Il progetto di Manuel Ferreira ed Elena Lolli si è formato attraverso un anno di interviste a papà che convivono con la disabilità dei propri figli
È teatralmente proficuo e corroborante quando due compagnie che utilizzano linguaggi diversi si uniscono artisticamente per mettere in scena un progetto teatrale di ampio respiro, capace di entrare di petto nelle problematiche di un’umanità dolente nella sua potente e dolorosa sopportazione.
Ci hanno provato, con successo, in “Stabat Pater” (parafrasando al maschile la famosa preghiera di Jacopone da Todi, musicata in modo sublime tra gli altri da Pergolesi) la compagnia di danza Sanpapié, guidata da Lara Guidetti, e Alma Rosé con Elena Lolli e Manuel Ferreira, qui coadiuvati dalla regia di Claudio Orlandini e con le musiche originali del fido Mauro Buttafava.
Al centro dello spettacolo, in prima nazionale a Campo Teatrale a Milano, troviamo il sofferto ma amorevole rapporto tra un padre e un figlio che sta uscendo dall’adolescenza, portatore di disabilità, che non parla, non cammina, non gioca come gli altri. Il padre in scena è interpretato con estrema misura e pudore da Manuel Ferreira; il figlio è il magnifico danzatore Gioele Cosentino, un “corpo narrante senza voce”.
“Stabat Pater” fa parte di un progetto nato da Lolli e Ferreira per raccontare storie di padri che, dovendo ogni giorno convivere con l’autismo dei propri figli, cercano di offrire, loro malgrado, una risposta a una sofferenza che ha segnato le rispettive vite, e nel medesimo tempo li ha privati in parte del ruolo di genitore, quello primigenio di trasmettere al proprio figlio tutto quello che occorre per un’esistenza soddisfacente colma di valori e affetti.
Per comporre lo spettacolo, Lolli e Ferreira hanno intervistato molti “padri combattenti”, così li definiscono, che quotidianamente si misurano con la malattia dei propri figli, raccogliendo testimonianze in oltre un anno di rapporto anche con le associazioni che si occupano di queste problematiche e che supportano le famiglie nelle loro difficoltà.
Con una scelta giusta ma al medesimo tempo azzardata, visto l’argomento così delicato e sfaccettato, l’autismo di un figlio è stato risolto in scena attraverso la danza, affidata al giovane efficacissimo Cosentino, superando in questo modo tutti i cliché di una recitazione stereotipata.
Padre e figlio sono indissolubilmente uniti sul palco, come nella vita, dipendendo l’uno dall’altro, dal primo svegliarsi del ragazzo sino a quando chiude finalmente gli occhi. In qualche modo non solo il figlio ha bisogno del padre per ogni sua necessità, ma anche l’altro non può fare a meno di sostenere su di sé quel corpo, ora diventato così pesante. Il padre lo accompagna sostenendolo non solo nelle avversità della vita, ma anche nei suoi evidenti bisogni di adolescente in crescita, difendendolo pure dalle ottusità frequenti della gente che sta loro intorno.
Spesso nel racconto del padre si intrufola l’ironia, che rende sopportabile la fatica, un’ironia che sottende non certo scherno, ma un amore viscerale che si esprime, se è possibile, ancora con più forza.
A tratti si avverte nello spettacolo un eccesso didascalico dovuto al fatto di dover esemplificare in modo esauriente tutto il bagaglio di comportamenti appresi dalle interviste, ma ogni cosa è sempre espressa teatralmente con verità e pertinenza, sino a quel grido di dolore del padre per una sofferenza inspiegabile, per quella sofferenza penetrante di non poter essere un padre come gli altri. Ma è solo un attimo. La vita, questa vita, non ammette spiragli di disobbedienza, bisogna andare avanti.
Rabbia e amore, disinganno e speranze, dolore e pietà per chi ci sta accanto, ma anche per noi stessi, si inseguono continuamente in uno spettacolo costruito essenzialmente su questi due corpi che la vita ha reso indissolubilmente uno solo, capaci anche di divertirsi insieme, magari saltando su un semplice tappeto elastico…
Stabat Pater
un progetto di Manuel Ferreira ed Elena Lolli
con Manuel Ferreira e Gioele Cosentino
regia di Claudio Orlandini
coreografia Lara Guidetti
testo di Manuel Ferreira e Elena Lolli
musiche di Mauro Buttafava
una coproduzione di Alma Rosé e Sanpapié
scene e costumi Stefano Zullo
luci Andrea Violato e Mike Reyes
Visto a Milano, Campo Teatrale, il 23 aprile 2022
Prima nazionale