescere. Il dodici traduce dunque gli ostacoli, i passaggi esistenziali, gli enigmi da risolvere. Nella maggior parte delle società, i riti iniziatici che conducono allo stato di adulto si praticano nel dodicesimo anno di età. Il dodici scandisce il tempo: i mesi dell’anno, lo zodiaco, le ore del dì e della notte. Dodici erano gli dei principali dell’antica Grecia. Il numero ricorre nella Bibbia, con molteplici valenze simboliche.

Uno spazio algido, alieno, è progressivamente umanizzato. Nella performance di Talaga i protagonisti, chini in posizione fetale, acquisiscono progressiva consapevolezza della propria corporeità, partendo dalla sfera sessuale. Le mani si librano in un’agitazione vitale. Un battito di pioggia è preludio a misura e armonia. I performer, senza negare la propria individualità, che anzi marcano progressivamente, creano architetture corali. Sono artefici di una rinascita collettiva, assecondando un istinto sociale. Un’eco tambureggiante di battiti, un ritmo marziale, avvia la sintonia dei respiri. L’umanità sembra crearsi dal nulla, dispiegarsi per osmosi, sfruttando anche il contatto di sguardi con il pubblico, carpendone slancio vitale e persino convenzioni borghesi.

Avanguardia, sperimentalismo, progressive, dalle dissonanze al melodismo, lo spettacolo è un crescendo d’intensità, che valorizza e libera il corpo esplorandone i principi fisiologici e anatomici basilari. La crescita è rinnovamento. Lo studio sulla composizione corporea rivela nuove possibilità di movimento, ridefinendo le relazioni tra il nostro corpo e il mondo che lo circonda.

SOMA
coreografia Martin Talaga
musica Myko
leadership professionale Kara Roone

disegno luci Karlos Simek
performers Radim Klásek, Anton Eliaš, Marek Menšík, Sofia Casprini, Federica Biella, Barbara Mattavelli, Elena Bellanova, Chiara Ribolzi, Sara Vitrani, Beatrice Zanin, Alessandro Luraghi, Alessandro Manfredi
scenografo Kateřina Soukupová
costumi Kateřina Jirmanová Soukupová
produzione Dominika Skálová

durata: 45’
applausi del pubblico: 2’ 30”

Visto a Milano, Base Milano, il 19 ottobre 2018
IN_Festival

 

0 replies on “Soma di Martin Talaga: l’arte figurativa che libera il corpo”