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La stagione teatrale di Roma: rivoluzione a piccoli passi?

Uno sguardo alla stagione 2011/2012 di Roma: da Romaeuropa Festival al Teatro India passando per il Quirino e il Vascello

Photo: teatrovalleoccupato.it

Nella fumosa capitale si spalancano le porte dei teatri pronti a fagocitare lo sperato pubblico.
Sulla scia dell’entusiasmo degli occupanti del Valle, ogni teatro romano tenta la propria piccola rivoluzione. Tutti sono in cerca, così dicono, di innovazione, di contenuto, di “ritorno” ai valori della cultura, di novità.

I battenti li apre ufficialmente il Teatro di Roma, che convoglia in sé il Teatro Argentina, il Teatro India e Ostia Antica. Il 15 settembre al Teatro India, su un palco all’aperto di 16 metri per 14, hanno presieduto all’elegante conferenza stampa di presentazione Massimo Pedroni, vice presidente di Teatro di Roma, Federico Mollicone, presidente della Commissione Cultura, Sport e Politiche Giovanili di Roma Capitale, Cecilia D’Elia, assessore alle Politiche Culturali e vicepresidente della Provincia di Roma e Gabriele Lavia, direttore del Teatro di Roma, sotto la coordinazione di Franco Scaglia, presidente del Teatro di Roma.

Grande interesse è stato rivolto al rinnovo. Nello specifico al rinnovo degli spazi teatrali.
Ristrutturazioni avviate per l’Argentina (restauro della facciata), si prevede lo spostamento del capolinea della linea del tram antistante e il rinnovo dei locali interni. Grande fermento dunque per migliorare uno spazio storico che, fino allo scorso anno, aveva l’agibilità provvisoria.
Enormi progetti poi per il Teatro India: si cambiano le sale, si pensa al riscaldamento, al rinnovo di androni, ingressi, facilitazioni per disabili e quant’altro.
Grandissimi i ringraziamenti al Comune di Roma, ora ribattezzato Roma Capitale, come più volte Mollicone ha dovuto precisare interrompendo le argomentazioni del presidente Scaglia, che stanzia per queste opere un milione e mezzo di euro.

Quindi: nuovo nome, nuovi spazi, nuovi investimenti per una città antica e culturalmente inflazionata come Roma. La voce femminile di D’Elia ha ricordato che l’attenzione al teatro non è solo in senso architettonico. La presidente della Provincia, con l’umiltà di chi non si occupa di teatro nello specifico (“io conosco poco il teatro”), ha però paradossalmente dedicato il proprio intervento al teatro in senso stretto, al fare teatro, alle compagnie e alle persone che le compongono. “Mi sembra che abbiamo spalancato le porte, sono nate nuove sinergie – esordisce – la Provincia promuove e produce una compagnia emergente di ricerca”. La compagnia in questione, di ricerca senza dubbio ma che non si può definire emergente, è Fattore K, di Giorgio Barberio Corsetti, fondatore de La Gaia Scienza nel 1976, che ha aperto la stagione del Teatro India con “Il Castello”, liberamente ispirato all’omonimo testo di Franz Kafka.
La D’Elia conclude esprimendo la sua soddisfazione nel sostenere “le nuove produzioni teatrali libere e la nuova drammaturgia” e nel poter “rilanciare il Teatro di Roma con un grande progetto in controtendenza rispetto all’orizzonte deprimente attuale a livello di attenzione alla cultura”.

“Novità”, questa è la parola d’ordine per una città che si dice pianemente attenta alla cultura.
La conclusione della conferenza stampa è affidata all’intervento-monologo di Lavia che, strappando non pochi sorrisi agli astanti in attesa del ricco buffet, dopo aver sottolineato ancora una volta l’importanza dei lavori di ristrutturazione dei locali, dedica il resto del tempo a presentare, finalmente, gli spettacoli in cartellone. I nomi che emergono, oltre a Corsetti, includono Pippo Di Marca, Massimiliano Civica, Roberto Latini, Giuseppe Bertolucci e lo stesso Lavia. I testi presentati portano le firme di Bergman, Shakespeare, Alfred Jarry, Tolstoj, Moliere e tanti altri classici della drammaturgia mondiale.
A quanto pare il nuovo in teatro passa molto spesso per il classico. Rarissimi sono gli esempi di nuove opere, ancora più rari quelli di scritture di scena.

L’esempio di Teatro di Roma è un po’ lo specchio di ciò che accade nei teatri del resto della città. Le eccezioni sono pochissime e spesso sono affidate a rassegne e festival, ma non ai cartelloni.
Roma accoglie tipologie di teatro ben determinate. Ogni teatro risponde ad un’esigenza del proprio pubblico. Si vuole ridere; si vuole vedere il personaggio televisivo o cinematografico dal vivo; si vuole conoscere, o gustare per la millesima volta, un classico; si vuole l’opera e la danza. In piccoli e rari casi si desidera conoscere nuove compagnie e teatro di ricerca e sperimentazione, quindi in pochissimi teatri si ospitano questa tipologia di gruppi.
Eppure esistono un centinaio di spazi a Roma.

