Svenimenti. Le Belle Bandiere nello spirito di Cechov

Gli svenimenti delle Belle Bandiere (photo: Luigi Angelucci)
Gli svenimenti delle Belle Bandiere (photo: Luigi Angelucci)
Gli svenimenti delle Belle Bandiere (photo: Luigi Angelucci)

Pillole di Anton Cechov. Letteratura e vita. Pare sempre alta, nel teatro italiano, l’attenzione per lo scrittore russo. Se le opere maggiori rappresentano un banco di prova ineludibile per attori e registi e sono state sviscerate in mille modi, adesso sono le opere minori che conseguono un certo successo. Sono schegge auree piene di spunti e suggestioni, che si prestano a operazioni drammaturgiche multiformi. Ingredienti di prima scelta, per creare piatti raffinati.

Ci sono riusciti ultimamente, fra gli altri, Vanessa Korn con “Anton” e Macelleria Ettore con il progetto “Cantiere Cechov”, e prima ancora Roberto Rustioni. Adesso sono Le Belle Bandiere con “Svenimenti” a proiettarsi nell’anima cechoviana. Partendo da tre vaudeville.

“I danni del tabacco”, “La domanda di matrimonio” e “L’orso” sembravano ad Anton Cechov piccole cose, noiosette e volgari. Invece sono nuvole di divertimento. Già a fine Ottocento questi racconti umoristici ebbero successo, e convinsero l’autore a trattare temi comici, meno impegnativi per attori e pubblico.

Nei “Danni del tabacco” un piccolo borghese s’improvvisa conferenziere per volontà della moglie e parla di un argomento di cui non ha la minima competenza. “L’orso” è invece uno «scherzo»: la grottesca lite tra un possidente e una vedova, che termina con un bacio. “La domanda di matrimonio” è il suo contraltare: dalla richiesta di nozze si passa a un violento battibecco che annuncia la futura «felicità coniugale».
Potenza salvifica della scrittura. Scrivere per capire se stessi e gli altri: per capire il mondo. Dar voce a sentimenti intimi, di profonda malinconia. Con un linguaggio asciutto, essenziale, sorretto da un lessico povero, e però affascinante per la sobrietà del tono e la straordinaria fusione con i temi.

Gaetano Colella, Marco Sgrosso ed Elena Bucci (anche alla regia) entrano nel personaggio e nell’uomo Cechov. Inframmezzano i tre vaudeville con le lettere che l’autore scambiava con la moglie (e attrice) Olga Knipper: riflessioni sull’arte, sul lavoro con i registi (in primis Stanislavskij), brani di capolavori come “Il gabbiano” e “Il giardino dei ciliegi”.

Le Belle Bandiere propongono l’ennesima prova attorale maiuscola, confondendosi anima e corpo con la poetica pervasiva di Cechov. È una reviviscenza psicologicamente perfetta degli stati d’animo che, arrivata al giusto grado di rarefazione, delinea i personaggi attraverso i silenzi e le omissioni, attraverso i piccoli ma significativi atti quotidiani, le microscopiche vibrazioni dell’essere.

La regia di Elena Bucci dosa momenti buffi e pause intimistiche, movimenti vorticosi e sospensioni lunari. La messinscena raffinata e astratta, con veli argentati agitati da moti d’aria e giochi d’ombre, crea spazi eterei, paesaggi spirituali sospesi in un tempo indefinito, esplorati a lume di candela o di lampione. L’atmosfera trasognata è sostenuta dalle note di Mozart, dalla gradevolezza melodica e strumentale di Sostakovic, dalla ricca musicalità di Dvořák, mentre i ritmi anticonvenzionali di Debussy si mescolano all’ebbrezza virtuosa di Rachmaninov e al colore armonico di Chopin.

Questo spettacolo minuziosamente costruito a partire dai costumi, abiti scuri eleganti, mani guantate, accentua i sentimenti attraverso toni volutamente esasperati, grida, sussulti, svenimenti, smorfie schizoidi o pose grottesche. Perfetta l’indagine psicologica, l’aderenza del gesto teatrale alle reazioni dell’anima.
La rappresentazione si sfronda d’ogni traccia di verismo, acquisendo un’epicità solenne. Ai movimenti plateali, danzanti e ondeggianti, si alternano soliloqui interiori e cesure silenziose, come gli intervalli bianchi di una poesia. E anche quando i personaggi sono immobili, è forte la sensazione di uno spazio scenico mai vuoto.
Svenimenti, dunque. Quelli degli attori in scena che interpretano in maniera viscerale un canovaccio intriso di humour e poesia. E il deliquio dello spettatore, affascinato dall’interpretazione superba, a sua volta alla ricerca delle proprie affinità e incompatibilità con la vita vissuta, affettiva e fisica proposta sul palcoscenico.

SVENIMENTI. Un vaudeville
Dagli atti unici, dalle lettere e dai racconti di Anton Cechov
progetto, elaborazione drammaturgica: Elena Bucci e Marco Sgrosso
con Elena Bucci, Gaetano Colella, Marco Sgrosso
regia: Elena Bucci
con la collaborazione di Marco Sgrosso
disegno luci: Loredana Oddone
drammaturgia del suono: Raffaele Bassetti
macchinismo e direzione di scena: Giovanni Macis
collaborazione ai costumi: Marta Benini
foto: Luigi Angelucci, Umberto Favretto, Patrizia Piccino
cura: Nicoletta Fabbri
ufficio stampa: CTB Silvia Vittoriano, Maddalena Peluso, Maria Gabriella Mansi
distribuzione: Emilio Vita
si ringrazia il Teatro Comunale di Russi
produzione CTB Teatro Stabile di Brescia
in collaborazione con Le Belle Bandiere
compagnia sostenuta da Regione Emilia Romagna, Provincia di Ravenna, Comune di Russi

durata: 2h (compreso intervallo)
applausi del pubblico: 2′

Visto a Milano, Teatro Menotti, il 29 marzo 2015

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