Per fare una rapida carrellata generale, se all’Ambra Jovinelli si vedranno tra gli altri Stefano Accorsi e Lillo e Greg, al Teatro Vittoria arriveranno Paolo Rossi, con il suo divertente e dissacrante teatro di critica sociale, e Giorgio Tirabassi, proveniente dalla scuola di Gigi Proietti ma conosciuto per l’impegno televisivo e cinematografico; e Ascanio Celestini, con i suoi monologhi visionari quanto reali nei contenuti sociali.

Al Teatro Vascello, oltre ad un’attenzione particolare alla nuova danza contemporanea e all’opera, abbiamo tra gli altri, per la sezione teatrale, Fabrizio Gifuni con la regia di Giuseppe Bertolucci, Compagnia della Quarta, selezionata al Premio Scenario 2007, Overlook Produzioni di Alessandro Bardani e Armando Ortolani e Teatroinaria StanzeLuminose, per citarne solo alcuni.

Al Teatro Quirino, manco a dirlo, troneggia il musical “George Gershwin… Diario di viaggio di un americano a Parigi” con Raffaele Paganini, seguito da Massimo Raineri, Geppy Gleijeses e Marianella Bargilli, Filippo Timi, Luca De Filippo, Giuliana De Sio alle prese con Woody Allen, Giobbe Covatta e Enzo Iacchetti, e via dicendo.

Al Teatro Eliseo, oltre ad ospitare alcuni spettacoli del Romaeuropa festival 2011, la stagione confluirà in scelte di opere più o meno classiche realizzate da artisti noti: Michele Placido, Giancarlo Sepe, Nello Mascia, Riccardo Scamarcio, Alessandro Haber, Valeria Solarino, Luigi Lo Cascio, Leo Gullotta, Lina Sastri. Tutti impegnati con opere da Shakespeare a Pirandello o Strindberg. Il classico piace sempre e ovunque.

In questa quantità di teatro televisivo, si cerca affannosamente la novità che tanto si anelava e si prospettava. Le eccezioni ci sono, ma si devono volere, desiderare, cercare con cura.
Alcuni teatri romani da tempo cercano di scegliere nelle loro programmazioni alcuni spettacoli d’innovazione drammaturgica e nuove compagnie. Sono teatri piccoli quali il Furio Camillo, il Teatro dell’Orologio, il Teatro allo Scalo. Tra i loro 10 o 12 spettacoli annuali almeno due o tre sono di particolare rilevanza dal punto di vista della ricerca e la sperimentazione di nuovi linguaggi.
Ancora in minor numero sono quei teatri che fanno dell’innovazione il loro marchio per la scelta dell’intera programmazione annuale.

Primo fra tutti un teatro che a Roma, negli ultimi anni, si conferma attento e curioso per le novità: il Palladium, giovane, ma ormai affermato spazio originale, dedicato principalmente alla creatività indipendente, restaurato e riaperto al pubblico dall’Università Roma Tre nel 2003 che, dall’anno successivo, ne ha affidato la gestione e la direzione artistica alla Fondazione Romaeuropa, che dalla sua nascita spicca per una curiosità del tutto controcorrente verso le nuove drammaturgie.
Al momento la fondazione è impegnata con l’organizzazione del Romaeuropa Festival, in corso fino al 30 novembre, e che coinvolge spazi come il Teatro Eliseo, l’Olimpico, il museo Maxxi, il Circolo degli Artisti, l’auditorium Parco della Musica, il centro sociale Brancaleone, il Teatro Vascello e altri luoghi caratteristici della città, con un programma interessante e coinvolgente, con artisti internazionali ed esponenti del teatro di ricerca, della musica e della danza sperimentali. Una presa di posizione ideologica e artistica, quella della Fondazione Romaeuropa, che determinerà, come ogni anno, le scelte per la programmazione nel Teatro Palladium.

Un piccolo squarcio di luce tra le nubi ce lo dà l’altrettanto piccolo Teatro Argot Studio, con la nuova gestione affidata a Tiziano Panici, figlio del fondatore Maurizio, che da tre anni emerge dalla poltiglia teatrale cittadina con una scelta accurata di artisti nuovi, realmente emergenti, e storici, sempre impegnati in ricerche di nuova drammaturgia. L’Argot Studio presenta quindi una stagione di tutto rispetto con: Doppia effe Production diretta dal giovanissimo Francesco Frangipane, l’altrettanto giovane regista Elena Arvigo con le compagnie Associazione M15 e SantaRita Teatro, Andrea Cosentino, la compagnia teatrale Sofis, la pluripremiata quanto giovane Compagnia Odemà, la Compagnia Ilaria Drago, Macelleria Ettore, Teatro in Movimento e Fortebraccio Teatro. Gli spettacoli in questione oscillano tra libere interpretazioni di testi di autori classici, come Ibsen, Ionesco, Mamet, a testi nuovissimi ed eleborazioni di testi letterari, storici… Una stagione che porterà con sé una ventata fresca in un clima ormai saturo di polveri antiche.

Pur non volendo essere esausitivi in quello che altrimenti rischierebbe solo d’essere un lungo elenco, è certo che lo spettatore romano curioso e annoiato dal solito clima culturale dovrà aguzzare gli occhi e faticare per conquistarsi una boccata d’aria, di arte e contenuti; suderà per scovare, anche in piccoli teatri, in centri sociali e luoghi non ufficialmente teatrali, la giusta temperatura adatta a riscaldare un cuore raffreddato da quel teatro ormai troppo spesso dichiarato morto, ma che (forse) potrebbe vivere sotto la superficie di un corpo in coma.

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